sabato 29 aprile 2017

Riconoscere Gesù, dal dubbio alla fede

Dom III, tempo pasquale, A (Lc 24,13-35)

Durante il tempo pasquale la liturgia fa memoria della “sostanza propria” della “Buona Novella” (euaggelion), ossia la Risurrezione di Cristo. Infatti, la predicazione degli apostoli, sia agli stessi giudei che “per mano dei pagani hanno crocifisso e ucciso Gesù, ma che Dio ha risuscitato…” (At 2,23s.), che ai pagani, come dimostra s. Paolo nelle sue lettere (ad es. ICor 15,12ss.), è tutta fondata sull’annuncio della Risurrezione di Cristo.
Tra le diverse narrazioni, nei quattro Vangeli, risalta l’episodio dei discepoli di Emmaus. Esso è tanto prezioso per cogliere la continuità e la novità dell’esistenza del Risorto e anche per comprendere come questa novità di Cristo Risorto diventa esperienza e testimonianza dei cristiani. Ovvero, come dal dubbio e dall’incredulità il cristiano giunge alla fede, e così diventa “apostolo”, messaggero di Cristo ai fratelli.
La chiesa che ricorda l'apparizione di Gesù a Emmaus in Terra Santa
Tutto l’episodio storico acquista quindi un senso spirituale eminente, come una parabola valida per ogni persona in cerca di Dio. La “fuga” dei due discepoli da Gerusalemme, la “delusione” per il “fallimento” di Gesù, il misterioso pellegrino che si associa a loro e inizia a spiegargli “ciò che in tutte le Scritture si riferiva a lui”, e cioè, che doveva vincere il peccato e la morte e così liberare l’uomo alla gloria divina, attraverso la passione e la croce, il riconoscerLo nel segno eucaristico e infine la testimonianza della Buona Novella davanti ai fratelli.
Come nelle altre narrazioni delle apparizioni del Risorto, emerge la fatica nel raccontare la figura del Risorto. Joseph Ratzinger rileva, che proprio questo balbettare – anche contraddittorio – dei testimoni del Risorto diventa la prova della veridicità di queste testimonianze: “Nella contraddittorietà dello sperimentato che caratterizza tutti i testi [narrazioni della Risurrezione], nel misterioso insieme di alterità e identità si rispecchia un nuovo modo dell’incontro, che apologeticamente appare piuttosto sconcertante, ma che proprio per questo si rivela maggiormente come autentica descrizione dell’esperienza fatta” (Gesù di Nazaret, II vol., p. 296).
Mentre i discepoli camminano e discutono, Gesù si avvicina e cammina con loro. “Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Non erano gli occhi del corpo, ma gli occhi interiori: gli “occhi del cuore”, impediti per l’incredulità, così dichiara S. Gregorio Magno (hom. 23). Gesù non apre loro subito gli occhi, come fa al cieco nato, ma, riepilogando le testimonianze delle Scritture su di lui, fa ardere i loro cuori. La fede è un camminare con il Signore, che si associa come pellegrino a noi pellegrini in terra, mediante la sua parola e i suoi sacramenti; ed è un camminare verso il Signore che si rivelerà pienamente al tramonto della nostra vita. Mediante la lettura credente, la Parola di Dio diventa Parola viva, diventa “pedagogia divina”, che porta il cristiano alla conoscenza delle vie del Signore, spesso segnate da fallimenti, dalla sofferenza, da ciò che umanamente può sembrare una “passione inutile”, insensato. La parola, il “logos” di Dio “riscalda” il cuore del credente e lo fa ardere della nostalgia di Dio. “Resta con noi, perché si fa sera, e il giorno ormai è al tramonto”: è questo cuore ardente di “sete di Dio”, che prima ancora di identificare pienamente Gesù Risorto, avverte la sua misteriosa vicinanza.
Ma è tuttavia solo nel momento della “frazione del pane” - segno eucaristico – che i discepoli lo riconoscono. Per i Padri della Chiesa si esprime in questo passo la dinamica della fede, ossia come il credente giunge dall'atto di fede alla conoscenza di Cristo: L'ascolto della Parola di Dio fa ardere  d'amore di Dio il cuore dei due discepoli. Ma è il momento dello “spezzare il pane”, mentre si nutrono di Cristo nel pane eucaristico, quando riconoscono il Signore. Certo, è una conoscenza, che mantiene sempre il suo carattere trascendentale, “inafferrabile”. L'evangelista lo sottolinea: “Ma Egli sparì dalla loro vista”.
 Ancora Papa Ratzinger, commentando questa pericope lucana, descrive questo riconoscere Cristo nel mistero eucaristico: “Il Signore sta a tavola con i suoi come prima, con la preghiera di benedizione e lo spezzare il pane. Poi sparisce davanti alla loro vista esterna, e proprio in questo scomparire si apre la vista interiore: lo riconoscono. È un vero incontro conviviale e tuttavia è nuovo. Nello spezzare il pane Egli si manifesta, ma solo nello sparire diventa veramente riconoscibile” (Gesù di Nazaret, ibid. p. 299).

