Beati voi, poveri … guai a voi, ricchi!
17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era
gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da
Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. […] 20Ed egli, alzàti gli occhi
verso i suoi discepoli, diceva: "Beati voi, poveri, perché vostro è il
regno di Dio. 21Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati
voi, che ora piangete, perché riderete. 22Beati voi, quando gli uomini vi
odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il
vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. 23Rallegratevi in
quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. 24Ma guai a voi,
ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. 25Guai a voi, che ora
siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel
dolore e piangerete. 26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo
stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. (Lc 6,17.20-26)
Riguardo a questa notevole differenza non vale la pena
domandarsi quale sia la versione più originale, perché, come sappiamo, ogni
evangelista redige il proprio Vangelo adattando l’essenziale ricevuto dalla
tradizione al suo progetto e in vista del pubblico al quale si rivolge
nell’immediato (Matteo, per esempio, a cristiani di origine ebraica e Luca ad
altri di origine pagana). Forse, lo stesso Gesù non le pronunciò in un solo
giorno né in un solo luogo, e gli evangelisti raccolsero i vari detti del
Maestro e li collocarono dove a loro pareva meglio. I quattro Evangelisti,
dichiara lo stesso Concilio Vaticano II, trasmettono fedelmente ciò che Gesù,
Figlio di Dio, fece e insegnò, ma scrissero i loro Vangeli tenendo presente la
situazione delle rispettive Chiese (cf. Dei Verbum, 19).
La radicalità della versione di Luca che, a differenza di
quella di Matteo, dove si parla di “poveri in spirito”, parla direttamente dei
poveri e di coloro che soffrono fisicamente fame e sete, e vi insiste con i quattro
“guai” contro i ricchi e contro i sazi, vuole confermare ciò che Gesù dice in
altre occasioni. Che, per esempio, “nessuno può servire due padroni […]:
servire a Dio e alla ricchezza (mammona)” (Lc 16,13).
Ma bisogna capirlo
bene!
Ed è proprio per questo che Matto aggiunge “in spirito”. Non
per sminuire, ma per sottolineare che non si tratta di avere o non aver denaro,
ma del suo uso e dell’attaccamento alla ricchezza. Infatti, le beatitudini,
come tutti gli insegnamenti di Gesù, non costituiscono un programma morale
(cioè, quello che ci si deve impegnare a fare), ma sono la luce che brilla nel
modo di vivere dello stesso Gesù che, nonostante abbia, come tutti, bisogno del
denaro necessario per vivere e gente che lo aiuti[1],
non proclama le beatitudini da un ricco palazzo di Tiberiade, ma stando vicino
alla gente che ama. Infatti, se le guardiamo bene, le beatitudini presuppongono
la bontà del Padre, che fa sorgere il sole sopra buoni e cattivi, che ama tutti
gli uomini, ma bisogna che lo intendiamo con la
spontaneità dei bambini e dei bisognosi anche, se non lo siamo e non dobbiamo
necessariamente esserlo nel senso materialmente radicale.
Ci può aiutare a capire questa sollecitudine del Padre, un
aforisma arabo che, parlando del sentimento di una madre, è come se parlasse
del modo di fare di Dio. Se noi ci chiedessimo, recita quel detto, qual è il
figlio preferito di una madre [di Dio, potremmo leggere noi], la risposta non
potrebbe essere che la seguente: “Il piccolo, sino a che non diventi grande, il
malato, sinché non sia guarito, quello che si è allontanato da casa, sinché non
torni”. Infatti, ciò che può renderci beati non è la povertà o il pianto, cose
che, oltretutto, sono da combattere, soprattutto negli altri, ma l’essere
sicuri di operare, in qualsiasi momento, per il Regno di Dio e nel godere della
consolazione del Padre in Cristo.
Quanto alla differenza di luogo (il monte in Matteo e la pianura
in Luca), sembra che i due evangelisti si riferiscano allo stesso Mosè, ma in
due momenti diversi. Matteo, volendo porre in rilievo il parallelo tra Mosè che
riceve la Legge sul monte Sinai e Gesù che dà la sua legge su un altro monte.
Luca, invece, pensando a Mosè che scende dal monte per portare al popolo il
messaggio ricevuto da Dio e, presentando Gesù che parla nella pianura vicino
alla gente, vuole sottolineare la Sua vicinanza a tutti. Una cosa che risulta
più chiara, se, tornando un po' indietro nello stesso capitolo di Luca, ci
rendiamo conto di ciò che significano le parole con le quali inizia il Vangelo
di questa domenica (Disceso con loro).
“In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò
tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e
ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale
diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni,
Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto
Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso
con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli
e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale
di Tiro e di Sidone” (Lc 6,12-17).
[1]
Basta leggere ciò che scrive Luca in
8,1-3, parlando di Gesù, il quale “In seguito egli se ne andava
per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di
Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti
cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti
sette demòni; Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode; Susanna e
molte altre, che li servivano con i loro beni”.