sabato 12 marzo 2016

La misericordia è il futuro della nostra libertà

MEDITIAMO CON P. ALDO FORMENTIN
QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA
1s 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

La misericordia è il futuro della nostra libertà

« Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo,
perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato»
                                                 [Papa Francesco, Misericordiae Vultus n.2]


1.      «Neanch’io ti condanno».
Tutti i testi di questa Domenica additano nel futuro la salvezza di Dio, che crea la realtà nuova verso cui noi camminiamo. E questo proprio come preparazione alla settimana di passione. È proprio qui che la «realtà nuova», la salvezza definitiva viene realizzata. Anzi, tutta la nostra vita dovrà consistere nell’accostarci a questa azione di Dio.
Il Vangelo ci mostra dei peccatori che di fronte a Gesù accusano un’altra persona peccatrice. Gesù, che scrive per terra, è come assente. Solo due volte interrompe il suo silenzio: la prima, per raccogliere accusatori e accusata nella comunione della colpa:“Chi di voi è senza peccato getti per prima la pietra contro di lei”; la seconda volta - non potendo più nessuno accusare un altro - per manifestare il suo perdono: “Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata?... Neanch’io ti condanno”.
Di fronte al muto dolore di Gesù per tutti, anche ogni accusa deve ammutolire,  poiché «Dio ha rinchiuso tutti nella stessa disobbedienza», non per punirli – come gli accusatori vorrebbero – ma «per aver misericordia di tutti» (Rm 11,32). Che nessuno possa accusare la donna lo si deve non soltanto alle prime parole di Gesù, ma di più alle seconde. Egli, infatti, ha patito per tutti per acquistare per tutti il perdono del cielo e – a causa di questo – nessuno può più accusare l’altro davanti a Dio.

2.      «Dimentico ciò che sta dietro di me».
Paolo nella seconda lettura è del tutto sopraffatto dal perdono che Dio dona attraverso la passione e la risurrezione di Gesù. Nessun’altra cosa ha ancora valore accanto a questa verità: tutto viene gettato via come «spazzatura» per raggiungere l’evento della Passione e della Pasqua di Cristo. “Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed esser trovato in lui… perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.”
Egli sa che tutto questo che è successo è il nostro vero futuro verso cui camminiamo, a cui andiamo incontro. E camminando su strada diritta, senza guardare né a destra né a sinistra: solo con la «mèta davanti agli occhi»!
E siccome la mèta è presenza – l'uomo è da Cristo già «afferrato» – occorre corrergli incontro, senza l’idea di aver lui stesso afferrato. Paolo lo afferma due volte: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione, ma mi sforzo per conquistarla … non ritengo ancora di averla conquistata”…
 Il cristiano non guarda indietro, ma sempre in avanti: tutta la sua esistenza riceve il suo senso da questa corsa. “So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù”.
Se noi andiamo incontro a Cristo, ogni sguardo indietro alla colpa commessa per crucciarci di essa non può che far danno, perché essa è perdonata!

3.      «Ecco, faccio una cosa nuova».
La prima lettura ci ricorda che già l'Antico Testamento ha fatto dello sguardo verso l’avanti un comandamento: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche».
In Israele era un costume profondamente inciso quello di ripensare all'inizio della salvezza, alla liberazione dall'Egitto, certamente con l'idea che questa memoria dell'inizio dovesse fortificare la fede nel Dio che ora camminava con il popolo. Ma Dio non vuole che essi restino fermi a questo sguardo all'indietro, soprattutto non ora che questo sarebbe un ripensare al tempo dell’esilio: egli promette una «cosa nuova». Qualcosa che viene già in primo piano: “Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”. La sua venuta si può proprio «notare»… come nel Nuovo Patto lo Spirito Santo, che viene donato ai credenti come «caparra» per la vita eterna.
Così Dio apre una via per Israele attraverso il deserto della storia verso la salvezza: “aprirò anche nel deserto una strada”. E per noi, che siamo salvi proprio attraverso il suo perdono, apre una via verso l'eterna beatitudine…
 Ed è proprio l’esperienza di questa beatitudine che S. Teresa di Gesù ci insegna quando nel Libro della sua Vita scrive: “Mi conforta sentir battere l’orologio, perché mi sembra di avvicinarmi un pochino di più al momento di vedere Dio, costatando che è passata un’ora di vita”![V 40,20].

L’Addolorata ci accompagni lungo la Via Dolorosa in questo Tempo di Passione, affinché il seguire l’Uomo dei Dolori – Gesù – confermi in noi la certezza della possibilità di una vita sempre piena di speranza, di un futuro per noi buono… Risorto!