La preghiera colletta della III domenica di Pasqua (A) riassume molto bene questa grazia pasquale: il dono dello Spirito di Cristo che scaturisce dalla Parola e dall'Eucaristia e trasforma il credente in un autentico cristiano, testimone coraggioso di Cristo. Domandiamo a Dio questo grazia per la Chiesa, per i cristiani di tutto il mondo: “O Dio... donaci il tuo Spirito, perché nella celebrazione del mistero eucaristico riconosciamo il Cristo crocifisso e risorto, che apre il nostro cuore all'intelligenza delle Scritture, e si rivela a noi nell'atto di spezzare il pane”.
P. joseph Heimpel, ocd

giovedì 27 aprile 2017

Scuola per formatori a Maddaloni

Riprende dall'11 al 13 maggio la scuola di formazione per formatori "Alla scuola del Carmelo", organizzato dal Consiglio OCDS della Provincia Napolena che si svolgerà nel centro di spiritualità di Maddaloni (Caserta). Fra i relatori: p. Luis J. Gonzalez (il dono della contemplazione: traguardo della preghiera; accompagnamento spirituale empatico secondo Teresa d'Avila), Iain Matthew (introduzione alla dottrina di san Giovanni della Croce), Cosimo Pagliara(La vita secondo lo Spirito in S. Paolo), Rossana Sabatiello (verifica).

domenica 23 aprile 2017

Gesù viene incontro ai nostri dubbi


Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 19-31).

