sabato 8 ottobre 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 La gratitudine, “memoria del cuore” secondo Jean Baptiste Massieu (1743-1818), è uno dei sentimenti più degni dell’uomo. Si intende la gratitudine affettuosa che si prova per chi ci ha fatto del bene e col quale abbiamo caro sentirci in debito. Al contrario del clientelismo, la gratitudine è una risposta libera e generosa per un favore ricevuto.

 Un sentimento naturale, forse istintivo, ma non per questo del tutto garantito. Infatti, l’evangelista Luca ci racconta che, un giorno, si presentarono a Gesù dieci lebbrosi desiderosi di essere guariti. Il Signore li inviò dai sacerdoti del tempio affinché – secondo le vigenti norme di purezza – confermassero la loro effettiva guarigione con la possibilità di tornare alla vita sociale. I dieci furono guariti, ma soltanto uno di essi sembrò rendersi conto che doveva la sua guarigione alle mani del profeta di Nazaret.

 

Uno di loro – racconta l’evangelista – vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano”, nota con intenzione l’evangelista per introdurre le parole dello stesso Gesù che, di fatto, domandò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo [samaritano] straniero?”.

Il fatto, riferito dall’Evangelista Luca, mostra almeno tre cose.

Il primo insegnamento è che la gratitudine, benché sembri spontanea, non è così frequente come si potrebbe immaginare e non coincide con il semplice sentimento, ma è una virtù che deve essere assimilata. Il secondo si riferisce a Gesù che, nonostante sia il Signore e l’unico capace di dare sempre senza aspettarsi nulla in cambio, gradisce, anche Lui, il ringraziamento. Il terzo riguarda direttamente il lebbroso e la sua pace interiore.

 Nelle parole a lui dirette da Gesù – “Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!” – si potrebbe leggere, implicita, una condanna alla ricomparsa delle ulcere sulla pelle dei nove ingrati, ma il messaggio evangelico non è questo. tutti sono stati guariti e così rimangono. Non è nello stile di Gesù fare il bene e poi pentirsene! Solo che, tra la situazione del samaritano che ringrazia e quella degli altri nove, c'è una differenza quasi abissale. Ai nove che si sono presentati ai sacerdoti per ricevere la certificazione che ha loro permesso di tornare alle relazioni sociali che la lebbra aveva loro precluso, mancherà per sempre la gioia di sentirsi grati al loro benefattore. Per così dire, non hanno chiuso il cerchio e non sentono di essere stati salvati.

Il samaritano che è tornato a ringraziare, invece, non solo si sente completamente guarito nella pelle, come gli altri nove, ma anche salvato. “Alzati e va'”, gli dice infatti, Gesù, con un verbo diverso da quello del guarire, “la tua fede ti ha salvato”.

 Forse, il povero samaritano, pur sperimentando nel suo cuore la gioia della gratitudine e del gradimento di Gesù per essere tornato, non poté capire tutto ciò che significava questa differenza (tra essere guarito ed essere salvato), ma lo capisce bene il lettore cristiano. Il credente sa che Gesù guariva molte persone nel suo continuo muoversi per la Galilea, la Giudea, la Samaria e per altre terre limitrofe, ma che, fu dalla croce e per sempre, che salvò e continua a salvare tutta l’umanità. Una salvezza totalmente gratuita, ma che, senza la nostra “memoria del cuore”, difficilmente è percepita.