sabato 15 ottobre 2022

Meditazioni sul Vangelo della Domenica

 


Nel Vangelo di Luca, questa - dopo quella dell'amico importuno (Lc 11,5-13) - è la seconda parabola sull'efficacia della perseveranza nella preghiera. Questa volta risulta ancor più chiaro da quanto esplicitamente detto nell’introduzione: "Gesù disse ai suoi discepoli una parabola per insegnare loro che è necessario pregare sempre e non perdersi d'animo" (v. 1).

           La vedova in questione rappresenta la persona più indifesa, poiché, soprattutto se senza figli grandi, come si suppone sia questa, non ha nessuno che la possa appoggiare. La sua unica speranza è quel giudice, nonostante non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno. Solo l'insistenza della povera donna lo fa piegare, dato che, pur di togliersela dai piedi, decide di esaudirla. In ogni caso, la vedova ottiene ciò di cui ha bisogno.      

            Gesù - qui designato come Signore (Kyrios) - purché i suoi ascoltatori comprendano la necessità di imparare a pregare senza mai stancarsi, non ha paura di accostare Dio a quel perfido giudice. Come nel caso della parabola dell'amico importuno (Lc 11,5-13) e, soprattutto, in quella dell'amministratore disonesto (Lc 16,1-8), si tratta, ovviamente, di un ragionamento basato sulla cosiddetta dialettica dell'a fortiori, o del quanto più. In altre parole, la logica usata da Gesù è la stessa della parabola precedente, espressa in questa conclusione: "Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli?”

           In questi esempi assai sconvolgenti, oggetto dell’insegnamento non è, infatti, la definizione di Dio, ma l'atteggiamento fiducioso del discepolo che viene invitato a non rinunciare mai alla preghiera. Anche se il Padre li fa aspettare (possibile traduzione della fine del versetto 7), essi dovranno continuare a gridare giorno e notte a Colui che risponde sempre, sebbene a modo suo e quando lo ritiene opportuno per i suoi figli. 

 Come il salmista che, molto spesso, chiede a Dio il motivo del suo silenzio, possiamo protestare anche noi, ma dobbiamo continuare a chiamare Dio con il nome di Padre. Gesù stesso lo ha fatto nel Getsemani dove, terminata la sua lotta con la morte incombente (agonia) ed essersi unito alla volontà del Padre, ai suoi discepoli addormentati, disse così: "Pregate per non soccombere alla tentazione". L’autoinganno di pensare che Dio si sia davvero dimenticato di noi, come a volte può sembrare.

                         E che dire della domanda finale di Gesù ("Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?")? Nella traduzione corrente sembra che Gesù pensi al suo ritorno glorioso, quasi supponendo che, al momento, la fede della vedova fosse condivisa da tutti. È, tuttavia, proprio perché non è così, che racconta la parabola della povera vedova. Lo narra, infatti, come abbiamo già fatto notare, "per insegnare loro che è necessario pregare sempre e non perdersi d'animo" (v. 1).

            Sembrerebbe, quindi, più congruente prendere il participio aoristo del verbo della venuta del Figlio, non come futuro (quando verrà) ma come passato (che è venuto). “Il Figlio dell'uomo che è venuto”, sembra chiedersi molto realisticamente Gesù, pensando anche a noi, “troverà mai una tale fede sulla terra?".

             La preoccupazione di Gesù, infatti, non sembra essere che ci sia ancora una fede grande come quella della vedova alla fine dei tempi, ma che la imparino i suoi discepoli, come si evince chiaramente, del resto, dalle stesse parole introduttive: "Gesù disse ai suoi discepoli una parabola per insegnare loro che è necessario pregare sempre, senza perdersi d'animo" (v. 1).

             Gesù intende insegnare la pazienza della fede che, come direbbe Teresa di Gesù, arriva a tutto. "Nulla ti turbi, nulla ti spaventi", esorta la Santa, " chi ha Dio non manca di nulla. Niente ti turbi, nulla ti spaventi, solo Dio è sufficiente. Con la pazienza si ottiene tutto".

             Un’ultima annotazione?

            La frase introduttiva ("Gesù disse ai suoi discepoli una parabola per insegnare loro che è necessario pregare sempre, senza stancarsi"), può venir tradotta anche in un altro modo, non meno suggestivo. “Senza stancarsi” - in forza dell’etimo del verbo greco (enkakein) che è kakos (cattivo) - può significare anche “senza incattivirsi”. In questo caso, Gesù avrebbe raccontato la parabola della povera vedova per insegnare la necessità di pregare sempre, senza incattivirsi" (v. 1).

 Se vogliamo intendere l’esortazione nei due sensi, Gesù racconta quella parabola per insegnare che è necessario continuare a pregare, senza stancarsi, per non incattivirsi. E lo sappiamo bene, quanto sia facile “incattivirsi”, senza un continuo sguardo a Colui che ne sa più di noi e che non ci abbandona, neppure quando sembra che lo faccia.