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!» Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!» Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il Risorto è presente nella sua Chiesa! La Pasqua non è conclusione di una storia…non è il “lieto fine” di una vicenda dolorosa…la Pasqua è nuovo inizio di una presenza che fonda una comunità di uomini e donne rinnovati dalla misericordia e colmati del bene supremo cui ogni uomo anela: la pace.
La Pasqua è dono di pace, ma è un dono di cui Gesù, entrando nel cenacolo in quella sera del primo giorno dopo sabato e dicendo “Pace a voi”, mostra il prezzo: le sue mani e i suoi piedi feriti, il suo cuore trafitto! Questo è il prezzo della pace e dell’uomo nuovo: un prezzo che Gesù mostra senza rinfacciare il dolore, senza rinfacciare l’abbandono, senza rinfacciare i tradimenti.
Le piaghe del Crocefisso sono al cuore della Chiesa perché al cuore di essa c’è l’amore fino all’estremo (cfr. Gv 13, 1) di Lui che l’ha creata e santificata.
Il Quarto Evangelo non ci dice che Gesù “apparve” (e neanche “venne”!), ma che Gesù “stette in mezzo [a loro]” (“éste eis tò méson”): Pasqua è, dunque, apertura di un tempo nuovo ed ulteriore, un tempo in cui si può sperimentare una presenza stabile, sicura, estesa; una presenza che la Chiesa può gustare senza più limiti di spazio e di tempo. Una presenza che c’è, e che si rinnova di continuo aprendo il tempo all’eterno… e questo in ogni giorno della storia.
L’evangelo di questa domenica ci dice che il Risorto stette in mezzo ai suoi la sera del giorno della Risurrezione e otto giorni dopo… Il giorno dell’incontro rinnovato con il Risorto è così l’ottavo giorno: se ci riflettiamo, però, l’ottavo giorno in sé e per sé non esiste (i giorni sono 7!); l’ottavo giorno è allora dizione che ci rivela che il tempo del Risorto, il tempo in cui Lui ormai sta nella sua Chiesa, è un tempo oltre il tempo: nel tempo c’è uno sprazzo di eterno che è la sua presenza, che viene a donare pace e viene a cercarci con le sue piaghe; la sua presenza trascina la storia verso l’oltre della storia, verso l’eterno.
I discepoli presenti in quella sera di Pasqua accolgono quella presenza e la riconoscono. Colgono anche la richiesta del Risorto alla loro vita di Chiesa: annunziare l’evento pasquale come luogo di misericordia e di perdono, mostrando il volto di una comunità di uomini riconciliati dall’amore fino all’estremo di Gesù.
I Dieci (Tommaso è assente) accolgono quell’invito ad essere testimoni della Risurrezione e della speranza; questo è possibile solo annunziando la remissione dei peccati con la propria vita. Annunziare la remissione dei peccati è compito ecclesiale cui adempiere con tutta la vita della Chiesa, che il Risorto ha posto nel mondo come comunità riconciliata e riconciliante.
La pace del Risorto, che raggiunge il cuore dei discepoli chiusi in quel cenacolo che è diventato la loro “tomba”, li fa partecipi della Risurrezione di Gesù: erano “morti” per la paura e per la disperazione, ma l’ingresso di Gesù apre loro nuovi orizzonti di vita e dà loro un compito preciso: testimoniare la novità! Essi lo fanno subito con Tommaso, e lo fanno anche con insistenza. Giovanni, infatti, usa qui un imperfetto per parlare della loro testimonianza: “gli dicevano” (“élegon oûn autõ”)! Il loro è annunzio reiterato ed insistente, ma Tommaso è un fallimento! In verità, anche loro non dovevano aver accolto la testimonianza di Maria di Magdala se Gesù li ha trovati “seppelliti” a porte chiuse: questa volta, però, non è la testimonianza di un singolo ma è la testimonianza della Chiesa, di tutta una comunità credente…
Dalle labbra di Tommaso rimbalza una sfida: vuole vedere anche lui, vuole toccare; vuole, in fondo, più degli altri! Tommaso poteva essere il primo dei nostri fratelli, condividendo la nostra fede al buio, una fede senza vedere; e invece no! Ha voluto aver bisogno del vedere; ha voluto essere più fratello di Pietro, di Giovanni, di Giacomo e degli altri che fratello nostro! Certo, è nostro fratello nel dubbio e nella fatica di credere!
Il dubbio… nel nostro mondo pare che avere dubbi sia molto meritorio; in realtà – spesso – risulta molto comodo, e così si fa passare il dubbio per espressione di maturità, di non creduloneria, di indipendenza. Molti sono onestamente dubbiosi e tormentati dal dubbio; per tanti, invece, il dubbio diventa un paese di disimpegno! Se Cristo è risorto, nulla può essere più come prima… ma se mi rifugio nei meandri del dubbio, allora tutto può rimanere sospeso nel mediocre, rendendo possibile rimandare decisioni e definitive prese di posizione.
Tommaso, dunque, è uno che sta imboccando questa via mortifera, una via che è anche via di peccato poiché lui è lontano dalla Chiesa proprio la sera di Pasqua, ma soprattutto perché non crede alla testimonianza della Chiesa: il suo è un peccato prima contro la Chiesa e poi contro Dio… Tommaso però viene cercato nel suo peccato da Colui che ormai sta nella Chiesa, e che egli ha rifiutato rifiutando la Chiesa.
E Gesù stette di nuovo in mezzo a loro! Tommaso ora – cercato – si arrende… ma si arrende al vedere? Tommaso si arrende in primo luogo dinanzi all’essere stato cercato e amato sul terreno della sua incredulità, del suo peccato. Tommaso si arrende a Colui che è tornato all’ottavo giorno solo per cercare lui, l’incredulo che ha sfidato Dio.
“Signore mio, Dio mio” grida Tommaso, facendo esplodere nel Nuovo Testamento la più grande confessione di fede cristologica! E da quelle labbra arrese all’amore, questa parola grande e semplice rimbalzerà sulle labbra di tutte le generazioni cristiane: generazioni più beate di Tommaso perché credono senza vedere, ma beate con Tommaso perché – come lui – amate e perdonate da Colui che ormai sta nella Chiesa, e spinge la Chiesa ad essere dimora di misericordia, dimora di fratelli tutti peccatori perdonati, tutti chiamati a perdonare e perdonarsi.
Così, e solo così, il mondo crederà senza vedere, senza vedere le piaghe del Risorto ma vedendo il frutto meraviglioso di quelle piaghe: una comunità di uomini e donne che, perdonati, si perdonano. Ecco l’unica cosa che la Chiesa deve mostrare!
p. Giorgio Rossi, ocd

