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sabato 3 febbraio 2018

Nell’oscurità e nella sofferenza del mondo giunge la Presenza luminosa, potente di Gesù-Dio: Lui è il Mondo nuovo


  Meditiamo con  P. Agostino Pappalardo Ocd
LETTURE: Gb 7, 1-4. 6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19. 22-23; Mc 1,29-39

Il libro di Giobbe ci racconta l’intreccio tra il Mistero del male e quello di Dio: Trovandosi immerso nelle sventure, quest’uomo che ha cercato la giustizia,  vede una certa assurdità nei travagli, nel dolore in cui si trova…; aspetta che il vero Dio si sveli. “Giobbe parlò e disse: ‘Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?...  (assumendo questo passo di Giobbe la Regola, data da S. Alberto, al n. 18 recita  “sulla terra la vita dell’uomo è una prova”) … a me son toccati mesi d'illusione e notti di dolore mi sono state assegnate… I miei giorni sono stati più veloci d'una spola, sono finiti senza speranza. Ricordati  (e qui l’uomo martoriato rivolge e porta direttamente al Mistero dell’Altissimo tutto il suo lamento, l’abisso di precarietà di noi umani…) che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene”. E’ L’unica possibilità per iniziare una orazione autentica, un rapporto leale col Dio Verità.  
Giobbe ci rappresenta tutti; è l’umanità oppressa, angosciata da un mare di sofferenze, dal male della morte che di continuo tutto sembra azzerare. Anche nelle nostre famiglie e comunità, proviamo la crudezza di quello che grida Giobbe, quando vediamo sparire, appunto come “un soffio”, familiari, consorelle, confratelli, con cui abbiamo vissuto un po’ di vita, in comunione! Non è mai “normale”, non fa parte del vero desiderio del Dio-Vita questo nostro morire. Non possiamo rassegnarci. Il gemito-urlo di Giobbe non è inutile. L’uomo sta reclamando la Vita, e più ancora la sta reclamando quel Signore inafferrabile che… è capace di aprire una strada nuova.

L’avvenimento. Il Vangelo ci presenta ancora l’umanità sofferente, ma…  
“In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e di Andrea… La suocera di Simone era a letto con la febbre… Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni... E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. “.   Il Salvatore è presente ed è all’opera, il Regno, il Suo Mondo nuovo si apre la strada.  Per sollevare l’umanità dallo stato di sofferenza fisica e innanzitutto spirituale, Gesù porta alle persone che  incontra la “Bella Notizia”, la Verità intera del Dio Padre, e il risanamento perfino corporeo. 
Con la predicazione illumina, dona il senso e la direzione della Vita nuova che Lui è, con i miracoli e il comando agli spiriti impuri, guarisce i corpi doloranti, libera e risana le persone rese schiave da Satana. Gesù si prodiga in un sovraffaticamento, vuole “ricondurre le pecore perdute d’Israele”.  

