VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Le letture di questa domenica ci fanno continuare il
“viaggio” attraverso le parole di compimento della Legge, che Gesù
proclama dopo aver annunziato il Regno con le Beatitudini.
Questi versetti di Matteo ci fanno comprendere come sia
necessario prima un Evangelo, con tutta la ricchezza dell’amore di Dio
per noi poveri, peccatori e lontani, sul quale appoggiare la concreta e reale
possibilità dell’amore per il nemico,
che oggi Gesù scandalosamente ci chiede.
A volte, qualcuno ha voluto giustificare questa follia
dell’amore per il nemico dando ad esso un’utilità pratica: amando il nemico
lo si converte in amico. Ma Gesù non ha detto nulla di questo genere, nè ha
promesso che amando il nemico l’avremmo trasformato in amico benevolo! Del
resto chi ragiona a quella maniera è lo stesso che intende il perdono come vendetta, così che l’altro non abbia soddisfazione. Gesù ha chiesto
semplicemente e “tremendamente” di amare il nemico, e di non usare i
suoi mezzi malvagi per difendersi dalla sua violenza. Per proclamare
questo Gesù rigetta la legge del “taglione”; già nel Primo Testamento, la legge
dell’ “occhio per occhio, dente per dente” intendeva mitigare
l’esplodere della vendetta e la sproporzione
della vendetta: ad un occhio corrisponde un occhio,
e non due … e così via. Una legge che, ritenendo tragicamente
inevitabile la vendetta, per lo meno la “attutiva”! Per Gesù questa semplice
mitigazione non va bene, perchè è la vendetta in sè ad essere aberrante, anche
la minima vendetta, anche la minima rivalsa …
Se non ci fosse la rivelazione di un Dio che ci previene e
ci perdona sempre, senza nulla chiedere e senza neanche attendere la
conversione per amare, la richiesta di Gesù, che Matteo ci trasmette, sarebbe
assolutamente improponibile. Gesù ha raccontato un Dio che ama sempre per
primo; un Dio che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa
piovere sui giusti e sugli ingiusti…un Dio che ci ha amati nella nostra inimicizia.
Quando nella nostra cosiddetta società cristiana notiamo
che, dal poco al molto, dal piccolo al grande, dal lieve al grave, impera
la logica della rivalsa, se non della vendetta, dovremmo allora aprire gli
occhi non sulla qualità dell’annunzio cristiano che i credenti hanno proposto
al mondo. I credenti hanno sempre annunciato il Vangelo, ma tra i sedicenti
cristiani vi sono tanti, tantissimi, che non credono. E non se ne pongono
neanche il problema. Anzi. Si fanno vanto dell’essere così ben voluti dai
farisei di tutte le epoche.
Nella chiesa e nel mondo è difficile ai cristiani vivere annunciando
il Vangelo come tale. Perché gli altri continuano a narrare il Dio della
“vendetta” e dei “meriti”. Loro invece annunziano l’Evangelo scandaloso di un Dio che ci ama e perdona nella nostra inimicizia
(cfr R, 5. 6-10). E’ stato sempre annunciato questo scandalo. Ma vi è chi tra
noi insiste a ridurre il cristianesimo solo a religione, che prevede patti di protezione con un Dio che deve
scansarmi le “sventure” in cambio di qualche pratica o preghiera. Ove
l’Evangelo non è annunziato con tutta la sua forza dirompente di novità, con la
sua logica priva di qualsiasi “buon senso”, è logico che cresca la mala pianta
della rivalsa, della vendetta e dell’odio.
Solo dove l’Evangelo è colto in pienezza può iniziare il mondo
nuovo, in cui il discepolo è reale differenza rispetto al mondo, al mondo
vecchio. Il culmine della differenza
cristiana è proprio
qui, in questi versetti provocatori di Matteo: l’amore per i nemici. Qui
c’è il culmine delle antitesi del Discorso della montagna (“ma io vi dico…”).
L’amore per il nemico, per il persecutore è la vera differenza tra il
cristiano e il mondo, tra il cristiano e gli altri.
