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domenica 6 maggio 2018

Dio, un mare d'amore


VI DOMENICA del Tempo Pasquale, Anno B
Meditiamo con p. Roberto Sangermani ocd

La mensa della Parola di questa domenica ci offre un alimento semplice ma sostanzioso, come il pane fatto in casa, perché richiama quelle verità fondamentali capaci di nutrire tutta la vita, ma che spesso vengono dimenticate. È un messaggio che ruota tutto intorno alla parola “amore” e al verbo “amare”.

1. Anzitutto l’apostolo Giovanni, nella seconda lettura, ci ricorda che «Dio è amore». Scopriamo così che non solo Dio esiste, come bene o male affermano tutte le religioni, ma che esiste come sorgente inesauribile di amore, di benevolenza, di misericordia. Questa definizione data dall’evangelista completa quella ricevuta da Mosè sul monte Sinai: Dio come “Colui che è” (cf. Es 3,14). Come nel sole luce e calore si confondono, così in Dio essere e amore coincidono; tutta la sua sostanza non è che amore, dunque egli non può che amare, non può che amarci, qualsiasi cosa in contrario. È questa la prima e più consolante verità della nostra fede, a cui possiamo continuamente attingere.
      Proprio perché divino, questo Amore è da sempre e per sempre, cioè eterno. È inesauribile; è precedente ogni altro amore: “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”. È un Amore universale, aperto a tutti, “perché Dio non fa preferenze di persone”, come ha compreso già l’apostolo Pietro (1a lettura).
      Tenere presente questa verità è capitale per non cadere nell’eresia antica eppur ancor diffusa che la santità dipenda dalla nostra buona volontà, come ci ha ricordato papa Francesco: «Si dimenticava che tutto “dipende non dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia” e che Egli “ci ha amati per primo”» (Gaudete et exultate, 48).

2. Proprio perché ogni uomo possa percepire e convincersi che Dio non è altro che amore, la divina Bontà, “mare senza fondo e senza confini” (s. Luigi Gonzaga), è straripata. Così “Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito” (2a lettura) quale manifestazione suprema del suo amore misericordioso verso tutti e ciascuno. Tutta l’esistenza di Gesù – ciò che ha detto, fatto e sofferto – non è stata altro che una continua rivelazione e trasmissione dell’amore del Padre suo: «come il Padre ha amato me, così anche io ho amato voi” (vangelo). Gesù ha vissuto questa missione fino in fondo, fino all’estremo (cf. Gv 13,1), «fino a dare la sua vita per i propri amici» (vangelo), fino a divenire «vittima di espiazione per i nostri peccati» (2a lettura), affinché, riconoscendo nel suo l’amore del Padre, avessimo per mezzo di lui il perdono e la vita, e quindi «la gioia piena» (vangelo).


3. Dal momento che solo se ne facciamo esperienza personale e prolungata possiamo davvero comprendere e gustare cos’è l’amore, Gesù nel vangelo ci consegna l’invito: «rimanete nel mio amore», che è poi l’amore del Padre suo. E come dimorare nel suo amore? Adempiendo il suo comando, cioè vivendo il suo stesso amore universale: «amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Così, applicandoci all’amore verso il prossimo rimaniamo nell’amore di Cristo e, di conseguenza, ci disponiamo a ricevere l’amore del Padre. È quanto ha compreso santa Teresa: «Più vi vedrete avanzate nell’amore del prossimo, più lo sarete anche nell’amore di Dio» (Castello, 5M 3,8). Ma dove attingere questo amore divino («come io ho amato» chiede Gesù), sovrumano quindi, per amare i nostri fratelli, anche i più difficili, anche i più ostili? Sia nella preghiera interiore, che altro non è che «un frequente intrattenersi, da solo a solo, con colui che sappiamo ci ama» (S. Teresa), sia ancor più nell’Eucaristia, «pane vivo» in cui si nasconde e ci viene offerta «questa eterna fonte che sgorga e scorre» dal cuore della Trinità (S. Giovanni della croce).

La proclamazione di questo sublime mistero: «Dio è amore» ci impegna a fare nostra la professione di fede dell’apostolo Giovanni: «Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha per noi», e a farne esperienza nell’amore al prossimo, certi che «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1Gv 4,16).
P. Roberto ocd

domenica 7 maggio 2017

Io sono il Buon Pastore

IV Domenica di Pasqua
La liturgia della parola di questa domenica ha il messaggio speciale che riguarda sempre il rapporto tra Dio e l’uomo.
Dio ha manifestato il suo volto della misericordia in Gesù,perché l’umanità che è errante come pecore senza pastore. Gesù è la sua guida .In Gesù abbiamo l’esemplare del vero pastore.
Nella sua persona giunge a compimento l’attesa del buon pastore promesso da Dio. Egli è il “grande pastore .“
Per questo che  la Quarta domenica di Pasqua è chiamata
 “domenica del Buon Pastore.”
L’immagine del pastore che guida e protegge il suo gregge è usata da Gesù stesso per presentare la sua missione.
Lui è venuto nel mondo per salvare prima l’uomo e poi con l’uomo lo stesso luogo dove l’uomo vive: cioè il mondo.
 La missione di Gesù…  E’ la buona notizia o meglio la Buona Novella   VANGELO.
L’immagine del pastore buono è il centro del  Vangelo.
 La possibilità di comprendere questa immagine…   ”Pastore”
Il pastore che cosa fa’ va ed entra nel recinto delle pecore.
Entra dalla porta conosce le pecore e loro conoscono lui il loro pastore .
Lui le chiame una per una,le porta al pascolo e le protegge.
Questo è lo stile che Gesù.
Insegnato e trasmesso ai suoi discepoli.
Le relazioni che devono distinguere  e contrassegnare le comunità cristiane;
non relazioni puramente strumentali ed interessate, ma fatte di coinvolgimento personale e cura di attenzione e premura.
 Il Signore aiuta ad essere noi stessi con Lui.
Essere pecore –uomini- cristiani non vuol dire dare il solo il nostro assenso ma essere attivi con la propria testimonianza.
Gesù entra nei recinti di noi stessi.
Non con la violenza,che non è sua,ma con l’umiltà di chi ha scelto di dedicarsi al servizio  degli altri.
Io sono venuto per servire e non per essere servito. Gv.
In un  altro passo del Vangelo dice  da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli –pecore- se vi amerete gli uni gli altri come io vi ho amato. Gv.  13,34-36

Questa è la nostra vocazione fondamentale di cristiani”seguaci di Cristo”.
Essere persone normali che imitano ed invitano Gesù ad aprire i nostri cuori.
Solo allora il nostro sguardo rivolto al prossimo potrà cambiare.
Recupereremo quella libertà interiore che ci libererà dalle nostre chiusure.
Cosi potremmo pregare il Cristo perch

è noi instaurassimo con ogni nostro fratello un rapporto personale e comunitario.
 Come noi facciamo con Lui ?
Anzi come Lui fa sempre con tutti noi indistintamente.
Potremmo concludere con queste parole…

UNA PREGHIERA A GESU' BUON PASTORE

Signore Gesù, è attraverso di te che noi possiamo entrare nel mistero di amore che trasfigura la nostra esistenza:Tu sei la porta,il passaggio che conduce a Dio e ne rivela la misericordia senza limiti; tu sei la porta che apre su una pienezza sconosciuta,l’approdo di gioia e di pace del nostro pellegrinaggio.
p Emanuele Grimaldi ocd