sabato 27 maggio 2023

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 


Due volte il Signore disse “pace” agli Undici discepoli, alla sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre stavano ancora rinchiusi in una stanza, per paura dei giudei. La stessa paura che avremmo avuto anche noi come seguaci di un maestro condannato dalle autorità civili e religiose. In pratica, dal “Papa” di allora e dal rappresentante dell’Imperatore.

 Come possiamo biasimare questi poveri discepoli? Neppure avrebbero potuto considerarsi martiri, nel caso in cui li avessero uccisi i rappresentanti ufficiali della vera religione. Con la crocifissione di Gesù era avvenuto qualcosa di incomprensibile. Era buono e innocente, ma forse, ciò che si era azzardato a dire del tempio, dei farisei e dei sacerdoti, non era stato troppo? Non ne erano certi ma, a volte, lo avevano sospettato anche loro. Quel giorno, per esempio, che Gesù aveva parlato della necessità di mangiare la sua carne nella sinagoga di Cafarnao… Non si erano allontanati, nonostante lo stesso Gesù lo avesse loro proposto, dal momento che molti dei suoi discepoli lo avevano abbandonato. “Volete andarvene anche voi?”, aveva detto loro Gesù. Pietro aveva risposto di no. Che non avrebbero trovato un altro come Lui. Ma ora che lo avevano visto condannare e uccidere?

Ciò di cui avevano bisogno era quello che – di fatto – avvenne loro quella sera, con i due saluti di pace. Il primo Pace a voi che Gesù disse entrando, fu per assicurarli che era vivo, che la morte non aveva potuto nulla con Lui. Il secondo, seguito dalla missione che affidò loro (Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi), fu per rassicurarli sul modo di poterlo credere e non avere paura. Infatti, continua nel racconto l’evangelista, “detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo”. Il maestro era vivo e, liberandoli dalla paura, infondeva loro coraggio. Se stava di nuovo con loro voleva dire che Dio lo aveva risuscitato ed ora nessuno avrebbe potuto misurarsi con Lui, pensarono loro.

 Ma non si trattava di questo. Bisognava capire che la sua missione era terminata proprio con la croce, che non era stato un doloroso incidente, ma la massima manifestazione dell’amore suo e del Padre per la salvezza di tutti. Una cosa talmente grande che solo lo Spirito Santo avrebbe fatto capire loro. Lo stesso Spirito che aveva sostenuto e guidato Gesù in questo mondo. Lo scriveranno nel Vangelo, facendolo dire, per esempio, dal centurione che stava davanti alla croce di Gesù e, nel vedere come era spirato [abbandonato da tutti e abbandonato al Padre], disse: “Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15,39).

Lo scriveranno, ma solo dopo averlo capito ascoltando lo Spirito Santo, come lo stesso Gesù aveva loro predetto con queste parole inequivocabili: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future” (Gv 16,12-13). Il senso della croce rimarrà sempre misterioso, ma lo Spirito che ci è stato donato, continua a guidarci verso questa verità, l’unica che ci salva da ogni paura.

Pentecoste vuol dire cinquantesimo [giorno], perché, come gli Ebrei, lo celebriamo cinquanta giorni dopo la Pasqua. Mentre, però, essi celebrano questa festività in ringraziamento per il dono della Legge, noi cristiani la celebriamo in memoria del dono dello Spirito Santo che è la nuova Legge infusa nel cuore. Se lo ascoltiamo, diviene, come lo fu per Gesù, la nostra guida sulla via del bene sempre più con maggiore spontaneità. I santi ne sono la dimostrazione.