domenica 2 maggio 2021

Meditazione sul Vangelo della Domenica

“Io sono la vita, voi i tralci”

Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Gv 15, 1-8

Per comprendere bene queste ultime parole (In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli), è necessario ricordarsi di ciò che disse Gesù nella pagina di Vangelo che abbiamo letto poco fa, nella quinta domenica di Quaresima (Gv 12, 20-33). Vi si narrava che alcuni greci, giunti a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, desideravano vedere Gesù. Egli, tuttavia, non aveva voluto riceverli, perché stava per giungere la sua ora e non era più tempo di occuparsi in altre cose.

Fu quello il giorno in cui – assieme alla sua decisione di andare sino in fondo – confessò anche la sua tristezza. “Ora – disse – l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora” (Gv 12, 27). In tutto come noi, sarebbe questa anche per Gesù la domanda da elevare (Padre, salvami da quest'ora). Ma se proprio per questo era venuto nel mondo - “Padre”, aggiunge subito, “glorifica il tuo nome”. Quindi, quando adesso dice ai discepoli che, “in questo” – il dar “molto frutto” e l’essere “miei [suoi] discepoli – riceve gloria il Padre, sta proponendo loro di vivere con la sua stessa disponibilità.

Come?

Mantenendosi uniti a Lui. Questo è precisamente ciò che Gesù esprime con l’immagine della vite che produce uva solo nei che continueranno a nutrirsi della sua linfa. Quelli che non si alimentano da questa fonte si seccano e il vignaiolo, che è il Padre, li taglia. Quelli che danno frutto, al contrario, li pota, perché ne diano di più.

Nella cultura ebreo-biblica, soprattutto nella letteratura profetica e sapienziale, l’immagine della vite è molto presente. Generalmente simbolizza il popolo di Israele, mentre qui, Gesù attribuisce a se stesso questa immagine, aggiungendo inoltre che Egli è la “vera” vite. Ma, come i tralci non possono produrre nulla se si separano dal tronco, lo stesso vale – quantunque Gesù non lo dica espressamente – per la vite che, se non ne avesse nessuno, sarebbe sterile, non produrrebbe nulla (?!?). Ed è precisamente a noi e di noi che Gesù parla, definendosi come la vera vite. Con Lui nasce, infatti, il nuovo popolo di Dio, il quale non ha più come capo e guida semplicemente un uomo, fosse pure grande come Mosè, ma Gesù, Figlio di Dio e di Maria. È questa la vite nella quale siamo innestati e che, come discepoli, rendiamo feconda per il mondo.

Senza stare bene uniti a questa vite, non daremmo alcun frutto, ma neppure avrebbe senso un Gesù senza di noi, dal momento che è disceso dal cielo affinché tutti potessimo salvarci in Lui. Questo vuole che noi comprendiamo il nostro Maestro e Fratello, quando, parlando con i primi discepoli, li definisce tralci che possono dar frutto soltanto alimentandosi con la sua linfa e rimanendo nel solco tracciato da Lui. Oltre la metafora e, in altre parole, rimanere uniti a Gesù significa accogliere la sua parola e perseverare nell’amore insegnato e donato da Lui. “Vi ho dato un esempio – disse Gesù ai discepoli dopo aver lavato loro i piedi –perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13, 15).

Infatti questo concetto si chiarisce in questa espressione: “Voi siete già puri per la parola che vi ho detto”, che, tuttavia, potrebbe risultare difficile da comprendere. Gesù aveva già detto qualcosa di simile a Pietro, che non voleva che il Maestro si umiliasse a lavargli i piedi, ma che, spaventato per la possibilità di non aver parte con Lui, si era dichiarato disposto a farsi lavare tutto. “Chi ha fatto il bagno – gli aveva risposto Gesù – non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma – aveva aggiunto riferendosi a Giuda – non tutti” (Gv 13, 10).

Qui, nel contesto della vigna, alludendo anche al motivo della purezza, dice loro: “Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato” (Gv 15, 3). Una ragione (“a causa della parola che vi ho annunciato”), anch’essa ancora oscura, dato che i discepoli non essendo stati ancora salvati (dal punto di vista cronologico, il Buon Pastore, non aveva ancora dato la sua vita, né per loro, né per gli altri), non potevano essere puri. La chiave è, tuttavia, nel fatto che Gesù sta loro parlando come se tutto fosse già accaduto.

Infatti, sebbene la passione, morte e resurrezione di Gesù (il nostro Mistero della fede), siano avvenute in un momento preciso della storia, posteriore a questo discorso sulla vite, essendo Egli il Figlio di Dio, ciò che accadde in quella “pienezza dei tempi”, è per sempre e incorpora tutta la storia e tutta l’umanità, precedente e successiva a Lui. “Per la parola che vi ho detto”, dice Gesù, cioè, a causa Sua, nonostante i peccati con i quali continuavano a lottare, erano puri gli apostoli e lo siamo tutti. La Parola di Gesù, infatti, non è come le nostre parole. È Lui stesso, Parola fatta uomo.

“Come si rende presente Gesù nelle anime?”, si domandava Paolo VI. “Il pensiero divino”, rispondeva, “passa attraverso la comunicazione della Parola, passa per il Verbo, il Figlio di Dio fatto uomo. Possiamo affermare che il Signore si incarna in noi quando noi accettiamo che la Parola venga a vivere dentro di noi”. In altre parole, siamo puri se ci lasciamo coinvolgere nell’opera di Gesù che, a sua volta, ha già perdonato i nostri sbagli che affidiamo alla sua misericordia.

p. Bruno Moriconi, ocd