sabato 1 gennaio 2022

Meditazione sul Vangelo della Solennità di Maria madre di Dio

 Solennità di Maria Madre di Dio 

"Gli fu messo nome Gesù"
Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo. (Lc 2, 16-21)


 Il greco Θεοτόκος (Theotókos), in latino, Deīpara o Deī genetrix, significa letteralmente “colei che diede alla luce Dio”. È il titolo che la Chiesa cristiana dà a Maria in riferimento a suo Figlio Gesù che, pur essendo e rimanendo Figlio di Dio, dal momento dell’incarnazione è anche Figlio suo. Il titolo venne definito nel Concilio di Efeso del 431, che lo spiegò con queste parole: “[La diciamo] Madre di Dio […] non perché la natura del Verbo o la sua divinità abbia avuto origine della Santa Vergine, ma si dice che il Verbo nacque secondo la carne perché nacque da lei il santo corpo dotato di anima, alla quale il Verbo si unì sostanzialmente”.
L’intento di questa dichiarazione fu quello di sottolineare che il figlio di Maria, Gesù, era completamente Dio, e allo stesso tempo completamente uomo, così come era stato affermato nel primo Concilio di Nicea dell’anno 325. In altre parole, che le due nature di Cristo (quella umana e quella divina) erano unite e sono inseparabili in una sola persona, la seconda della Santissima Trinità che, incarnandosi in Maria si chiama Gesù.
Dante, nel canto XXXIII del suo Paradiso lo cantò con queste parole: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura”. È così, perché Maria è il luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo. Dio, che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, in Maria, si fa Egli stesso, questa immagine e somiglianza. Dio che nessuno lo ha mai visto – come si legge nel Prologo del Vangelo di Giovanni – il Figlio unigenito, lo ha fatto conoscere come figlio di Maria.
Questo è ciò che professa la nostra fede con le parole di Paolo che, ai Galati, scrive che “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli” (Gal 4, 4-5). Ed è per questa ragione che celebriamo Maria come Madre di Dio. Non tanto per onorare Lei, che non ne ha bisogno, ma per prendere coscienza della nostra dignità come fratelli di questo Figlio suo e del Padre.
Se il Figlio di Dio si fa Figlio di Maria, al medesimo tempo si fa fratello nostro che, in forza di questa relazione diventiamo figli di Dio suo Padre, e figli di sua Madre. Non sarebbe stato necessario dircelo, però Gesù, prima di morire sulla croce desiderò dichiararlo chiaramente come un testamento. “Donna”, disse a sua Madre indicando il discepolo amato che ci rappresenta tutti, “ecco tuo figlio”. Lo disse a Lei, ma per aggiungere subito, rivolto al discepolo: “Ecco tua madre”.
Da parte sua, Maria non disse una parola, però, come a Nazareth aveva accettato suo Figlio dalla mano del Padre, sotto la croce accettò noi dalla mano di Gesù. Neppure il discepolo disse nulla, però nell’indicarci ciò che a noi giova, l’evangelista annota che, da quel momento, il discepolo accolse Maria “come cosa propria”.

È Dio e mi somiglia!

[Una pagina che Jean Paul Sartre scrisse per i suoi compagni di prigionia cristiani che gli avevano chiesto un testo – nonostante sapessero del suo ateismo - per poter ricordare il Natale anche nel campo di concentramento]

La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo volto è uno stupore ansioso che è comparso una volta soltanto su un viso umano. Perché il Cristo è suo figlio, carne della sua carne e frutto delle sue viscere. L’ha portato in grembo per nove mesi, gli offrirà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. Qualche volta la tentazione è così forte da farle dimenticare che è Dio. Lo stringe tra le braccia e dice: “Bambino mio”.
Ma in altri momenti rimane interdetta e pensa: là c’è Dio, e viene presa da un religioso orrore, per quel Dio muto, per quel bambino che incute timore. Tutte le mamme in qualche momento si sono arrestate così di fronte a quel frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino, sentendosi in esilio davanti a quella vita nuova che è stata fatta con la loro vita e che è abitata da pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato strappato più crudelmente e più rapidamente di questo a sua madre, perché è Dio e supera in tutti i modi ciò che ella può immaginare…
Ma penso che ci siano anche altri momenti, fuggevoli e veloci, in cui ella avverte nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo bambino, ed è Dio. Lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatto di me, ha i miei occhi, la forma della sua bocca è la forma della mia, mi assomiglia. È Dio, e mi assomiglia”.