mercoledì 19 aprile 2017

Peregrinatio delle reliquie di S. Elisabetta della Trinità

Riceviamo da p. Romano Gambalunga, postulatore per le cause dei santi, la seguente lettera:
Cari fratelli e sorelle, vi scrivo per annunciarvi un’iniziativa che abbiamo pensato insieme a P. Antonio Sangalli, Vice postulatore della Causa di S. Elisabetta della Trinità.
Un aspetto dell’attualità di Elisabetta e, se vogliamo, del suo profetismo, è sicuramente da rilevare nell'avere maturato e vissuto grande parte della sua profonda esperienza dell’amore trinitario che Gesù è venuto a comunicarci, vivendo la sua esperienza umana con intensità e completezza, come ogni giovane, immersa in molteplici attività, coltivando mille interessi, godendo appieno di ciò che la vita le offriva.
La più alta esperienza di intimità e consegna di sé all'Amato la visse immersa nella vita del mondo, senza rifiutare alcuna dimensione della propria umanità. Elisabetta, però, non è conosciuta per questo, quanto per il suo messaggio prettamente spirituale e la sua profonda teologia esistenziale.

L’iniziativa della peregrinatio delle reliquie è pensata perciò, proprio come occasione di far conoscere Elisabetta anche al di fuori degli ambienti “spirituali” del Carmelo, della vita religiosa, dei seminari, della teologia accademica, facendo leva sul potere di attrazione e coinvolgimento che l’accoglienza dell’Urna – contenente delle reliquie insigni ex ossibus – debitamente preparata, sa esercitare. L’intento, in poche parole, è favorire l’incontro tra lei – con il suo modo così semplice di trovare in tutte le cose e le attività il Dio che ci ama, imparando a donarsi a Lui per assomigliare a suo Figlio Gesù Cristo – e soprattutto i nostri amici laici (giovani, lavoratori, disoccupati), perché trovino la pienezza della loro vita mediante la parola e la presenza di questa grande Santa, che ci insegna ad accogliere la parola di Dio con estremo realismo conducendoci alle profondità della vita trinitaria in Cristo Gesù.
Dunque, l’ambito privilegiato a cui ci rivolgiamo è il mondo del Carmelo italiano, ma nulla vieta che l’Urna delle reliquie passi anche nelle parrocchie dove sorgono conventi e monasteri: attraverso questa peregrinatio vogliamo proporre un’occasione di animazione vocazionale ed evangelizzazione. Chiunque fosse interessato – Conventi, Monasteri, Fraternità Secolari, Parrocchie – può già da ora inviare la propria adesione scrivendo a: P. Antonio Sangalli, Convento Padri Carmelitani Scalzi, Via Pergolato 1, 44121 Ferrara o inviando una mail a questi indirizzi: sangalli.antonio@tiscali.it o postgen@ocdcuria.org. L’Urna delle reliquie può essere riservata per una settimana/dieci giorni; ognuno può organizzare il proprio programma come meglio crede.
 La Postulazione generale dell’Ordine sta preparando alcuni sussidi, per aiutare la preparazione della predicazione e dell’animazione di varie celebrazioni (Messa, Liturgia delle Ore, Veglie…). Per meglio valutare il da farsi, attendiamo l’adesione di quanti sono interessati alla peregrinatio per stendere poi un calendario con le varie tappe. L’intenzione è quella di iniziare la peregrinatio dopo Pentecoste, quando sarà ultimato l’allestimento dell’Urna delle reliquie per i vari viaggi che dovrà affrontare e la sua esposizione in chiesa.
 Vi saluto con affetto, fraternamente,
   p. Romano Gambalunga OCD Postulatore generale

