lunedì 7 aprile 2025

La Scuola di formazione nazionale: GLI ELEMENTI DI DISCERNIMENTO VOCAZIONALE NELL’OCDS

 Il secondo incontro della scuola di formazione nazionale on line dell’Ocds d’Italia, svoltosi lo scorso 28 marzo (con p. Fausto Lincio ocd), forte del primo step affrontato con la guida di p. Aldo (identità e fedeltà al carisma), ci ha suggerito con quale consapevolezza e senso di responsabilità il formatore deve approcciarsi al candidato alla formazione al Carmelo secolare. Non basta conoscere bene il carisma carmelitano per essere formatori.
È importante comprendere che la spiritualità carmelitana può attrarre in vari modi ma che essere chiamati a far parte di un Ordine religioso, anche da laici, ci porta a vivere all’interno di una “cornice”, così l’ha definita p. Lincio. C’è l’esigenza di rispettare ciò che comporta quest’appartenenza.

La difficoltà di formare. Non è svolgere il programma indicato il vero scoglio. P. Fausto ha individuato per il ruolo di formatore due livelli di difficoltà che a volte sviluppano un senso di inadeguatezza: una società che vive tutto a ritmo accelerato in cui il candidato è immerso e il compito conferitogli in cui da un lato deve misurarsi con la libertà del formando dall’altro ha la responsabilità di inserirlo in una “cornice istituzionale che ha i suoi paletti e perimetri che devono essere assunti e integrati”, nel rispetto della singolarità della persona che “irrora e rinnova la pianta su cui ci si è innestati”.

La prima cosa da tener presente quando parliamo di discernimento vocazionale è ogni cammino di consacrazione richiede quotidianamente una verifica e come ci insegnano i nostri santi possiamo chiamare il nostro percorso cammino di perfezione o salita al Monte Carmelo esso ha comunque un movimento dinamico.  La stessa Teresa D’Avila - lo ricordiamo – a un certo punto si rivolge al Signore con queste parole: “Sono tua. Per te sono nata. Dimmi che vuoi da me. Dimmi Signore”. P. Fausto osserva che chiedersi cosa il Signore desideri da noi è una domanda positiva da porre non solo all’inizio ma “anche dopo 50 anni di promesse definitive o di voti”.

Con quali criteri allora dobbiamo misurarci?

- Il nodo vero del discernimento è qui: l'OCDS UNA REALTA' ISTITUZIONALE. Spiega p. Fausto “l’Ocds non è un gruppo di preghiera mentale, non è il posto dei devoti della Madonna del Carmine, non è il circolo degli amanti della spiritualità carmelitana… l’OCDS è un ramo di un Ordine, una espressione di Chiesa pubblicamente riconosciuta dalla Chiesa stessa (le promesse come ‘vincolo’ giuridico) che fa assumere diritti e doveri ai suoi membri”. Ci diciamo orgogliosi di essere il terzo ramo dell’Ordine, ma sappiamo che cosa vuol dire davvero?

Un formatore consapevole di ciò comprende e fa comprendere al candidato durante un adeguato tempo di discernimento che un conto è la sua motivazione personale un altro è la chiamata vocazionale donata da Dio. Questo è il motivo per cui esistono tappe, tempi, contenuti che guidano, senza spersonalizzare il candidato, a un’approfondita immersione nel Signore. P. Lincio ha lanciato anche una provocazione: sappiamo rispondere alla domanda “ma la persona che sto imbarcando è adatta a questo viaggio o meno?” “Faccio un po’ provocatoriamente questa sottolineatura per dire che l’identificazione di questo cammino non risolve di per sé stesso tutte le questioni inerenti al cammino vocazionale”.  

_ UN CAMMINO DI FORMAZIONE IMPOSTO. Il grande lavoro svolto per la definizione del percorso formativo pensato è stato veramente un passo importante. Un primo passo che “fa percepire che il cammino della formazione iniziale deve conoscere un suo sviluppo progressivo armonico per dare ai candidati tutti gli elementi per poter poi vivere in piena consapevolezza le Promesse”, ha detto p. Lincio. Ma noi siamo pronti a dire, se il candidato fa resistenza a rivedere il suo modo di vivere la preghiera e il cammino spirituale, se ha difficoltà a seguire docilmente le tappe formative… che, benché sia una brava e devota persona, non è chiamata al tipo di vita che il Carmelo propone?

Una cosa è certa: chi è chiamato al Carmelo riesce a superare le proprie abitudini perché nelle parole che al Carmelo trova, soprattutto quelle dei nostri santi, si riconosce, si sente interpretato e allo stesso tempo illuminato, cioè capisce meglio chi è lui come persona e chi è il Signore. P. Fausto indica anche questa ‘reazione’ di fronte ai testi dei nostri santi credo possa essere un criterio ulteriore di discernimento vocazionale.

- LA COMUNITÀ È IL LUOGO VERO DEL DISCERNIMENTO. Come ha ricordato p. Saverio Cannistrà in ‘Essere carmelitani scalzi oggi’, l’esperienza teresiana ha come fulcro la dimensione comunitaria, il modo nuovo di pensarsi, sostenersi e accompagnarsi:

- comunità come luogo della pluralità armonica: persone tutte tra loro molto diverse (età, esperienze di vita, maturazioni del cammino…) che hanno trovato come un punto di ancoraggio comune, e questo è ciò che le rende comunità. Se una comunità non vive ciò, è divisa, diventa difficile anche per il formatore chiedere al candidato di rinunciare a qualcosa di suo per far parte della comunità?

- comunità come luogo del servizio: l’esperienza della comunità fa entrare il candidato in un consesso di estranei che però sono anche suoi fratelli e sorelle. La domanda vocazionale del candidato, se vera, dovrebbe piano piano sostenere questo cambio di sguardo (da estranei a fratelli).

- comunità come luogo di disinganno: è il luogo in cui la persona è messa di fronte alla inadeguatezza di tanti suoi aspetti, di tanti suoi pensieri e desideri, non perché questi siano necessariamente cattivi, ma perché lo stare in comunità obbliga il singolo a una ricostruzione interiore che è possibile nella misura in cui si confronta con l’argine che la comunità è.

Chiariti i criteri, P. Fausto c’invita a rendere più espliciti, meno generici gli orizzonti di senso della forma di vita dei carmelitani scalzi secolari, in modo che possano essere riconosciuti e capiti, dal formatore e dal candidato. È la nuova sfida, non facile, da affrontare insieme.

Prossima tappa sarà il 30 maggio: si svolgerà la tavola rotonda sul tema “Come vivo il senso di appartenenza e corresponsabilità nell’OCDS”.                             

Stefania De Bonis ocds