Molti commentatori ebrei dell’Evangelo qui si bloccano
davvero; se riescono ad accettare gran parte dell’insegnamento di Gesù,
cogliendone anche la radicalizzazione della Torah, qui, dinanzi alla
richiesta dell’amore per il nemico, parlano di una chimera, di una richiesta assurda, folle, che non poteva avere
assolutamente seguito. Per essi è qui la debolezza della proposta del Rabbi
Gesù di Nazareth! I cristiani sanno invece che qui è la forza dell’Evangelo; sì, la forza paradossalmente debole
della croce!
L’amore per il nemico è espresso da Matteo con un
verbo compromettente, “agapào” che qui significa, come
altrove, l’amore pieno, attivo, solidale, preoccupato, che non attende di
essere ricambiato per donarsi, tanto che Giovanni scriverà che “Dio è agàpe”
(cfr 1Gv 4, 8). Questo amore che Gesù chiede per i nemici non è un vago
sentimento di benevolenza, è un amore che fa in favore del nemico. E’ amore fattivo che non attende nulla,
neanche il ravvedimento del nemico; è l’amore che lo ama già prima. Certo, si
desidera la conversione del nemico, ma perchè lo si ama, e non il contrario!
L’amore per il nemico include l’amore per colui che
è “lontanissimo da noi” (e chi è il nemico, se non colui che si vorrebbe
sempre lontano?), ed esclude verso di lui l’uso delle sue stesse armi (è questo
il significato del “non opporsi al malvagio”). Il discepolo è chiamato
ad essere disponibile a far esplodere l’odio tutto su di sè, e a lasciarsi schiacciare
dall’odio pur di non usare le armi dell’odio. Porgere l’altra guancia è
far giungere al parossismo la violenza dell’altro su di sè, perchè lì si
spenga il male! Se il percosso percuote, perpetua il male e la violenza. Cristo
Gesù ha fermato su di sè il male…come? Perdonando, non minacciando
vendetta; ed amando chi, nemico, non era assolutamene amabile (cfr 1Pt 2,
21-25). Il suo discepolo non può fare diversamente.
La conclusione del testo che oggi si legge è sorprendente:
Matteo ci dice che il vero motivo di questo amore altamente includente
(tanto che include i
nemici!) è nell’in-principio, è nella natura del mondo, perchè è nella
natura di Dio. Il discepolo, infatti, amando il nemico, non solo mostra
la grazia che lo rende capace
di una “giustizia che supera la giustizia degli scribi e dei farisei”
(cfr Mt 5, 20), ma rivela anche chi è: figlio di Dio, perchè la
figliolanza si vede dalla somiglianza. Dio ama tutti (anzi ognuno!):
giusti e ingiusti, buoni e cattivi … chi dunque ama così, mostra di somigliare
al Padre e di essere, dunque, figlio.
La cosa che sorprende e ci fa riflettere è che la qualità
divina di amare tutti, ossia di dare qualcosa di sé a ciascuno, non è colta
nella storia della salvezza ma nella creazione,
semplicemente nella creazione: “Fa sorgere il suo sole sopra i buoni
e sopra i cattivi”, la pioggia rende fertili i campi dei giusti e degli
ingiusti … questo “comportamento” di Dio è legge di creazione. Matteo è
sottile: se questo è vero – ci dice – il mondo non può essere che così! In tal
modo l’amore per il nemico affonda le radici in qualcosa che riposa
nella creazione e che non si è lasciato condizionare, nel cuore di Dio, dal
peccato e dall’infedeltà dell’uomo. L’amore di Dio è rimasto per ognuno, senza
discrimine di giustizia o ingiustizia, di amicizia o inimicizia!
Gesù, allora, è venuto ad annunziare, pagando di persona,
un Regno in cui l’uomo è ricondotto semplicemente ad essere uomo … anche l’amore per il nemico,
così, è qualcosa che rispecchia un ordine naturale, perchè derivante dalla
natura del Creatore che “fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i
cattivi e manda la pioggia sopra i giusti e sopra gli ingiusti”! E non
finché i primi andranno in paradiso e gli altri all’inferno. Ma sempre e
comunque. L’inferno è nell’animo di chi rifiuta questo, e lo sarà per
l’eternità, se questo rifiuto sarà scelta definitiva.
P. Giorgio Rossi ocd