sabato 29 ottobre 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica



Il racconto di questo incontro è pieno di dettagli molto importanti e rivelatori, a partire dalla curiosità di quell’uomo chiamato Zaccheo, capo dei pubblicani e, ovviamente ricco. Siccome tutti nella sua città di Gerico parlavano della venuta di un uomo di Dio nativo di Nazaret, anche lui volle andare a vederlo. Sarebbe andato senza farsi notare e sarebbe tornato a casa sua quanto prima, dato che, per essere al servizio degli oppressori romani, capo degli esattori e, inoltre, usuraio, sapeva bene che la gente lo disprezzava.


Giunse in tempo, ma subito si presentò un problema. La folla era molta ed egli, piccolo (basso di statura). Questo potrebbe sembrare un dettaglio insignificante, ma se lo confrontiamo con ciò che tra poco gli avrebbe concesso il Maestro, volendo mangiare a casa sua, la sua bassezza, anziché un ostacolo, risulta essere un vantaggio. Solo se ci sentiamo piccoli, infatti, possiamo capire l’amore di Dio per noi. Come lo sperimentò più di tutti la Vergine Maria che lo cantò, nel suo Magnificat, con queste parole: “L’anima mia magnifica il Signore, il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato la pochezza della sua serva”. Zaccheo non ha nulla in comune con la santità di Maria, ma si è collocato sul ramo più alto, e il Signore fissa gli occhi anche sulla sua miseria, rappresentata pure dalla sua piccolezza fisica.

Siccome la folla gli impediva di vedere Gesù, essendo basso di statura, Zaccheo corse più avanti, ci racconta l’evangelista, e salì su un sicomoro, una pianta della famiglia delle Moracee, molto diffusa in Africa e in Medio Oriente. Da quell’altezza, sperava di vedere Gesù senza essere visto, mentre, al contrario, fu proprio lui quello che guardò il Maestro. E non solo questo, ma – come se lo conoscesse da sempre – Gesù gli gridò: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”.

Parole che gli diedero subito una dignità insperata. Quell’uomo che tutti veneravano come santo e molti speravano persino che fosse il Messia, aveva scelto, lui, tra tutti! Non ebbe più né vergogna né timore. “Egli – scrive l’evangelista – scese in fretta e lo accolse pieno di gioia [in casa sua]”.

Ciò che segue è molto importante e molto semplice allo stesso tempo. Gesù partecipa al banchetto che Zaccheo gli è corso a preparare, e la gente “buona”, anziché essere contenta, mormora: “È entrato in casa di un peccatore!”.

Lo stesso ritornello di sempre! Ancora non si sapeva che Gesù era il Figlio di Dio inviato proprio per redimere e aiutare tutti, ciascuno a suo modo peccatore, a vivere come suoi fratelli. Solo Zaccheo, il più peccatore di tutti, ma, allo stesso tempo rappresentante del lettore cristiano del Vangelo, lo capisce, si rallegra e si converte.

Se, poi, ci volessimo domandare quale fu la parola di Gesù che lo colpì ancor più della venuta a casa sua, la troveremmo nel modo del tutto originale di invitarsi del Maestro. Infatti, non gli aveva detto: “Zaccheo, scendi subito, perché desidero fermarmi a casa tua”, ma: “Zaccheo, scendi subito, perché è necessario che (devo) oggi mi fermi in casa tua”.

Precisamente lo stesso verbo (è necessario) che Gesù impiega quando anticipa, ai suoi, il compimento della sua missione. Come in Mc 8,31, dove l’evangelista scrive che Gesù cominciò a spiegare ai discepoli che doveva (che era necessario) soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, patire la morte e dopo tre giorni risorgere.

Gesù, dunque, non va a casa di Zaccheo perché lì è sicuro di trovare da mangiare per sé e per i suoi discepoli, ma neppure semplicemente per esortarlo a comportarsi meglio. Infatti, non gli dice nulla. Zaccheo si alza spontaneamente, e la conversione gli sale dal di dentro, perché ha capito che il Signore, non solo ha voluto, ma si è sentito in dovere di andare a casa sua. “Ecco”, disse a Gesù, “io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”.

“Oggi per questa casa è venuta la salvezza”, commentò da parte sua Gesù, “perché anch'egli è figlio di Abramo”. “Il Figlio dell'uomo, infatti”, aggiunse per giustificare la sua decisione di entrare in casa di Zaccheo, “è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Con la salvezza con cui Gesù entra in casa di Zaccheo, continua a desiderare di entrare anche nelle nostre case, ma è necessario aprirgli le porte e affrettarsi a scendere dai nostri alberi per accoglierlo pieni di gioia. Lo sta chiedendo anche a noi con le parole dirette alla Chiesa di Laodicea nel libro dell’Apocalisse: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).