sabato 9 luglio 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica


   Come si evince dalla risposta dello scriba, l'unità tra l'amore di Dio e l'amore per il prossimo era già stata raggiunta anche dai rabbini del tempo. "Hai risposto bene", gli dice infatti Gesù. "Fai questo e vivrai". Il problema si pone solo nello stabilire la portata del concetto di vicino (prossimo). Rispondendo, però, con una parabola, Gesù mostra di non voler prendere in considerazione la seconda domanda dello scriba relativa a questa identificazione ("Chi è il mio prossimo?") e, quindi, di voler sostenere che non è lecito fare alcuna selezione.

Così, il prossimo che nella domanda dello scriba appare come oggetto passivo (il bisognoso), nella domanda di Gesù alla fine della parabola ("Chi di questi tre ti sembra sia diventato [si sia comportato come] prossimo dell'uomo che è vittima dei briganti?"), è il soggetto, ossia colui che prende l'iniziativa di fare qualcosa. Sarebbe, quindi, non solo una semplificazione, ma anche una distorsione dell'insegnamento di Gesù ignorare questa incongruenza tra la domanda dello scriba (v. 29) e la contro domanda di Gesù (v. 36).

L'insegnamento di Gesù, infatti, non è, come ci si potrebbe aspettare, "il tuo prossimo è una persona qualsiasi, come il disgraziato sulla strada di Gerico, che ha bisogno del tuo aiuto". Non è così, non perché questo non sia vero e non sia anche il suo pensiero, ma perché Gesù, con questa parabola, vuole che arriviamo ancor più nel profondo dell'amore.

Secondo la Bibbia e l'ebraismo contemporaneo, il prossimo è l'israelita o colui che fa parte del quadro dell'alleanza che Yhwh ha stabilito con il suo popolo (il proselito, il connazionale e l'ospite). Quanto ancora si deve allargare il cerchio? Questa sembra essere la legittima domanda dello scriba, ma Gesù sposta la questione su un piano più alto. Lo ha fatto, ad esempio, anche nel caso della peccatrice che entra nella casa di Simone il fariseo per profumare i piedi di Gesù (cfr. Lc 7,36-50).

A Simone, che sospetta che il suo ospite non sia un profeta, altrimenti non lo avrebbe permesso, Gesù non fornisce alcuna prova. Parla invece dell'amore, che vale molto più di ogni altra cosa e annulla anche i peccati. A Marta, poi, che si lamenta perché la sorella non la aiuta, Gesù non risponde. Le parla della cosa più importante di tutte: ascoltarlo, come sua sorella Maria, assumendo così l'atteggiamento del vero discepolo, superiore a tutti gli altri (cfr. Lc 10,40-42).

L'essenziale, nei confronti del prossimo, non sta, come crede lo Scriba, nel sapere esattamente qual è la persona da amare, per poter stare in pace una volta compiuto il proprio dovere. L'essenziale è farsi prossimo di chi può averne bisogno. Infatti, la novità dell'insegnamento, più che alla parabola in sé, è legata ai due verbi utilizzati. Il verbo "fare" (poiein): "Fa’ questo e vivrai" (v. 28) / "Va’ e fa’ altrettanto" (v. 37), e il verbo "farsi/diventare" (gegonénai): "Chi di questi tre pensate che sia diventato prossimo di colui che ha incontrato i ladri?" (v. 36).

Ma, per voler farsi prossimo, è necessario soffermarsi su un altro verbo che indica perché, a differenza del levita e del sacerdote, il samaritano si ferma e si prende cura dell'uomo ferito. Si ferma perché, vedendolo, come lo avevano visto i primi due, "ebbe compassione" (esplagchnísthê). Perché provò, cioè, gli stessi sentimenti di Gesù che "ha compassione" di chi soffre. Solo se abbiamo i suoi stessi sentimenti e ci commuoviamo come Cristo si è commosso con noi, possiamo andare spontaneamente verso i bisognosi, come Francesco d'Assisi verso il lebbroso e Teresa di Calcutta verso i moribondi e i puzzolenti nelle strade di Calcutta.

Quante volte abbiamo ascoltato questa parabola e abbiamo voluto identificarci con il samaritano, eretico ma buono, invece che con il sacerdote e il levita, molto pii. ma irresponsabili! Irresponsabili, perché una religione è vera solo se aiuta i poveri e le vedove, e li difende, come insegna Giacomo nella sua lettera:

“A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta” (Gc 2,14-17).