Nel Vangelo di Luca,
questa - dopo quella dell'amico importuno (Lc 11,5-13) - è la seconda parabola sull'efficacia
della perseveranza nella preghiera. Questa volta risulta ancor più chiaro da
quanto esplicitamente detto nell’introduzione: "Gesù disse ai suoi
discepoli una parabola per insegnare loro che è necessario pregare sempre e non
perdersi d'animo" (v. 1).
La vedova in questione rappresenta la persona più indifesa, poiché, soprattutto se senza figli grandi, come si suppone sia questa, non ha nessuno che la possa appoggiare. La sua unica speranza è quel giudice, nonostante non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno. Solo l'insistenza della povera donna lo fa piegare, dato che, pur di togliersela dai piedi, decide di esaudirla. In ogni caso, la vedova ottiene ciò di cui ha bisogno.
In questi esempi assai sconvolgenti, oggetto dell’insegnamento non è, infatti, la definizione di Dio, ma l'atteggiamento fiducioso del discepolo che viene invitato a non rinunciare mai alla preghiera. Anche se il Padre li fa aspettare (possibile traduzione della fine del versetto 7), essi dovranno continuare a gridare giorno e notte a Colui che risponde sempre, sebbene a modo suo e quando lo ritiene opportuno per i suoi figli.
E che dire della domanda finale di Gesù ("Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?")? Nella traduzione corrente sembra che Gesù pensi al suo ritorno glorioso, quasi supponendo che, al momento, la fede della vedova fosse condivisa da tutti. È, tuttavia, proprio perché non è così, che racconta la parabola della povera vedova. Lo narra, infatti, come abbiamo già fatto notare, "per insegnare loro che è necessario pregare sempre e non perdersi d'animo" (v. 1).
Sembrerebbe, quindi, più congruente prendere
il participio aoristo del verbo della venuta del Figlio, non come futuro (quando
verrà) ma come passato (che è venuto). “Il Figlio dell'uomo che è
venuto”, sembra chiedersi molto realisticamente Gesù, pensando anche a noi,
“troverà mai una tale fede sulla terra?".
La frase introduttiva ("Gesù
disse ai suoi discepoli una parabola per insegnare loro che è necessario
pregare sempre, senza stancarsi"), può venir tradotta anche in un
altro modo, non meno suggestivo. “Senza stancarsi” - in forza dell’etimo del
verbo greco (enkakein) che è kakos (cattivo) - può significare anche
“senza incattivirsi”. In questo caso, Gesù avrebbe raccontato la parabola della
povera vedova per insegnare la necessità di pregare sempre, senza incattivirsi"
(v. 1).