domenica 31 luglio 2022

Meditazioni sul Vangelo della Domenica


Un giorno uno della folla disse a Gesù: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità". Da parte sua, Gesù gli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”.

 Il problema era la distribuzione delle terre tra i figli. Essendo grande la famiglia, c’era il pericolo che l’eredità si dividesse in piccoli frustoli di terra che non avrebbero potuto garantire la sopravvivenza di quei beni. Per questo, per evitare la disgregazione dell’eredità e mantenere vivo il nome della famiglia, il primogenito riceveva il doppio degli altri figli (cfr. Dt e 2Re 2,11), come può essere avvenuto nel caso di quell’uomo desideroso di recuperare la sua parte. È solo un’ipotesi sulla circostanza, del resto, senza particolare incidenza sul significato del dialogo tra quell’uomo e Gesù.

 Nella risposta di Gesù (“O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”) risalta la coscienza che Egli ha della sua missione in questo mondo, ove non è stato inviato dal Padre per risolvere semplici controversie tra i parenti per ciò che deriva dai beni materiali. Sono cose che devono risolvere tra loro. Il Figlio di Dio è venuto per insegnare come amministrare la vera ricchezza, cioè, la propria vita, perché ciò che importa è guardarsi da qualsiasi cupidigia. Infatti, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Una verità che Gesù cerca di spiegare per mezzo della parabola che segue immediatamente il colloquio con l’uomo in conflitto col suo fratello.

La missione di Gesù non consiste nel sostituirsi a noi e risolvere magistralmente problemi familiari e sociali, ma nell’illuminarci sul senso profondo della vita. Bisogna ricordarsi di ciò che ha detto a proposito della preghiera. Possiamo chiedere qualsiasi cosa, ma Dio ci darà solo cose veramente buone e lo Spirito per comprenderle. Con questa parabola vuole dirci che la ricchezza di una persona non sta nel possedere molte cose, ma nell’essere ricca dentro, cioè, nell’essere una presenza positiva.

Chi pensa solo a possedere (accumulando molti beni), dimentica l’importanza di vivere come figlio del Padre, cioè, ricco agli occhi di Dio. Da parte sua, con la sua condotta, prima che con le sue parole, Gesù insegna che chi vuole essere il primo, deve voler essere l’ultimo. Che è meglio dare che ricevere. Che il più grande è chi si considera il meno importante. Che salva la sua vita solo chi è capace di donarsi per gli altri, perché solo questo (ciò che ha dato di sé) rimane per sempre.

 La parabola tratta, cioè, della stoltezza dell’avidità, di quel desiderio imperioso di accumulare beni senza freno. Questa ambizione non solo mette i beni materiali al posto di Dio, ma è anche un atto di totale indifferenza verso le necessità degli altri, ai quali il protagonista della parabola non dedica neppure un momento di attenzione.

È vero che la parabola non parla di ingiustizia o di cattiveria da parte del ricco proprietario terriero, e non è per questo che vi è detto stolto. Né tanto meno perché non sia un buon amministratore! Risulta essere stolto, perché vive solo per se stesso, fa progetti solo per se stesso, e perfino si congratula con se stesso.

 Questo, è il suo problema!

Come dimostra la sua morte improvvisa, è solo! Colui che sembrava così assennato nel coltivare i suoi campi si rivela un povero sciocco che si auto condanna al nulla. Infatti, come dichiara Gesù altrove, "che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina se stesso?" (Lc 9,25).

 Qui, alla fine della parabola, proprio mentre quel proprietario terriero si va dicendo che ha beni accumulati per molti anni che gli permetteranno di riposare, mangiando, bevendo e banchettando felicemente, Dio gli dice: "Stolto, questa notte reclameranno la tua anima, e di chi sarà quello che hai messo da parte?”. Mentre l'uomo della parabola si sente dire questo, Gesù conclude: "Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio".

Essere "ricchi presso Dio" significa condividere con gli altri, pensandoli come il Padre di tutti li pensa e ci pensa.