domenica 25 settembre 2022

Piccole storie per l'anima - 64

 


La strana epidemia si abbatté sulla città all'improvviso. Coloro che ne erano colpiti diventavano prima avidi, poi prepotenti e arraffatori, perfino ladri. E tremendamente sospettosi gli uni degli altri. Si sentiva parlare solo di soldi, cambi, tassi di interesse e azioni che andavano su o giù. 

      Solo un eremita conosceva il rimedio: «Conosco la malattia che ha colpito il vostro villaggio. È dovuta a un virus terribile, perché chi è colpito diventa sempre più insensibile, il suo cuore si indurisce fino a diventare di pietra e al posto del cervello si forma un pallottoliere. C'è un solo rimedio: l'acqua della Montagna Che Canta. 
      Dovete trovare un giovane forte e coraggioso, completamente disinteressato. Deve affrontare questo impegno solo per amore della gente. Perché l'acqua della generosità funziona solo se è veramente voluta, aspettata, accolta. È logico, no? La medicina farà effetto solo se ci sarà qualcuno ad aspettarla».          
       Ma appena gli aspiranti eroi venivano a sapere che non ci avrebbero guadagnato niente, si ritiravano. Tutti, meno uno. Si chiamava Giosuè. «Noi ti aspetteremo», promise la gente. «Metteremo una luce sulla finestra tutte le notti, così saprai che ti aspettiamo». Giosuè baciò la mamma e il papà e abbracciò Mariarosa, la sua fidanzata, che gli sussurrò: «Anch'io ti aspetterò». 
      Salutò tutti e partì. Dopo dieci giorni di marcia, le montagne continuavano ad apparire lontane, come profili di giganti dormienti. Ma Giosuè non si fermava. Pensava agli abitanti della città che certamente si ricordavano di lui e lo aspettavano, ai suoi genitori e a Mariarosa e, ogni mattina, anche se i piedi gli dolevano ricominciava la marcia. Passarono altri dieci giorni, poi dieci mesi. Nella città, le prime notti erano state un vero spettacolo. Sui davanzali di quasi tutte le finestre brillava una luce. 
     Era il segno della speranza: aspettavano l'acqua della generosità portata da Giosuè. Ma con il passare del tempo molte lampade si spensero. Alcuni se ne dimenticarono semplicemente, altri, colpiti dalla malattia, si affrettarono a spegnerle per risparmiare. La maggioranza dei cittadini, dopo qualche mese, scuoteva la testa dicendo: «Non ce l'ha fatta. Non tornerà più». 
     Ogni notte c'era qualche luce in meno alle finestre. Il ritorno di Giosuè fu molto più rapido dell'andata. Portava sulle spalle una botticella della preziosa acqua. Una notte senza luna e senza stelle, Giosuè arrivò sulla collina da cui si vedeva la città. Guardò giù ansimando, perché aveva fatto di corsa gli ultimi metri. Quello che vide gli riempì 'gli occhi di lacrime e il cuore di amarezza. La città era completamente avvolta dal buio. Non c'erano luci sui davanzali delle finestre. Nessuno lo aveva aspettato.
     «È stato tutto inutile ... Se nessuno mi ha aspettato, l'acqua non farà effetto ... Tutta la mia fatica è stata inutile». Si avviò mestamente. Aveva voglia di buttar via quell'acqua che gli era tanto costata.
  Stava per farlo, quando qualcosa lo fermò. C'era una luce, laggiù!  Un lumino, piccolo, tremante, lottava con la notte, in mezzo ai muri neri delle case. Giosuè rise di felicità e partì di corsa. Bussò. 
      Si affacciò un volto dolce e conosciuto. «lo ti ho sempre aspettato», disse Mariarosa,
semplicemente.

All'improvviso Gesù chiese:
«Quando il Figlio dell'uomo tornerà sulla terra, troverà ancora la fede?»
(Vangelo di Luca 18,8)

Un'anima, quanta più ama, tanto più è perfetta in ciò che ama.
(S. Giovanni della Croce)