domenica 29 gennaio 2023

Meditazione sul Vangelo della Domenica



Le folle sono presenti e costituiscono sicuramente la preoccupazione costante di Gesù come in tante altre occasioni ma, secondo l’esplicita annotazione dell’evangelista, il Maestro dirige il suo discorso ai dodici discepoli scelti perché stessero con lui. L’introduzione di Matteo è, infatti, chiara: Alla vista delle folle, Gesù salì sul monte e, come si fu seduto, si accostarono a lui i suoi discepoli.  Allora aprì la sua bocca per ammaestrarli dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati”, ecc.  

 Questa annotazione è molto importante, non perché la predicazione di Gesù in generale e le Beatitudini in particolare siano dirette solo ad alcuni sapienti privilegiati. Il ringraziamento che Gesù innalza al Padre in un’altra occasione per aver tenuto nascoste le cose del regno ai sapienti e ai saggi e averle rivelate ai semplici, sarebbe lì a smentirlo categoricamente. Il discorso è rivolto ai “discepoli”, poiché solo loro, avendo seguito Gesù da vicino, saranno in grado di capire ciò che Egli voleva dire con quella lunga lista di beatitudini.

 Gesù si esprime, infatti, con un linguaggio, non solo nuovo, ma provocatorio e rischioso se considerato solo in astratto. “Beati i poveri, beati quelli che piangono, beati gli affamati …”. Non solo ciò risulterebbe contrario alle bibliche benedizioni legate all’alleanza che promettono prosperità e vita a chi si mantiene fedele, ma sarebbero pericolose anche se suonassero solo in chiave consolatoria e, il futuro (saranno), fosse da riferire solo all’altra vita e non al regno che Gesù è venuto ad inaugurare sulla terra.

 Sarebbero veramente oppio per la povera gente e avrebbe ragione Marx. Il discorso delle beatitudini sarebbe una burla e perfino Gesù potrebbe apparire cinico nei confronti dei poveri, dei sofferenti e dei maltrattati. Lo sarebbe, come è stato sapientemente annotato, se Gesù stesse parlando dall’alto di un sontuoso palazzo. Parla, invece, così, solo perché tutte quelle situazioni che dichiara, inspiegabilmente, fonte di beatitudine, le sta vivendo Lui in prima persona.    

             I discepoli stanno lì e ascoltano. Ancora non capiscono neppure loro ma solo loro, come tutti i lettori del Vangelo, una volta intrapresa la stessa strada del Maestro, saranno in grado di comprendere perché Gesù parla così. Al momento della passione anche i discepoli fuggiranno, ma Lui tornerà da loro ed essi lo riconosceranno, e non avranno più paura di dare tutto, anche loro, come tutti quelli che riconosciamo santi.

 Non avevano capito neppure all’ultima cena, ma Gesù aveva voluto compiere un gesto profetico della sua passione che avrebbero dovuto ricordare bene. Dopo essersi chinato a lavare loro i piedi, infatti, aveva chiesto loro: “Capite che cosa vi ho fatto?”. “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.  Se dunque io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi”, aggiunse, “anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità vi dico: il servo non è più grande del suo padrone né l’apostolo è più grande di colui che l’ha mandato. Se capite queste cose, siete beati se le mettete in pratica” (Gv 13,12-17).

 Le beatitudini, al pari di tutto il Vangelo, sono comprensibili e vere, solo se rilette, da discepoli che si lasciano condurre dallo stesso Spirito alla scuola di Gesù. Egli, infatti, a differenza di tutti gli altri maestri, insegna con autorità propria, ossia, con la propria vita. Consegnando, cioè, come materiale del proprio insegnamento, solo l’esempio.

 Gesù è colui che “ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie” (Mt 8,17) e Colui che invita tutti coloro che soffrono ad andare a Lui per trovare sollievo: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi, e io vi darò sollievo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore; e troverete ristoro per le vostre anime. Poiché il mio giogo è soave e leggero è il mio peso!” (Mt 11,28-30).

 Anche l’inevitabile croce che esorta a portare non è una imposizione per coloro che vogliono seguirlo, ma un incoraggiamento a prenderla – la croce di ogni giorno – seguendo Lui e vedendo come Lui ha portato la sua che, peraltro, include anche il peso di tutte le nostre