 “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto e là pregava”
Gesù vorrebbe stare col Padre; con il Padre è la gioia e la vita, la risorsa, la luce… Come uomo ha bisogno di tempo disteso e di silenzio, di raccoglimento e di luoghi più adatti, di distanza dagli altri, per ascoltare, osservare, contemplare, godere il Padre; il Padre è già Tutto.  “Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!»”. Gesù non si scusa con la ragione della preghiera; lascia la preghiera e cerca altro lavoro…  Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Ha trovato il tempo per rapportarsi a tu per tu col Padre, ora è chiamato  a stare con gli uomini, restando unito anche in questo modo al Padre.         
  I frequenti miracoli:  sono innanzitutto il segno della Bontà e della tenerezza di Gesù. Egli freme di compassione per i più deboli e infelici e saprà contagiare anche i suoi discepoli della sua stessa tenerezza e compassione. 
I tanti gesti di guarigione e di liberazione sono il segno e l’evidenza che il Dio rivelatosi a Israele, Creatore del mondo, è con Gesù, che questi è il vero Messia, il Salvatore, il Figlio di Dio, la Luce del mondo. Siamo chiamati a credere a ciò che Egli insegna e invita a fare. E Gesù lo sottolinea questo significato dei suoi miracoli. A coloro che non vogliono o stentano a credere in Lui dice: “Se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio”. Gesù deve predicare e compiere guarigioni dappertutto, “andiamocene altrove”, perché ovunque sia conosciuta la Verità. Ogni guarigione operata da Gesù è segno, preludio che rimanda al Regno, al Mistero della Sua Persona. Egli indica la vicinanza  più radicale e intima di Dio alla nostra vicenda.
Gesù donerà il Suo stesso Spirito di Amore alla Sua Chiesa, ai Suoi innumerevoli Santi e testimoni che riempiranno la storia,  la vita degli uomini con una infinità di “opere e opere” di promozione, di accompagnamento, , di liberazione e guarigione, di dedizione totale all’uomo, alla sua vera dignità:  per i malati, le persone oppresse dal maligno, i disabili, le persone che subivano  o subiscono maltrattamenti, ingiustizie, asservimenti, forme antiche o nuove di schiavitù, per tutte le fragilità. Dall’opera dei Discepoli di Gesù sono nate infinite realtà buone,   ospedali, scuole, luoghi di accoglienza, cittadelle di nuova umanità: hanno ridato una speranza, una libertà  a tanti uomini e donne di ogni tempo e latitudine geografica.  Dovremmo conoscere meglio, di più, la Storia del Corpo Santo di Gesù che è la Chiesa, a cui apparteniamo,  che prolunga la stessa Persona, lo stesso agire di Gesù lungo il tempo! Quanti Santi e testimoni dell’Amore all’uomo concreto, ieri, oggi, hanno continuato e continuano la presenza e l’Opera risanatrice di Gesù che proprio nel Vangelo di Marco troviamo descritta!  Cito soltanto alcuni fra i tanti,  innumerevoli giganti umili di questa Vita nuova: S. Vincenzo de’ Paoli,  S. Giovanni di Dio, S. Camillo de Lellis, S. Angela Merici,  S. M. Crocifissa di Rosa a Brescia, Il Santo Curato d’Ars, S. Giovanni Bosco, il Cottolengo, Cafasso, Piergiorgio Frassati, Federico Ozanam, Don Gnocchi, Don Orione, San Padre Pio, Don Calabria a Verona, Giacomo Cusmano o Don Puglisi a Palermo, Madre Teresa di Calcutta, Marcello Candia, Fratel Ettore,  Don Oreste Benzi e le comunità “Giovanni XXIII” …, i sacerdoti o cristiani che hanno dato vita alle mille comunità di recupero dalla tossicodipendenza …, i nostri Santi e Beati del Carmelo che offrono una liberazione e guarigione alla radice, al cuore dell’uomo!  una schiera senza numero di missionari, sacerdoti, esorcisti, religiosi, laici, famiglie, volontari, comunità…, che promuovono, accolgono, insegnano, curano, , guariscono, liberano, leniscono sofferenze, incoraggiano al bene, costruiscono il mondo nuovo e danno le mani, le energie, il cuore, anche oggi, per incarnare umilmente Gesù amante dell’uomo.

Domande: Con la formazione,  il carisma specifico che coltivo nel Carmelo, come mi inserisco in questo Vangelo?  Come prolungo l’opera di predicazione della Verità, di risanamento dell’uomo concreto che vive e continua a mostrare Gesù, mediante i Santi nella Sua Chiesa? Nel mio dialogo con Gesù,  con il Padre celeste, accolgo e immetto  le provocazioni che mi offre questo Vangelo?                                                                                                                       

domenica 9 aprile 2017

Alle porte della Grande Settimana


DOMENICA DELLE PALME

   Dopo i quaranta giorni, al seguito del Maestro Gesù, per conoscerlo ed entrar sempre più in comunione con Lui, eccoci arrivati sotto le mura di Gerusalemme. Il cammino ci ha offerto l’opportunità di crescere ed arricchirci anche attraverso le tante persone incontrate che rendono la vita un mistero, come quella croce che tra pochi giorni s’innalzerà sull’orizzonte del Golgota e ci chiamerà a percepire con tutta la nostra persona la vittoria dell’Amore con quel corpo offeso dagli uomini e dalla morte.
   La Domenica delle Palme infatti ci introduce alla madre di tutte settimane, la Settimana Santa. Questa solennità ci offre non solo l’occasione di seguire più da vicino il Maestro Gesù ma anche di contemplare il suo procedere sulla schiena di quel puledro che con tanta umiltà lo porta al trionfale ingresso a Gerusalemme. Mentre la folla festante con rami di palma e di ulivo gridano con giubilo “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, ecco che l’ingresso in Gerusalemme segna per Gesù l’ora tenebrosa della passione. Egli, seppur in compagnia dei suoi discepoli e da coloro che hanno creduto in Lui, comincia ad esperimentare solitudine e paura. Ma la sua risposta è altrettanto forte: “sia fatta - per amore del Padre e di tutti noi – la tua volontà! ”.
 Come fu per Gesù anche noi siamo allora chiamati a scegliere: riconoscere e accogliere Cristo nei nostri cuori, aprirgli la porta del nostro cuore per essere da Lui salvati.

