“Lo Spirito lo sospinse nel deserto”
E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. 14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Soltanto quattro versetti, ma molto importanti, soprattutto i primi due che iniziano con la locuzione temporale “e subito”. Una indicazione che si riferisce al battesimo di Gesù nel Giordano e all’effusione dello Spirito Santo sopra di Lui, seguita da una voce dal cielo che lo ha proclamato “Figlio amato” e oggetto della compiacenza del Padre. “E subito” – dopo questo - dice l’evangelista, “lo Spirito [che era disceso sopra di Lui] lo sospinse nel deserto”.
Mentre Marco usa il verbo sospingere, quasi come se lo Spirito obbligasse Gesù ad andare nel deserto dove si fermerà “quaranta giorni, tentato da Satana”, Matteo sottolinea la stessa cosa, esprimendola così: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo” (Mt 4,1). Come vediamo, si tratta della stessa notizia. Sia sospinto sia condotto per essere tentato, sembra che lo Spirito abbia solo questo strano compito, volere che Gesù sia tentato.
Allora ci domandiamo, è proprio questa la singolarità, che dobbiamo cogliere? In un certo senso, sì, ma bisogna continuare a riflettere, tenendo presente anche un altro dettaglio, quello dei quaranta giorni.
Infatti il numero quaranta evoca subito i quaranta anni passati da Israele nel deserto del Sinai dove, nonostante le meraviglie sperimentate al tempo della sua liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, il popolo non fu capace di essere fedele al Signore quasi in nulla. Se allora Gesù passerà circa quaranta giorni nel deserto, è per obbedire e mostrare come farlo, precisamente dove il suo popolo aveva fallito. È tenendo conto di questa prospettiva, che iniziamo a comprendere meglio il compito dello Spirito che sospinge (!?) Gesù nel deserto per essere tentato (!?) da Satana.
Come insegnerà Paolo, Gesù – fatto uomo nel seno di Maria – è il nuovo Adamo, capostipite della nuova umanità. Come Gen 3, 15 aveva preannunciato, Egli, a differenza dei progenitori, è capace di vincere le tentazioni del serpente antico, Perché? Proprio perché, condotto e animato dallo Spirito, si riconosce Figlio e non servo, al contrario di Adamo ed Eva che diffidarono del loro Creatore e disobbedirono.
C'è anche un altro dettaglio che ci permette di capirlo ancora meglio. Infatti, dopo aver detto che Gesù “rimase quaranta giorni nel deserto”, l’evangelista aggiunge che “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. Una pennellata idilliaca che non si riferisce alla signoria di Gesù in quanto Dio, ma al tipo di vita nell’Eden prima del peccato quando, secondo un’interpretazione giudaica (Libro dei Giubilei, 3, 28) tutti gli esseri, uomini e animali vivevano insieme e in pace.
Un’interpretazione che Isaia aveva convertito in profezia per i tempi messianici con queste meravigliose immagini: “Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso (Is 11, 6-8). Bellissime immagini che, tuttavia, non sono da prendere in senso letterale, ma simbolico. Persino gli uomini più feroci, elevati dai sentimenti del Messia, vuol dire il profeta, potranno trasformarsi in operatori di pace, capaci di vivere come fratelli. Ricordate il feroce Innominato del Manzoni, convertito dalla fede semplice di Lucia Mondella?
È proprio questo il significato della permanenza di Gesù nel deserto, cioè, in una vita concreta e senza miracoli. Tentato, non cade nella tentazione perché è sostenuto dallo Spirito che lo fa sentire Figlio del Padre e in piena comunione con Lui. Come noi, fratelli suoi, se ci lasciamo condurre dallo stesso Spirito, perché – come scrive Giovanni nella sua prima lettera – “chiunque è stato generato da Dio non pecca” (5,18). Proprio ciò che è avvenuto ai Santi. Forse non in tutta la loro vita, ma sicuramente nei loro ultimi anni, quando – a differenza della maggior parte di noi – vivevano così in sintonia con l’amore di Dio, da trovare più difficile peccare che fare il bene.
Quaranta è anche il numero più o meno dei giorni della Quaresima, così chiamata a motivo dell’espressione latina quadragesimus días, cioè, quarantesimo giorno rispetto alla Pasqua. Quaranta giorni di preparazione che hanno lo scopo di farci guardare da vicino Gesù che, sostenuto e sospinto dallo Spirito, ci suggerisce la stessa disponibilità a prendere, come Lui la sua, la nostra croce di ogni giorno.
p. Bruno Moriconi, ocd
brumoric@gmail.com