sabato 30 aprile 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 


Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”

 

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. 4Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No". 6Allora egli disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. 9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: "Portate un po' del pesce che avete preso ora". 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. 15Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli". 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: "Simone, figlio di Giovanni, mi ami?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pascola le mie pecore". 17Gli disse per la terza volta: "Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: "Mi vuoi bene?", e gli disse: "Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi". 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: "Seguimi".

Sono quattro le scene in questo racconto dell’ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni dedicato all’apparizione del risorto al lago di Tiberiade: la pesca notturna di Pietro senza esito, la pesca miracolosa nel nome del Signore senza sapere che era Lui, la colazione silenziosa con Gesù che l’aveva preparata, il colloquio di Gesù con Pietro. Qui ci limitiamo alle ultime due, cioè, allo spuntino e al dialogo tra Gesù e Pietro.

Uno scrittore italiano, Luigi Santucci (1918-1999), in un libro del 1969 (Volete andarvene anche voi? Una vita di Cristo), descrive così questa “ultima merenda”, come la chiama lui:

Per addomesticare questi animali spauriti e diffidenti, anche oggi, in riva al mare di Tiberiade, Gesù mette in mezzo il cibo. C’è da parte sua, in ciascuno di questi incontri, la premura di diradare con la concretezza del cibo una spiritualità troppo magica che loro non sanno sopportare. “Figlioli, non avete qualcosa da mangiare?” Non sanno ancora chi è, quelli sulla barca, un accattone, un amico di buon appetito? Non sono in vena di cordialità. In fondo al cuore hanno la felicità di sapere che lui è vivo, lo hanno incontrato e goduto già due volte. Ma oggi non è giornata buona: quella notte, tutta passata a pescare giacché mangiare bisogna tutti i giorni, non hanno tirato su un pesce. La vita è ripresa per loro, tra reti e lunghi dialoghi serali a tavola: è ripresa coi suoi chiaroscuri di fortuna e malasorte. “No”, risposero.

Ecco, invece che le maglie sono piene zeppe di pesci, appena hanno dato retta al consiglio di quell’uomo sulla spiaggia di gettare la rete a destra. Allora Giovanni, che è sempre la vedetta infallibile dell’amore, grida: “È il Signore”. È lui, non è dato sbagliarsi: se arrivano cose belle, è il suo segno. E Pietro fa un gran tuffo in acqua: appena il tempo di ricordarsi che è nudo e annodarsi la veste.

La mattana di gioia, il grido di Giovanni, il salto di Pietro, perché sono in barca. Ma quando a riva incontrano i suoi occhi, la sua voce è vicina che dice: “Portate qua i pesci, venite a mangiare…”, allora quell’insensata timidezza, quel bastardo silenzio li riaggancia. Sanno che è lui, dentro a ciascuno il cuore impazzisce, hanno mille cose da dirgli; ma nessuno osa domandargli: “Chi sei?”.

Gesù li aiuta. Distribuisce il pane, il pesce già preparato da lui sopra un fuoco acceso. Sa che preferiscono così: masticare e gustarlo, invece di parlare.

Dopo la merenda, Gesù chiama Pietro per parlare con lui da solo. “Simone, figlio di Giovanni”, gli dice, “mi ami più di costoro?”. Sentendosi chiamare in disparte, forse, Pietro aveva pensato che il Maestro volesse rimproverarlo per essersi vergognato di Lui davanti alla servetta nel cortile del sommo sacerdote, ma no. Gesù lo ha già perdonato con tutti gli altri e, adesso, è solo il suo amore che gli chiede in cambio. Alle sue tre negazioni prima che il gallo cantasse, seguono ora tre domande di fedeltà.

“Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”, gli domanda Gesù, e ogni volta Pietro risponde: “Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”. Una domanda e una risposta dove bisogna notare, nella stessa traduzione italiana, una sfumatura molto importante. Infatti, mentre per due volte, Gesù gli domanda se lo ama con il verbo agapáô dell’amore più alto, e Pietro gli risponde che gli vuole bene con il verbo filéô dell’amicizia, la terza volta troviamo solo il verbo usato dal discepolo: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”, gli chiede Gesù. Pietro si rattrista che insista ancora, ma deve rendersi conto che il Signore non gli sta più chiedendo il suo stesso amore, ma l’amicizia (mi vuoi bene?) che, da parte sua, il discepolo garantiva.

Se alla fine Gesù gli domanda amicizia e non amore, non è perché desidera sminuire la nostra risposta di riconoscenza, ma, da un lato, si adatta al nostro modo di intendere e agire e, dall’altro, sa bene che il nostro amore non può giungere all’altezza del suo, anche se ha lasciato il comandamento di amarci come Lui ci ha amato. Un amore che, tuttavia, il cristiano va apprendendo lungo tutta la sua vita.

Lo va imparando nella preghiera, che è rapporto di amicizia con Colui che sappiamo ci ama, come dice santa Teresa di Gesù (Vita 8,5), mettendo in rilievo questa differenza tra Dio che ci ama e noi che trattiamo con Lui amichevolmente. Lo va apprendendo cosciente, allo stesso tempo, che, “alla sera della vita” lo esamineranno nell’Amore, come insegna San Giovanni della Croce. Il santo che, per la stessa ragione, aggiunge che bisogna imparare ad amare “come Dio vuole essere amato” e non solo come sappiamo fare nella nostra “condizione” di povertà umana (Detti 60).

In ogni caso, a Pietro Gesù chiede più che agli altri, precisamente perché è chiamato ad essere “Pietro”. “Simone, figlio di Giovanni”, gli domanda, “mi ami più di costoro?”. Glielo chiede non come semplice discepolo, ma come quello che, senza alcun merito proprio, è stato scelto per guidare e confortare gli altri. Glielo chiede, di fatto, per saper pascere gli altri discepoli. “Pasci i miei agnelli”, “pascola le mie pecore”, “pasci le mie pecore”, gli ripete ogni volta, perché per guidare gli altri, bisogna avere un amore particolarmente grande.

Lo tratteranno, infatti, come hanno trattato Gesù, lo cingeranno e lo porteranno dove non vorrà, gli dice, “per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”, cioè il suo martirio nella città di Roma circa trent’anni più tardi. E perché non si spaventi prima di iniziare il suo cammino, Gesù aggiunge: “Seguimi”, cioè, “guarda a ciò che ho passato io”. Lo dice a Pietro, perché è il momento della sua investitura particolare, ma continuare a guardare a Gesù per illuminare tutto ciò che avviene e può capitarci nella vita, è l’unico modo per essere suoi discepoli.