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sabato 24 dicembre 2022

Meditiamo con p. Bruno il Vangelo del Natale



Alcuni anni fa, mentre i fedeli della nostra piccola parrocchia di Tokio, dopo la messa di mezzanotte di Natale, nel salone affianco alla chiesa stavano celebrando la festa, entrò improvvisamente uno sconosciuto abbastanza ubriaco. Attratto dalla musica e dai canti, avanzò in mezzo alla sala e, quando tutti ebbero fatto silenzio, disse: “Mi rallegro con voi per questa festa, perché finora non sapevo che anche voi cristiani festeggiavate il giorno di Natale”.

Il carmelitano giapponese che mi ha raccontato questo divertente fatto avvenuto nella capitale Giapponese non si è dilungato a raccontarmi altri dettagli. Se, per esempio, i fedeli che lo avevano accolto tra le risa, erano riusciti a spiegargli che il Natale è proprio una festa cristiana e se, forse, lo avevano anche invitato a partecipare alle catechesi della loro parrocchia. L’ingenua domanda dell’ubriaco giapponese continua, comunque, ad avere una grande importanza.

Ciò che risulta interessante e ancor più attuale al giorno d’oggi, è che ciò che poteva avvenire in un paese come il Giappone, dove i cristiani sono una piccola minoranza, sta avvenendo ora in Europa. Nonostante sia piena di chiese e di tradizioni cristiane, anche qui, si celebra ormai un Natale quasi del tutto commerciale. Al punto che qualcuno, la notte di Natale, potrebbe affacciarsi ad una delle tante chiese e meravigliarsi che ci sia gente che lo festeggi con preghiere e canti strani. Non è, del resto, Babbo Natale, anche nelle nostre città, il personaggio simbolo del Natale?

Ad ogni modo, la storia dell’ubriaco giapponese ci può servire anche per capire il significato specifico del Prologo di Giovanni che leggiamo in una delle messe di Natale. Il linguaggio e il ritmo di questo testo sono molto diversi dal resto di tutto il quarto Vangelo [il termine “logos”, qui molto ripetuto non tornerà più nella penna dell’evangelista, ed espressioni come “sua casa”, e “i suoi”, riferiti ai giudei che non lo hanno voluto accogliere, dissente con “i suoi” di Gv 13,1, riferito ai Dodici ai quali Gesù lava i piedi], ma questo conferisce ancor più valore al suo contenuto.

Significa, infatti, che il redattore si va servendo di un testo già tradizionale nella Chiesa primitiva, come Col 1,15-20 e Fil 2,6-11 e che, quindi, rappresenta la professione di fede comune dei credenti.

Il Vangelo di Giovanni è stato pubblicato molto più tardi degli altri tre, i Vangeli sinottici, uno dei quali, Marco, inizia con la manifestazione pubblica di Gesù, e gli altri due (Matteo e Luca), ognuno a modo suo, con il concepimento e la nascita di Gesù nella famiglia di Nazaret. Giovanni, dal momento che tutto questo è già stato assimilato, vuole parlare della sua esistenza da sempre come Figlio di Dio.

Il versetto centrale del suo Prologo (il v. 14) ci porta all’evento stesso dell’incarnazione (“il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi), ma, allo stesso tempo, l’inizio ci dice che è sempre esistito, come parte essenziale della Comunione trinitaria di Padre, Figlio e Spirito Santo. È ciò che, con parole filosofiche e liriche allo stesso tempo, si canta in questo Prologo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”.

Era “la luce degli uomini”, e “le tenebre non l'hanno vinta”. Con un linguaggio nuovo, l’evangelista sintetizza ciò che il quarto evangelista andrà poi a narrare, come i Sinottici, cioè, la passione e la morte di Gesù. Non ha trovato accoglienza, e questo è ciò che è avvenuto e che riporterà anche lo storico romano Tacito, dicendo con disprezzo che il Cristo degli odiati cristiani era stato crocifisso sotto Ponzio Pilato.

La novità evangelica è, però, nelle parole che seguono e che i credenti sperimentano nella propria vita, e non solo celebrando il Natale. Molti non lo hanno ricevuto, è vero, “ma a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. È questa la verità che vuol ribadire l’inno con cui inizia il Quarto Vangelo, soprattutto con le parole centrali (“il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”).