sabato 15 aprile 2017

Corriamo veloci incontro al Signore risorto

 Santa Pasqua

Carissimi fratelli, celebriamo solennemente oggi la Pasqua di Gesù. Vediamo subito all’inizio del Vangelo una figura particolare, Maria Magdala. La protagonista di questo evento meraviglioso è una donna. L’Evangelista poteva raccontare una cronaca su come avveniva la risurrezione di Gesù ma non lo fa. Parla invece di come incontrare il Risorto. Per noi che celebriamo questa festa a noi importa comprendere come incontrare il Risorto, come accogliere nella nostra vita questa grazia. Ed ecco in questo cammino che appare la figura di Maria Magdala che va in cerca di Gesù alla tomba. Va incontrare il Risorto. Questo è il motivo per qui celebriamo la Pasqua di Gesù.
L’indicazione del tempo ci fa comprendere il senso di ciò che Maria cerca. Un giorno primo dopo la settimana. Il sabato concludeva la settimana. Il primo dopo la settimana è il numero otto. In Matteo 5 vediamo le otto beatitudini e che le pratica sarà capace di superare la morte. La risurrezione di Gesù in quello giorno indica una nuova creazione che si realizza nella risurrezione di Gesù.
Maria Magdala viene di buon mattino alla tomba essendo ancora buio. Nel prologo di Giovanni, l’Evangelista ci fa comprendere la difficoltà di chi vive nelle tenebre di accogliere il messaggio di Gesù, la buona novella che Gesù ha rivelato. Maria Magdala parla al plurale: “hanno portato via il Signore, non sappiamo dove l’hanno messo”. Lei parla a nome della prima comunità che vive ancora nelle tenebre.
Maria vide la pietra tolta dal sepolcro. La pietra si usava per chiudere ogni possibile comunicazione tra che sta nel regno dei morti e che sta tra i viventi. In questo senso che si spiega l’atteggiamento di Maria. Maria va di buon mattino ma è stata condizionata da quell’idea cioè impossibile relazione tra i morti e i viventi. Sappiamo che i farisei non credono nella risurrezione dei morti.
Vedendo la pietra tolta Maria corre da Simon Pietro e l’altro discepolo anonimo. Dove sono gli altri discepoli? Si sono dispersi per paura e per l’incertezza. Maria Magdala che li raduna portando questa notizia. Chi va in creca del Risorto, quando lo trova va a radunare i dispersi. Questo è il compito di ciascuno di noi. È il messaggio di questa festa. La donna che era considerata inferiore adesso tiene un ruolo importante, quello di radunare i dispersi. La fede nel Risorto ci porta a realizzare questa missione.
I due discepoli correvano ma l’altro è più veloce. Il discepolo che sta intimo nell’ultima cena, disposto a morire con il Maestro è colui (anonimo cioè può essere tutti noi che seguiamo Gesù) che ha l’esperienza dell’amore di Gesù. Perciò corre veloce. 
Fare il corso da gigante come dice Santa Teresina. La spiritualità carmelitana ci invita proprio a fare questa esperienza. Lasciamoci amare da Gesù, solo cosi possiamo correre veloce. Invece Pietro ha dei pesi (ha rinnegato Gesù) che rallentano il suo cammino. Ha detto di essere pronto a dare la vita per Gesù ma dopo lo ha rinnegato. Il fallimento non è la fine del cammino ce l’ha insegnato Gesù quando è caduto per tre volte.
Il credente non è colui che da la vita per il Maestro come lo desiderava Pietro ma è Dio che offre la vita per gli uomini. Poi colui che è con Dio e come Dio dà la vita per gli altri.

La ricerca fervorosa di Maria Magdala alla tomba e la missione di radunare i dispersi sia la nostra missione. E la grazia frutto della Pasqua di Gesù ci sostiene sempre in questo cammino. 
P Hervé Andianarisoa ocd

Santa Pasqua





























mercoledì 12 aprile 2017

Diploma di spiritualità on line

Cari interessati del diploma di spiritualità,
 
Ho promesso di mandarvi le informazioni sul diploma di spiritualità che comincerà nel prossimo anno accademico nella nostra facoltà Teresianum. Ho la gioia di mandare adesso il primo depliant pubblicitario e il link verso il sito del Teresianum:
Per tutte le informazioni ulteriori, vi ringrazio di contattare la segreteria generale (tel. 06 58540248; segreteria@teresianum.net).
Vedrete però che le iscrizioni ufficiali cominceranno soltanto a partire dal 5 settembre 2017. 
Vorrei anche chiedere di parlare di questa bella iniziativa attorno a voi. Per esperienza so, che può diventare uno stimolo prezioso poter approfondire attraverso lo scambio e camminare insieme.
 Vi ringrazio ancora di cuore per il vostro interesse e spero che potete farne una priorità!
Fraterni saluti nella bella famiglia carmelitana,
Fra Christof Betschart, o.c.d.
 
 
Teresianum, Piazza San Pancrazio 5/A, I-00152 Roma
Tel. com.: (0039) 0658540248

martedì 11 aprile 2017

Potere, autorità e servizio. Il convegno ocds della Provincia lombarda


Sabato 8 Aprile si è svolto presso i locali della chiesa “Corpus Domini” dei padri carmelitani scalzi di Milano l’ultimo Convegno della Provincia Lombarda OCDS del triennio 2014/17.

