Meditiamo con p. Marco Chiesa ocd
Stiamo camminando nella luce del Natale in questa ottava di
grazia e la liturgia porta, come ogni anno, la nostra attenzione al mistero
della S. Famiglia… quel piccolo nucleo di persone semplici e libere di cuore,
che permettono l’evento più importante della storia: l’Incarnazione del Figlio
di Dio. Quanto è bello farsi vicini ad una famiglia che riceve il dono di un
bambino! Si crea istantaneamente un clima di affetto e di condivisione, in cui,
dialogando, emergono spesso i risvolti lieti o complicati che hanno preceduto
tale evento, ma in quel momento quasi naturalmente ricompresi e coronati da una
grande gioia. Vogliamo porci in questo clima di fronte alla Parola che ci viene
offerta per questo giorno.
Nella prima lettura, di fronte alla domanda, forse un po’
sarcastica, dell’anziano e scoraggiato Abramo – “Signore Dio, che cosa mi
darai?” – ci pare quasi di vedere Dio che, mettendo una mano sulla spalla del
suo amico, lo conduce fuori della tenda per fargli contemplare l’immensità
delle stelle, quale segno della sua potenza, che neppure possiamo immaginare e
che è lì a nostra disposizione: con Dio basta allungare il braccio per toccare
le stelle! In quella notte d’intimità, tra le costellazioni sembrano
riverberare le parole del salmo responsoriale: “Il Signore è fedele al suo
patto… Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto”. E
così, vinto ancora dalla tenerezza divina, Abramo credette, tornò a fidarsi di
quel Dio così vicino alle sue paure e alla notte del suo cuore, fissando ancora
il cielo stellato e lasciando scendere nell’animo le divine e misteriose
parole: “Tale sarà la tua discendenza”.
E davvero il Signore “si è ricordato della sua alleanza
stabilita con Abramo”! Dalla tenda di Abramo e Sara esce un vagito… e
germogliano vita e gioia, che danno senso a quella fede eroicamente impiegata.
L’autore della Lettera agli Ebrei, nel grande “tropario” di
esaltazione della fede degli antichi, dedica giustamente un posto privilegiato
a questi due sposi, in cui il credere divenne sorgente di speranza e, alla
fine, di felicità, proprio perché Dio è fedele alle sue promesse. Sì, ce lo ha
detto anche Gesù, che la fede può sradicare le piante e spostare le montagne,
tuttavia non è sempre facile tenere accesa questa lampada in noi, quanto tanti
spifferi rendono smorto e fumigante il lucignolo; per questo dobbiamo
“ricordare le meraviglie che Dio ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della
sua bocca”, perché anche noi siamo “stirpe di Abramo, suo servo”.
La fede di Abramo, infatti, è andata oltre l’evento
contingente del figlio Isacco... essa ha attraversato i secoli: come ci ricorda
Gesù stesso, egli “esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu
pieno di gioia” (Gv 8,56).
Ed ecco che il Vangelo ci descrive l’episodio,
conosciuto e caro, della Presentazione di Gesù. Maria e Giuseppe si recano al
tempio secondo il rituale ebraico con molta semplicità e modestia, portando
l’offerta prescritta per i poveri. Eppure su queste tre semplici persone si
fissa lo sguardo del Padre, sempre attento, come sappiamo, a quanti non gli
donano il superfluo, ma la loro stessa vita. Egli manda incontro a loro ben due
profeti, Simeone ed Anna, i quali hanno passato la vita raccogliendosi davanti
alla fiamma della fede e attendendo come giusti dell’Antico Testamento
l’adempimento di tutte le promesse del Dio fedele. Essi, nella loro purezza e
semplicità di cuore riescono a intravedere, al di là delle apparenze, il
segreto del piccolo Gesù, prendendolo tra le braccia e scaldandosi così alla
fonte dell’amore appena incarnato, anche per loro. Da quell’episodio, così come
lo abbiamo meditato, le nostre famiglie fedeli, pur nella modestia della loro
esistenza, ricevono una vivida scintilla di luce e di speranza, perché Cristo
si è rivelato in una famiglia umana.
In questa giornata che va a chiudere un anno, per aprire
nuove prospettive, poniamoci personalmente e familiarmente davanti al presepe,
mettendo ai piedi del Piccolo Gesù tutte le ferite, le attese, le gioie e i
progetti che fanno parte del nostro quotidiano, così da cantare con lo spirito
tipico del Carmelo insieme a Maria e Giuseppe: “Il Signore è fedele al suo
patto”!