sabato 4 febbraio 2023

Meditazione sul Vangelo della Domenica




 Il Figlio di Dio è venuto sulla terra, si è fatto figlio di Maria, perché tutti possano essere suoi fratelli. Gesù è morto per donarci la salvezza ed è risorto perché anche noi possiamo seguirlo, vivi per sempre, nella casa del Padre. Oltre ad essere nostro salvatore come Dio, Gesù, come uomo, è il nuovo e vero Adamo e come tale, il primogenito che il Padre aveva già in mente quando disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Gen. 1,26). Quell’immagine è Lui, Gesù, che, dall’alto della croce, pensando a tutti gli uomini, già benedetti una volta in Abramo, ma peccatori, disse: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

 Chiese perdono per tutti, ma ai dodici apostoli e agli altri che ha invitato a seguirlo come discepoli, noi compresi, prima di tornare al Padre, ha detto di andare in tutto il mondo ad annunciarlo. Ha detto di annunciare a tutti la buona notizia [questo il significato di Euangélion], ma non ha mai detto che tutti si sarebbero convertiti. Anzi, parlando al gruppo dei discepoli che lo stavano seguendo e che rappresentava tutti i credenti, disse: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno(Lc 12,32).

Qui, poi, in questa pagina di Vangelo (Mt 5,13-16), Gesù parla ai discepoli del dovere di essere sale e luce. “Voi”, dice, “siete il sale della terra”. “Voi”, aggiunge, “siete la luce del mondo”. Sono discepoli e Gesù vuole che sappiano che non possono venir meno alla loro identità sostanziale.

La luce della terra che illumina e, al tempo stesso, il sale che dà sapore alla vita, è Lui e soltanto Lui, ma una volta che è tornato al Padre e che ha inviato lo Spirito su di loro, sono i suoi discepoli che hanno il compito di mantenersi sale saporito e lampade accese con la luce di Cristo. Non devono essere discepoli insipidi, perché “se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”. Con le loro buone opere devono dar gloria a Dio e illuminare il mondo. Non devono nascondere la luce che si è accesa nei loro cuori quando il Maestro risorto ha ancora spezzato il pane per loro e che dovrebbero sempre portare dentro.

Non devono nascondere questa luce che sola può illuminare il mondo. Perché, come continua Gesù, non si “accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”.

Se, poi, leggiamo bene le parole di Gesù, a parte questa missione di annunciare la buona notizia a tutti, l’impegno del cristiano prima che gli altri, riguarda lui stesso. È lui che, per essere sale che dà sapore e luce che illumina, deve impegnarsi per tutta la vita perché la vera luce e la vera sapienza emanino dal suo modo di vivere e di fare. Deve impegnarsi a crescere, come lo stesso Gesù che, nonostante fosse Figlio di Dio, in quanto figlio di donna crebbe “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52).

Si tratta di un impegno di presenza che va trasformandosi, sempre più, in una cristificazione fino ad arrivare a poter dire con Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Se il cristiano cessa di essere luce, anche il Signore smette di mostrarsi presente in lui, e la presenza del battezzato si oscura. Diventa un sale insipido e una luce fioca che non illumina nessuno.

Per evitare questo pericolo, il cristiano deve incessantemente invocare la presenza del suo Signore nella propria vita, senza stancarsi mai.