Dopo l’accoglienza, alle ore 9.30 si è iniziato con la recita delle Lodi e a seguire l’intervento del Provinciale e P.Attilio Viganò sul tema “Potere, autorità e servizio” .
Nel pomeriggio il Convegno è stato allietato dalla presenza del Delegato Generale OCDS P. Alzinir Francisco Debastiani, ospite a Concesa presso il Santuario della Divina Maternità dal 10 al 16 Aprile. ( vedi foto durante l’incontro con la comunità OCDS di Concesa)
Alla sua presenza tutti i Consigli di Comunità si sono espressi sulle modifiche apportate allo statuto OCDS della Provincia Lombarda e sul nuovo iter formativo.
E’ stata l’occasione per ricordare anche il 90° anno di presenza della comunità secolare carmelitana a Lodi ( vedi lettera scritta dal padre Provinciale per l’occasione)

domenica 9 aprile 2017

Alle porte della Grande Settimana


DOMENICA DELLE PALME

   Dopo i quaranta giorni, al seguito del Maestro Gesù, per conoscerlo ed entrar sempre più in comunione con Lui, eccoci arrivati sotto le mura di Gerusalemme. Il cammino ci ha offerto l’opportunità di crescere ed arricchirci anche attraverso le tante persone incontrate che rendono la vita un mistero, come quella croce che tra pochi giorni s’innalzerà sull’orizzonte del Golgota e ci chiamerà a percepire con tutta la nostra persona la vittoria dell’Amore con quel corpo offeso dagli uomini e dalla morte.
   La Domenica delle Palme infatti ci introduce alla madre di tutte settimane, la Settimana Santa. Questa solennità ci offre non solo l’occasione di seguire più da vicino il Maestro Gesù ma anche di contemplare il suo procedere sulla schiena di quel puledro che con tanta umiltà lo porta al trionfale ingresso a Gerusalemme. Mentre la folla festante con rami di palma e di ulivo gridano con giubilo “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, ecco che l’ingresso in Gerusalemme segna per Gesù l’ora tenebrosa della passione. Egli, seppur in compagnia dei suoi discepoli e da coloro che hanno creduto in Lui, comincia ad esperimentare solitudine e paura. Ma la sua risposta è altrettanto forte: “sia fatta - per amore del Padre e di tutti noi – la tua volontà! ”.
 Come fu per Gesù anche noi siamo allora chiamati a scegliere: riconoscere e accogliere Cristo nei nostri cuori, aprirgli la porta del nostro cuore per essere da Lui salvati.

   Egli infatti sa bene che quella folla, che ora sventola rami di ulivo per rendergli onore, sarà la stessa che gli griderà contro solo pochi giorni dopo. Allora il suo prezioso sangue irrorerà la terra indurita dal peccato per una nuova creazione, dando inizio al Regno di Dio. Ed è da quel momento che potremo gridare con tutta la gioia del cuore: siamo salvi, perché non solo Gesù è Risorto, ma si è compiuta la sua promessa, e grazie alla fedeltà di Dio ogni nostra infedeltà è stata cancellata per sempre.
 p. Agostino Pappalardo ocd 

martedì 4 aprile 2017

REGOLA DI SANT'ALBERTO. I segni della vera sequela

V tappa del cammino: La lotta.
Nella Regola Carmelitana, digiuno e astinenza sono anzitutto un metodo per accompagnare Gesù nel suo cammino verso la Croce e per disporsi alla festa della Resurrezione. Infatti la norma sottolinea subito una particolare visione del tempo: l’anno eremitico, per così dire, è diviso in due parti più o meno uguali, e al centro c’è la Pasqua. I sei mesi che la precedono sono per gli eremiti una lunga quaresima, tempo del digiuno e dell’attesa dello Sposo, secondo il ritmo previsto dal Vangelo. Il significato più profondo del digiuno sta dunque nel desiderio e nel tentativo di fare più spazio al vero cibo spirituale: la Parola di Dio, l’Eucaristia.