   Egli infatti sa bene che quella folla, che ora sventola rami di ulivo per rendergli onore, sarà la stessa che gli griderà contro solo pochi giorni dopo. Allora il suo prezioso sangue irrorerà la terra indurita dal peccato per una nuova creazione, dando inizio al Regno di Dio. Ed è da quel momento che potremo gridare con tutta la gioia del cuore: siamo salvi, perché non solo Gesù è Risorto, ma si è compiuta la sua promessa, e grazie alla fedeltà di Dio ogni nostra infedeltà è stata cancellata per sempre.
 p. Agostino Pappalardo ocd 

sabato 26 marzo 2016

Teniamo fisso lo sguardo alle cose di Lassù

MEDITIAMO CON P. AGOSTINO PAPPALARDO OCD
DOMENICA DI RISURREZIONE


Il mistero della Risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate…”. Così esordisce il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 638 e ss.), trattando della “verità culminante della nostra fede in Cristo…”.


 Ogni anno nel Giorno solenne della S. Pasqua ascoltiamo nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli, al cap. 10, l’Annuncio di Pietro al primo pagano convertito, il centurione Cornelio: “Voi sapete ciò che è accaduto… E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute… essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse… a testimoni prescelti…, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”.  Vibra la commozione del Capo degli Apostoli per i fatti di cui è stato reso partecipe e testimone diretto. Prosegue il Catechismo  “Nel quadro degli avvenimenti…, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta eppure… ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della Risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne …”. E’ proprio il Vangelo odierno, Gv 20: Maria di Magdala presto il mattino va alla tomba del Maestro amato e la trova senza più la pesante pietra che dovrebbe tenere tutto chiuso; pensando che il corpo del Signore sia stato rubato, ansiosa corre da Simon Pietro e da Giovanni a darne notizia. I due si dirigono al sepolcro, correndo pure loro. Giunti qui,  «Il discepolo… che Gesù amava» (Giovanni) entrando nella tomba vuota e scorgendo «i teli posati là, e il sudario… avvolto in un luogo a parte», «vide e credette». In particolare l’apostolo prediletto “constata… che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana…”.  Difatti nell’ipotesi che il cadavere di Gesù fosse stato trafugato da ladri,  nessuno di questi avrebbe avuto la preoccupazione prima di spogliarlo di tutte le bende, del sudario e poi di riporre questi “teli” piegati con cura, in parte.  Così nelle narrazioni sia degli evangelisti, sia degli apostoli noi non troviamo la descrizione della Resurrezione in diretta, è un evento che supera la sperimentazione e l’indagine umana, ma certamente riceviamo la testimonianza di uomini e donne che ci offrono i segni e il racconto di incontri veri con il Risorto, grazie a cui iniziano a comprendere “la Scrittura”: tutto ciò che faceva e diceva Gesù, l’intera sua vicenda, come l’intero Piano di Salvezza di Dio.  Continuiamo a seguire il Catechismo: “Le donne furono così le prime messaggere della Risurrezione di Cristo per gli stessi Apostoli. A loro Gesù appare in seguito: prima a Pietro, poi ai Dodici [….].  La fede della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza di uomini concreti, conosciuti dai cristiani e, nella maggior parte, ancora vivi in mezzo a loro…: Paolo parla chiaramente di più di cinquecento persone alle quali Gesù è apparso in una sola volta… [Cf 1Cor 15…]. Davanti a queste testimonianze è impossibile interpretare la Risurrezione di Cristo al di fuori dell’ordine fisico e non riconoscerla come un avvenimento storico. Risulta dai fatti che la fede dei discepoli è stata sottoposta alla prova radicale della passione e della morte in croce del loro Maestro…  Lo sbigottimento provocato… fu così grande che i discepoli…  non credettero subito alla notizia della Risurrezione. Lungi dal presentarci una comunità presa da una esaltazione mistica, i Vangeli ci presentano i discepoli smarriti… e spaventati… Anche messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli dubitano ancora, [Cf Lc 24…] tanto la cosa appare loro impossibile […]. Per questo l’ipotesi secondo cui la Risurrezione sarebbe stata un «prodotto» della fede (o della credulità) degli Apostoli, non ha fondamento. Al contrario, la loro fede nella Risurrezione è nata - sotto l’azione della grazia divina - dall’esperienza diretta della realtà di Gesù Risorto”.  