Questo è il Natale, l’euangélion (il buon annunzio), che i credenti sanno e mantengono vivo nel mondo, proprio per la maggior parte che pensa ad altre cose, come il buon ubriacone di Tokio. È il tratto distintivo della fede cristiana. Il Prologo si apre con le stesse parole con le quali inizia tutta la Bibbia (in principio), perché è questo che era nella mente del Padre che, parlando con il Figlio, creando l’uomo maschio e femmina, disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Gen 1,26).

Fino ad allora, nessuno sapeva quale fosse l’immagine di Dio, dal momento che, come si legge proprio nell’ultimo versetto del Prologo, nessuno ha mai visto Dio. “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che [facendosi a nostra somiglianza] lo ha rivelato”.





venerdì 25 dicembre 2020

Meditazione sul Vangelo di Natale

 Un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia


1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. 8C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». 15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l'un l'altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.  Lc 2,1-20 
MEDITAZIONE

Come sappiamo, il giorno di Natale ci sono tre Messe: quella della notte santa, quella dell’aurora e quella che si celebra in altre ore del giorno. In quella della notte si legge Lc 2, 1-14 (l’annuncio ai pastori), nella messa dell’aurora Lc 2, 15-20 (l’adorazione da parte degli stessi pastori), e nella terza Gv 1, 1-18 (il Prologo di Giovanni che parla della divinità e eternità del Figlio di Dio che si fa uomo e viene ad abitare in mezzo a noi).
Nella nostra riflessione, noi ci limiteremo al Vangelo di Luca (2, 1-20) che si legge, una parte nella celebrazione della notte (vv. 1-14) e, l’altra in quella dell’aurora (vv. 15-20). In concreto, si tratta del medesimo avvenimento, la nascita di Gesù, i cui primi privilegiati spettatori sono i pastori dei dintorni di Betlemme.
Non è, tuttavia, la tenerezza, ciò che deve muoverci. Per comprendere bene l’importanza di questa presenza alla nascita di Gesù, dobbiamo dimenticare i romantici pastorelli dei presepi delle nostre chiese e delle nostre case. I pastori ai quali l’angelo annunziò la buona notizia erano, in realtà, gli ultimi, i più emarginati della società e della religione. Vivendo in mezzo alle bestie, erano considerati impuri e, come tali, maledetti ed era loro impedito di partecipare ad alcuna cerimonia religiosa.
Se desideriamo comprendere perché il Figlio di Dio ha voluto nascere come uno di loro e loro salvatore, bisogna tener presente questa realtà. Mentre in quella notte, all’aperto, vegliavano a turno il proprio gregge, a questi pastori si presentò un angelo del Signore. Essi si spaventarono, però l’angelo disse subito loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (vv. 10-12).
Due cose importanti, bisogna notare in questo annuncio. La prima è che, dopo che l’angelo ebbe detto che la buona notizia sarà di grande gioia per tutto il popolo (vale a dire, per tutto l’umanità), riferendosi ai pastori dice loro: “è nato per voi un Salvatore”. Ed è precisamente per questo (la nascita di un salvatore per loro) che i pastori, una volta che gli angeli furono tornati in cielo, si dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. La seconda si riferisce al segno che, se leggiamo con attenzione, conferma anche la prima annotazione. “Troverete”, aveva detto l’angelo, “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Corsero e, di fatto, trovarono Maria e Giuseppe, e il bambino adagiato nella mangiatoia. Un segno che si spiega soltanto in riferimento a ciò che aveva detto l’angelo ai pastori, assicurandoli che, per loro, era nato un Salvatore. Anche questo segno, infatti, è solo per loro, perché se nasce come uno dei loro figli (poveramente e al calore di suoi animali), possono comprendere che è veramente giunto dove essi vivono. Non è venuto a nascere nel Tempio, dove essi non possono neppure entrare, ma in una grotta di animali, dove anch’essi scaldano i loro figli appena nati.
Noi, che sappiamo chi è questo Bambino, lo comprendiamo ancora meglio. Sappiamo che, proprio perché il Salvatore viene per tutta l’umanità, deve nascere al livello più basso della società (i pastori) e morire con i peggiori (tra due ladroni). I pastori da una parte e i ladroni dall’altra, rappresentano i limiti estremi dove giungono le braccia aperte di Gesù che desidera abbracciare tutti.
Questo è il mistero di Natale! Quando ci rendiamo conto dell’amore che tutto racchiude, ci rallegriamo anche noi con i pastori, perché ci è nato un salvatore e, con Maria impariamo a meditarlo nel nostro cuore.
Padre Bruno Moriconi, Ocd