Per leggere la quinta scheda clicca qui

Formazione on line per i laici carmelitani

Cari responsabili del nostro ordine carmelitano scalzo secolare,
P. Alzinir Debastiani mi ha incoraggiato a contattarvi per presentarvi un progetto attualmente in maturazione nella nostra facoltà teologica Teresianum. Per molti anni al Teresianum si è tenuto un cosiddetto diploma di spiritualità annuale con una particolare attenzione al Carmelo. Da poco tempo abbiamo a nostra disposizione una piattaforma (Moodle) che consente l’insegnamento a distanza. Abbiamo dunque scelto in facoltà di proporre un percorso di spiritualità cristiana e carmelitana a distanza. I corsi saranno disponibili sulla piattaforma dove si potranno scaricare i diversi documenti, ma anche i file video e audio per seguirli da casa. Alla fine dell’anno poi ci incontreremo in una breve sessione consigliata, ma facoltativa, di due giorni a Roma per un convegno e per conoscerci a vicenda.
Credo che questo tipo di formazione possa indirizzarsi non solo alle monache carmelitane e ai laici interessati, ma anche in particolare ai membri dell’ordine secolare, perché consente un approfondimento della teologia spirituale e della spiritualità carmelitana. In questo senso può diventare un complemento per la formazione offerta nelle diverse comunità dell’ocds. Per adattarci alle diverse situazioni, il percorso può essere seguito o come studente (e dunque con varie prove scritte per valutare l'apprendimento) o come uditore libero.
In allegato vi invio un primo documento di presentazione (clicca qui). Altre informazioni seguiranno prima dell’estate quando sarà anche possibile iscriversi al corso di formazione. Vi sono molto grato se potete comunicare questa iniziativa ai responsabili di comunità nelle vostre regioni e trasmettere l’informazione alle persone che manifestassero il desiderio di approfondire i fondamenti del nostro carisma.
Sono disposto a rispondere alle vostre eventuali domande per posta elettronica o anche viva voce.
Cordiali saluti nella famiglia del Carmelo,
P. Christof Betschart, o.c.d.
Incaricato della facoltà Teresianum per il certificato di spiritualità

Teresianum, Piazza San Pancrazio 5/A, I-00152 Roma
Tel. pers.: (0039) 0658540290; Tel. com.: (0039) 0658540248

Il convegno della Provincia Veneta

Sabato 1 e domenica 2 aprile si è svolto presso la “Casa Incontri” di S. Fidenzio il quinto e ultimo Convegno Provinciale del triennio 2014/17. Dopo l’accoglienza, prevista per le ore 16.00, si è iniziato con la recita dei Vespri e un tempo di orazione mentale per predisporre il cuore all’ascolto di quanto il Signore ci avrebbe detto attraverso i diversi momenti programmati.

domenica 2 aprile 2017

Con Gesù la morte non fa più paura

DOMENICA V DI QUARESIMA – Anno A:   Cristo, la Risurrezione, la Vita
  LETTURE: Ez 37, 12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45
In questa Domenica domina un anticipo chiaro della realtà piena della Risurrezione. Gesù, che abbiamo già conosciuto come Sorgente dell’acqua viva (III Domenica) e della luce (IV Domenica), oggi si manifesta in modo più specifico come Colui che ridona la vita, capace di vivificare anche i morti: “Riconoscerete che io sono il Signore – annuncia già Ezechiele, prima lettura - quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete”. La profezia nella storia immediata riguardava una ripresa morale e politica d’Israele, decimato, avvilito e prostrato dalla schiavitù a Babilonia; una ripresa somigliante a una rinascita o risurrezione che avrebbe ricostituito Israele in popolo libero, come realmente avvenne dopo il ritorno in patria. Nel contempo la profezia è aperta a un Evento ancora misterioso in cui un Inviato, un Messia, sarà capace di operare una Risurrezione più integrale e completa.
L’avvenimento della malattia e della morte di Lazzaro…La proclamazione di Gesù. Osserviamo alcune reazioni del Signore nel Vangelo:  A chi gli riferisce che Lazzaro è malato, Gesù risponde: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”. Il suo ritardare nel viaggio a Betania e infine la sua dichiarazione inaspettata: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate…”. Queste espressioni e gesti ci dicono che gli eventi tragici della povera nostra vita mortale sono permessi, raccolti da Dio Padre perché si manifesti la Gloria del Figlio che è tutto, sempre e soltanto Vita, e quindi ha la capacità di  suscitare, e tutto il diritto di chiedere, la piena fiducia nella Sua Persona. Su questo il Maestro insiste nel dialogo con Marta. La sorella del defunto crede solo fino a un certo punto, convinta che, se Gesù fosse stato presente, Lazzaro sarebbe guarito e non morto; ma il Maestro vuole condurla a riconoscere nella Sua persona il Messia Figlio di Dio, perciò esprime la solenne dichiarazione Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà…. Credi questo?”. Lei risponde: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.
Commozione, pianto del Signore: Dopo Marta, ecco l’incontro con la sorella Maria. Continua il“Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!»… Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro…”. E’ evidente l’insistenza dell’Evangelista Giovanni sulla commozione del Signore; è la prima volta che il discepolo prediletto scrive di questo profondo turbamento e dolore del Maestro e Signore della Vita che geme come un bimbo,  dinanzi alla vittoria temporanea, ma crudele dell’antivita: Gesù singhiozza intensamente, vive una specie di divino, immenso fremito davanti alla prima creazione, tutta fatta nel Suo Amore-Sapienza, ma piombata nel disordine e  nella morte. Proprio dentro questo contesto tragico in cui sembra trionfare ancora una volta la dissoluzione, la proclamazione gloriosa e sicura di Gesù: “IO SONO LA RISURREZIONE E LA VITA” diviene poco dopo un Fatto, una vittoria sul campo, un segnale visibile.
Vangelo:
L’avvenimento inaudito di Gesù che richiama alla vita Lazzaro defunto: “Disse Gesù: «Togliete la pietra!»... Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato…». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare»...”.  E’ l’ultimo dei miracoli che Gesù offre ai suoi avversari in quel contrasto fra luce e tenebre che si sta svolgendo; inoltre, rispetto alle altre risurrezioni operate da Gesù, questa riveste una particolare importanza sia  perché riguarda un morto di quattro giorni, già chiuso nella tomba, sia perché è accompagnata da gesti e da parole che rendono quel fatto un “segno” più tangibile e specifico del potere messianico illimitato che ha Cristo.  
Questo è il punto dove può e deve giungere il dono della fede, la nostra certezza e confidenza: credere che a Gesù appartiene il potere di risuscitare i morti in modo plenario e che Egli può esercitarlo per ridare la vita anche corporea a Lazzaro, e quindi può ridare la risurrezione e la rinascita dello spirito, a chi si affida a Lui già su questa terra. Ed è implicito che innanzitutto Gesù stesso vincerà nella propria persona sulla morte per sempre; e avrà il potere di rendere partecipi della Sua Risurrezione gloriosa i corpi dei credenti, la nostra povera carne, nel Giorno intramontabile dei Cieli nuovi e della Terra nuova.