A  tal proposito  S. Giovanni Crisostomo (Patriarca di Costantinopoli, vissuto tra IV e V sec., fra i più illustri Padri della Chiesa) si domandava e spiegava in una sua omelia, trattando della “debolezza di Dio” più forte degli uomini, che si manifestò nel coraggio e nell’ inaspettata opera evangelizzatrice dei primi apostoli: «… come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti…, di intraprendere una simile opera? … come potevano pensare di affrontare tutta la terra? Che fossero paurosi e pusillanimi l’afferma chiaramente chi scrisse la loro vita senza dissimulare nulla… Costui, dunque, racconta che quando Cristo fu arrestato dopo tanti miracoli compiuti, tutti gli apostoli fuggirono e il loro capo lo rinnegò. Come si spiega allora che tutti costoro, quando il Cristo era ancora in vita, non avevano saputo resistere a pochi giudici, mentre poi, giacendo lui morto e sepolto e, secondo gli increduli, non risorto, e quindi non in grado di parlare, avrebbero ricevuto da lui tanto coraggio da schierarsi vittoriosamente contro il mondo intero? È evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio»  (Giovanni Crisostomo, Omelie sulla Prima lettera ai Corinzi). …”.  L’Evento di Gesù ridestatosi dal regno dei morti e vivo per sempre è, e rimane,  assolutamente unico: Nella storia umana soltanto di Gesù Cristo viene testimoniato da parte di molti uomini e donne  che è tornato alla vita, con una potenza illimitata (poco  dopo affermerà la stessa certezza proprio uno dei  più  decisi nemici dei Cristiani, Saulo di Tarso, condotto dai fatti a verificare che in Gesù, incontrato davvero vivo, “abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità”- Col 2,9).  
Giusto nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera di… Saulo, divenuto Paolo, ai Cristiani di Colossi (cap. 3, 1-4),  viene esplicitata la condizione nuova in cui noi cristiani ci troviamo: la sostanza del morire e del risorgere reale di Gesù è passata, per puro amore Suo, in noi, è stata comunicata a ciascuno di noi in modo vero, anche se nascosto, misterioso, con il Santo Battesimo: siamo davvero “morti e resuscitati (rialzati) con Cristo”. Ma, come l’essere di Gesù coincide con un “essere rivolto sempre” al Padre,  un obbedire felice  al Padre Misericordioso, così questo nuovo essere, che ci è stato “trasfuso” nell’Immersione battesimale, è tutt’uno con il compito, il dovere grazioso, (cioè reso possibile grazie all’Opera della Grazia): puntare, volgere di continuo lo sguardo del cuore e del proprio desiderio verso “le cose di lassù”, che non sono affatto le realtà nebulose e strane di un mondo siderale, ma la realtà consistente e definitiva, la sostanza di ogni cosa, il mondo già realizzato dell’Umanità  gloriosa, incorruttibile, sublime e vincitrice di Gesù risorto. Perciò il viaggio,  il lavoro,  le fatiche, le tribolazioni che viviamo sulla terra non sono di ostacolo: sono vissuti, sono da vivere con l’attenzione, lo sguardo d’amore radicalmente rivolto, convergente tutto a Colui che è l’Immortale, la Bellezza sconfinata che ricapitola ogni bene; “le cose di lassù” non sono un vago mondo relegato nel futuro e nell’aldilà,  ma il Presente pieno, la consistenza adesso di tutto ciò che c’è;  “le cose di lassù” sono… Cristo stesso, la Sua Pienezza, molto più vicino di quanto immaginiamo: “Guarda Lui che ti sta guardando” ci dice con profonda semplicità S. Madre Teresa. Il Dono della Pasqua offre a ciascuno di noi, in tal modo, l’esigenza e la possibilità di divenire Pasqua, Risorti, simili alla Misericordia divina, simili a Gesù vivo e misericordioso. Siamo chiamati a  divenire parte, Sacramento della “Santa Umanità”, della Carne piagata e gloriosa del Signore Gesù. E’ puro Dono Suo anche questo.

P. Agostino Pappalardo ocds