sabato 25 marzo 2023

Meditazione sul Vangelo della Domenica


  Dopo il racconto della passione, il brano della resurrezione di Lazzaro è il testo più lungo del Vangelo di Giovanni. Un miracolo, senza dubbio, il più grande e più spettacolare. Anche perché, nella logica del IV Vangelo, è molto più di un miracolo. Nel Vangelo di Giovanni, infatti, quelli che gli altri evangelisti chiamano miracoli, sono detti segni. Sono presentati così, perché si capisca che, per capirne il significato profondo, bisogna guardare oltre ciò che accade. Perfino nel caso, come qui, della risurrezione di un morto così spettacolare.

In occasione della guarigione dell'uomo cieco dalla nascita, su cui abbiamo meditato la settimana scorsa, quando i discepoli gli chiesero chi fosse il responsabile della sua cecità, Gesù rispose che nessuno era responsabile, ma che quel pover’uomo era lì davanti a loro "perché si manifestassero in lui le opere di Dio". Perché si rivelasse, cioè, chi era Lui, Gesù, ossia la Luce del mondo. Lo stesso qui. Le sorelle di Lazzaro gli mandano a dire che il loro amico è malato, e Gesù afferma che questa malattia non finirà con la morte, "ma - aggiunge - servirà alla gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato".

Ed è così, non tanto perché Gesù riporta in vita l’amico Lazzaro, ma perché, con questo miracolo, segnala il suo potere assoluto anche sulla morte e anticipa la sua risurrezione. Prima di questo suo amico, Gesù ha già risuscitato altri due morti, il figlio della vedova di Naim (Lc 7,11-17) e la figlia di Giairo (Mc 2,21-43). In tutti e tre i casi si tratta del più grande dei miracoli, ma ciò che veramente conta è il loro significato cristologico o di rivelazione.Nel momento dell’accaduto, la morte del suo amico, Gesù piange e lo riporta in vita anche per l’affetto che lo lega a lui e alle sue sorelle, ma oltre a questo c’è il significato di quel gesto. Non c’è scampo, infatti. Lazzaro, come tutti, dovrà morire di nuovo, quando verrà la sua ora. Gesù stesso morirà, ma - ed è qui che avviene il vero miracolo una volta per tutte! - essendo il Figlio di Dio e non semplicemente nato da donna, non resterà nel sepolcro per più di due notti. Tornerà alla vita, e non semplicemente a una vita di qualche anno, come Lazzaro, ma alla vita che gli appartiene da sempre come Dio e che, raggiungendola anche come uomo, diventa accessibile anche a tutti noi, altrimenti mortali e destinati semplicemente alla fossa.

Al di là del prodigioso miracolo, dunque, il richiamo in vita del suo amico non è altro che il segno anticipato di questa potenza divina che, in Gesù, raggiunge poi tutti. La morte rimane la conclusione della nostra vita sulla terra, ma non della vita nella sua pienezza. Per questo Gesù, a Marta disperata, anche se, in quel momento, non lo può capire, dice: "Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me, anche se è morto, vivrà; e chi è vivo e crede in me non morirà mai".

"Credi questo?", le chiede Gesù. "Sì, o Signore", risponde, "io credo che tu sei il Cristo (Messia), il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo". Il racconto della risurrezione di Lazzaro è stato scritto per condurci a questa stessa confessione e a molto di più di quanto Marta potesse capire in quel momento. Egli è la risurrezione e la vita e chi crede in Lui, anche se è morto, vivrà. A differenza di Marta, infatti, noi sappiamo che Gesù non è solo il Messia che doveva venire nel mondo e “figlio di Dio" adottato a quello scopo [vedi il salmo messianico 110 che dice “io oggi ti ho generato” per l’intronizzazione di qualsiasi re d’Israele], ma il Figlio di Dio da sempre che ha voluto farsi nostro fratello. Mortale in questo mondo, ma Signore del sepolcro, come Dio, anche per noi.

"Il Signore non ci ha fatti per la tomba", diceva un prete morto di recente, servendo i suoi parrocchiani ammalati di Covid, "ma per un mondo molto più vasto e felice". Sceso, infatti, negli inferi, Gesù ne esce trascinandosi dietro tutta l’umanità, come si “legge” nelle icone pasquali d’oriente, dove il Risorto prende per mano Adamo ed Eva e se li trascina dietro con tutti i loro innumerevoli figli.