PRIMA DOMENICA DI AVVENTO
Anno A
Is 2, 1-5;
Rm 13,11-14; Mt 24, 37- 44
27 novembre
2016
1. Dio viene.
Iniziamo il Tempo liturgico
dell’Avvento accogliendo l'impellente ammonimento ivi contenuto: Dio è in cammino verso di noi. Questo
era il crescente presentimento dell’intero Antico Testamento, il quale
aspettava con l'arrivo del suo Messia anche il tempo finale.
Era stato l'immediato
presentimento anche di Giovanni il
Battista, il quale secondo tutti e tre i sinottici non voleva far altro che
preparare nel deserto una via al Signore e annunciare un giudizio che divide: «Già la scure è posta alla radice dell'
albero» (Le 3,9). Ciò che viene dopo di lui è l'ultima decisione di Dio per
la storia.
Tutti e tre i testi della S.
Scrittura che abbiamo ascoltato sono ordinati a questo venire di Dio, vogliono svegliarci dal sonno e dall’indifferenza,
esortarci ad attendere il Signore cinti i fianchi e con fiaccole ardenti o con
olio nelle lampade.
S. Paolo nella seconda lettura vi insiste in modo particolare: si
può leggere l'avvicinarsi di Dio nel tempo della propria vita. Anzi: Dio si è
già avvicinato dal momento della nostra conversione…
Il Vangelo insiste in pieno su una simile vigilanza. Non pensa si possa
osservare in rapporti terreni il venire
di Dio: Dio penetra nella storia per così dire verticalmente dall’alto, viene
per tutti in un’ora che non ci si aspetta. Proprio per questo bisogna sempre
aspettarlo. Non vengono sorpresi quelli che lo stanno attendendo come “veniente” in ogni istante…
I Santi ci sono maestri nell’arte
di questa attesa del “Veniente”. In
particolare S. Teresa di Gesù ha insegnato che il «metodo»
della vigilanza consiste nel “familiarizzare” già fin da quaggiù con il Signore
attraverso l’Orazione intesa come un intimo
e quotidiano incontro di amicizia “con
Colui dal quale sappiamo di essere amati” [Vita 8,5]; oppure S. Elisabetta
della Trinità che, anche tra le attività più concrete, pregava: « Signore, che io non ti lasci mai solo, che io sia là tutta, interamente
desta nella mia fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata alla tua
Azione creatrice» [Elevazione alla S. Trinità].
2. L'attesa.
Ancora: dalle Letture che abbiamo ascoltato, la Parola di Dio ci ricorda
che la richiesta vigilanza chiede anzitutto un distinguerci dal corso del «mondo che vive senza attesa». Il «mondo»
nel suo vivere ha in ogni caso di mira mete intramondane che non mutano nulla
di essenziale alle sue quotidiane abitudini.
Per il mondo che vive nella distrazione il «mangiare, il bere e lo sposarsi» è vissuto senza presagire che con
il “venire di Dio” può irrompere su
di essi qualcosa di simile al diluvio. San Paolo chiama questo agitarsi
puramente umano «le opere delle tenebre»,
perché non sono fatte in ordine alla luce che verrà.
Invece, per chi vive attendendo “Colui
che deve venire”, quanto è terreno mostra il suo vero valore a partire da
questa «Luce che viene»:
-
Il mangiare e
bere restano, ma senza «banchetti smisurati»,
-
lo sposarsi
rimane, ma senza «impudicizia e dissipazione»,
-
il lavoro nei
campi e al mulino restano, ma «senza contesa e gelosia».
Quanto è terreno viene in questo modo regolato e dominato mediante
l'attesa di Dio, e così limitato al necessario… e comunque vissuto alla luce
dell’unico vero scopo di tutta la vita: come preparazione all’incontro con “Colui che viene”…
Se l’agitarsi del mondo è sonno, con l’Avvento è giunto il momento
migliore per svegliarsi. E già questo svegliarsi è un principio di Luce, un armarsi come con le «armi della luce», per lottare contro un
riaddomentarsi nella storia del mondo abbandonata da Dio…
3. Nella luce del Signore.
La grande visione iniziale di Isaia – di cui ci parla la prima Lettura – descrive
coloro che attendono Dio come un “monte
spirituale”, alla cui Luce tutti
i popoli possono orientarsi, perché:
-
unicamente di lì viene «la giustizia nella contesa
delle nazioni»,
-
unicamente lì l’incessante guerra intramondana viene
placata in una vera pace donata di Dio,
-
unicamente di lì il mondo, per sé oscuro, può andare
per «la sua strada nella luce del Signore».
Ciò evidentemente non avverrà senza divisione e giudizio:
uno viene preso, l'altro lasciato ci ricorda il Vangelo…
La promessa del “Dio
che viene” deve avere in sé, per il mondo sordo, anche una minaccia. Una minaccia
propriamente solo nel senso di un'ammonizione ad essere vigili e pronti. Per i
vigilanti, infatti, l'avvento di Dio non è affatto motivo di paura o di
sorpresa: quando Dio arriva, «alzate il
vostro capo – esclama il vangelo di S. Luca – perché la vostra liberazione si avvicina» (Lc 21, 28).
È vero: quando la vigilanza è divenuta “familiarità” con l’Atteso, allora la Venuta del Signore non solo ha superato ogni paura, ma – come ci
dicono i mistici – diviene una relazione lungamente aspettata nella certezza di
un vero Amore coltivato.
Ecco, per esempio, come S. Giovanni della Croce ci descrive «l’incontro» con Colui che, lungo la
vita, è stato cercato come Amico e Confidente
fino a imparare ad avvertirne la Presenza
nelle attività del vivere di ogni giorno, o come soleva ripetere S. Teresa di
Gesù alle sue monache: “fra le pentole” [Fondazioni
5, 8].
«In quest’intima
unione Dio si comunica all’anima con tale intensità d’amore che non c’è affetto
di madre che accarezzi con tanta tenerezza il figlio, né amore di fratello o
amicizia di amico che possano reggere al confronto. La tenerezza e la sincerità
dell’amore con cui l’immenso Padre accarezza e rende grande quest’anima umile e
piena d’amore – cosa meravigliosa e degna d’ogni sgomento e stupore! – arriva
al punto che egli le si sottomette realmente per elevarla, come se fosse lei la
signora e lui il servo. Ed è tanto sollecito nel colmarla di carezze, quasi che
egli fosse il suo schiavo ed essa il suo Dio! Tanto profonda è l’umiltà e la
dolcezza di Dio! In questa comunicazione d’amore egli esercita, in qualche
modo, quel servizio che, come ha promesso nel vangelo, presterà ai suoi eletti
in cielo, secondo cui si cingerà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a
servirli (Lc 12,37). In questo stato
egli si adopera per colmare di delizie e accarezzare l’anima come la madre che
coccola il figlio, nutrendolo al suo seno. Così l’anima può constatare la
veridicità delle parole di Isaia: I figli di Dio saranno portati al suo petto,
sulle sue ginocchia saranno accarezzati (Is 66,12).» [Cantico
Spirituale B, 27,1]
La Vergine Immacolata ci accompagni con la sua intercessione
affinché – in questo tempo di Avvento – ne seguiamo con docilità le orme “dovunque
ci condurrà” e possiamo così arrivare anche quest’anno alla grotta di Betlemme
per rivivere il «miracolo di quell’incontro»
che «unico» può rendere “viva” nuovamente
la nostra vita…
P. Aldo Formentin ocd