Gesù Risorto con la Sua Chiesa santa continua a donare Vita nuova. Il primo grande frutto dell’Avvenimento di Cristo-Vita-Risurrezione è accaduto anche a ciascuno di noi, sia pure piccoli, mentre eravamo incapaci di dire una parola, ignari di tutto: come abbiamo ricevuto gratis la vita naturale (nel momento della nostra nascita, in quel misterioso passaggio “alla  luce” del mondo dal chiuso del grembo della nostra mamma), così  ci è stata regalata, senza merito nostro, una Vita molto più grande e più felice, quando portati in chiesa, presenti e contenti papà e mamma, mediante il sacerdote, bagnati con l’acqua, siamo stati immersi,  in nome della Trinità, “battezzati” nella Vita dell’ Uomo-Dio che ci ha gridato con potenza: “Esci fuori” dal mondo chiuso, buio, incatenato dall’omicida dell’umanità, e poi: “liberatelo…”, come dire: ‘fatelo entrare nel mondo nuovo degli uomini resi liberi e Figli del Padre, grazie al Figlio amato’.  Lui l’ha detto e, in simultanea,  l’ha fatto! E’ un immenso Dono  questa “Illuminazione” e Vita nuova ricevuta col Santo Battesimo! E quand’anche lo tradiamo, Gesù-Risurrezione ha l’Onnipotenza di riportare alla vita perfino i cuori più morti, e le vite ormai putrefatte, se a Lui e al Suo Corpo mistico ecclesiale (i Suoi Sacramenti, i Suoi Pastori, i Suoi Santi, la Verità che annuncia…) ci riaffidiamo con sincerità.
Mettiamoci in preghiera: Assieme alla Chiesa con la Colletta propria di oggi imploriamo: “Eterno Padre, la tua gloria è l'uomo vivente; tu che hai manifestato la tua compassione nel pianto di Gesù per l'amico Lazzaro, guarda oggi l'afflizione della Chiesa che piange e prega per i suoi figli morti a causa del peccato, e con la forza del tuo Spirito richiamali alla vita nuova… ” . E supplichiamo col Prefazio: Signore Gesù, ‘Tu oggi estendi a tutta l'umanità la Tua misericordia, e con i Tuoi sacramenti ci fai passare dalla morte alla vita’. Donami e donaci la grazia di fare questo passaggio pienamente. Amen. 
P. Agostino Pappalardo Ocd