venerdì 5 dicembre 2025

Scuola di formazione. Sintesi dell'incontro con padre Fermin

 


La relazione di p. Francisco Javier Sancho Fermin, ocd sul tema della conoscenza di sé in rapporto a Teresa di Gesù, si è aperta con una testimonianza personale del padre e della sua scoperta di quanto sia un tema particolarmente sentito nel Carmelo, anche da Giovanni della Croce. “È di grandissima utilità nella nostra crescita spirituale e anche nel nostro camino di preghiera”. E lo è ancora di più nella realtà del processo formativo

P. Fermin ha presentato un power point per aiutare a seguire alcuni spunti dati nel corso del suo intervento volto a far comprendere l’importanza che la conoscenza di sé ha per quelli che vogliono fare un cammino di formazione nella scuola della spiritualità carmelitana.

È certamente importante anche nella propria vita comprendere chi sono io, di chi veramente fa parte della mia vita e della mia storia. C’è – spiega il padre - una domanda sempre presente nel nostro processo umano. Fa parte  della storia dell'umanità, della filosofia e del cuore di ogni riflessione. La ricerca della verità che troviamo molto presente nel vangelo, anche se non si parla direttamente della conoscenza di sé è qualcosa che è implicito in tanti racconti, in tanti scene evangeliche.

 Pensiamo all’incontro, nel Vangelo di Giovanni, fra Gesù e la samaritana. P. Fermin ci ha esortato a considerarlo un dialogo e sommamente importante per capire qual è il metodo che adotta Gesù con la persona che ha di fronte a sè: l’aiuta a comprendere qual è la sua sete più profonda? In lei e dal mondo in cui è vissuta emerge il bisogno di essere amata quella necessità di amore che ha cercato e che ne rivela anche la capacità di amare. Anche noi nel rivedere la nostra vita possiamo comprendere ciò che più ci importa. Altri due  momenti come l’atteggiamento orante del fariseo e del pubblicano e il dialogo di Gesù con Nicodemo rivelano il cuore dell’uomo.

Nei testi di Teresa indicatici nel power point e in quelli di Giovanni della Croce l’esigenza di conoscersi emerge in vari modi. L'esercizio del riconoscere se stessi. È la prima cosa che l'anima deve fare per raggiungere al riconoscimento la conoscenza di Dio. E nel 1º libro della Notte Giovanni della Croce spiega che il primo frutto che produce questa notte asciutta e oscura della contemplazione è conoscere se stessi. E la propria miseria.

 Questi testi ci danno chiaramente non una portata chiara dell'importanza e per i nostri santi ha questa conoscenza di sé come fondamento di tutta la vita di preghiera.

  Ciò che Dio vuole di noi, non è altro che portare a compimento il progetto per il quale ci ha pensato dall'eternità. Ed è questa un'idea che troviamo chiaramente in Teresa e Giovanni della Croce, la ritroveremo in Edith Stein, Elisabetta della Trinità e altri santi carmelitani. La psicologia spiega  che normalmente è il nostro modo di comportarci e creare relazioni è legato, tante volte, al concetto che abbiamo di noi stessi. Edith Stein, nei suoi studi di antropologia, invitava pertanto ad andare al senso più profondo della vita e dell'esistenza di noi stessi. Nella fede dobbiamo poterci rapportare a Dio, conoscere la sua essenza e la nostra che è fortemente attratta dalla sua.

Nei processi iniziali del cammino spirituale e del cammino della preghiera emerge la necessità di accompagnamento. E’ importante che le persone ci aiutino veramente a capire le realtà con le quali ci confrontiamo nel momento in cui ci addentriamo nel silenzio. Ascoltarsi è fondamentale. Non bisogna mentire a se stessi, auto ingannarsi perché così non si va da nessuna parte. Il cammino che ci indica Teresa d’Avila ci porta al recupero di quella dignità dell’anima creata a immagine di Dio. Della sua bellezza.

Dove ci vogliono portare i nostri santi? Innanzitutto ci aiutano a capire i meccanismi della nostra realtà, della nostra natura, della nostra psicologia, della nostra mente. Ma soprattutto per rivelarci la ferita di ciò che mi identifica come persona, come credente, come carmelitano. Quale sa quella ferita sulla quale si fonda il vero senso della nostra vita, cioè. Scoprire e aiutare gli altri e scoprire qual è il vero senso essenziale ed esistenziale di sé stessi.

 Conoscere sé la propria anima è il presupposto che porta Teresa a parlarci del castello dell’anima, in cui ci parla della preghiera come la porta. Grazie ad essa entro in profondità fino a sentire la volontà di Dio non come elenco di cose da fare o non fare, ma come comunione. Ed è ciò che qualifica il cammino spirituale e la vita mistica di ciascuno.

Qui si può scaricare il power Point di p. Fermin

 Ecco le domande su cui confrontarsi:

  • Che importanza ha nella tua vita di preghiera la conoscenza di sé? Ti ha aiutato la preghiera a conoscerti più profondamente? Questo ti aiuta a percepire e vivere più profondamente l’amore di Dio?
  • Come aiutare quelle persone che cominciano la strada della preghiera a centrarsi sulla conoscenza di sé? Quali orientamenti e consigli pensi siano i più importanti di cui tenere conto?