domenica 25 luglio 2021

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 Cinque pani d’orzo e due pesci”


1Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". 10Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: "Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!". 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

 

L’andata all’altra parte del mar di Galilea e la moltiplicazione dei pani sembrano corrispondere al racconto di Marco nel capitolo 6, cominciando dai versetti 30-34, letti domenica scorsa. Giovanni, a differenza dei Sinottici (Mt, Mc e Lc), non parla mai di miracoli (terata), ma di segni (semeia) o di opere (erga).

 Mentre, infatti, nei primi tre Vangeli le guarigioni e tutti i prodigi operati da Gesù sono essenzialmente manifestazioni della sua potenza divina, nel quarto sono un modo per dire chi è Lui (vino nuovo, luce, vita, ecc.). Infatti, a volte, Gesù dice ai suoi avversari: “anche se non credete a me, credete alle opere (erga), perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre" (Gv 10,38). E alla fine del suo Vangelo, Giovanni scrive: “Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni (semeia) che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,30-31).

 La moltiplicazione dei pani è il quarto dei segni scelti dall’evangelista Giovanni. Il primo è la conversione dell’acqua in vino a Cana di Galilea (2,1-11), il secondo la guarigione del figlio del funzionario reale (4,46-54), il terzo la guarigione del paralitico alla piscina di Betsaida (5,1-17), e, il quarto, appunto, quello della moltiplicazione dei pani (6,1-15), unico segno in comune con i miracoli (terata) dei Sinottici. Seguirà il dono della vista al cieco dalla nascita (cap. 9), la risurrezione di Lazzaro (11,1-44) e, infine, il segno divenuto realtà, cioè la sua manifestazione di Gesù, da risorto, a Maria di Magdala nel giardino dove era stato sepolto (20,11-18).

 Tornando alla moltiplicazione dei pani, credo non ci sia nulla da spiegare, soprattutto perché, come abbiamo anticipato, al quarto evangelista, molto più che il miracolo in sé interessa il suo significato cristologico. Infatti, dopo averlo compiuto, vedendo che la gente lo stava cercando per proclamarlo re in quanto capace di sfamare tutti, Gesù “si ritirò di nuovo sul monte da solo”. Inoltre, quando il giorno seguente andranno a cercarlo un’altra volta, Gesù dirà loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati” (Gv 6,26). A Gesù, cioè, interessa arrivare a spiegare che il vero “pane della vita” (Gv 6,48) disceso dal cielo è Lui e non la manna che mangiarono i padri loro nel deserto i quali, tuttavia, morirono.

 Per terminare, potremmo fermarci a riflettere sull’ordine di Gesù ai discepoli di raccogliere i pezzi avanzati perché nulla vada perduto. Una conferma che il pane condiviso è simbolo dell’Eucaristia, nella quale ogni parte è ugualmente preziosa e non deve essere buttata. Il fatto poi che ne rimangano dodici ceste (sette nella seconda moltiplicazione narrata dai Sinottici), indica l’abbondanza che, applicata al Pane di Vita, vuol dire che mai mancherà questo prezioso alimento.

 Detto questo, rimane il fatto della moltiplicazione dei pani come esempio di servizio verso i bisognosi nel nome dello stesso Gesù. Come fanno, tra altre e altri nel mondo, le Figlie della Carità di Madre Teresa di Calcutta. “Danno il pane – lasciò scritto il padre Jesús Castellano – dopo aver contemplato il Pane di Vita. Servono i poveri dopo aver scoperto in essi il volto di Cristo”.

 Infatti, ai discepoli che, preoccupati per la folla affamata in un luogo deserto, chiedono di licenziare tutti perché vadano per le aie e i villaggi a comprarsi almeno del pane, Gesù, nel racconto dei Vangeli sinottici, risponde: “Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6,37).

p. Bruno Moriconi ocd