sabato 26 giugno 2021

Meditazione sul Vangelo della Domenica

“Figlia, la tua fede ti ha salvata”

 

21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: "La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva". 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: "Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata". 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. 30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi ha toccato le mie vesti?". 31I suoi discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"". 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male". 35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, soltanto abbi fede!". 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: "Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico: alzati!". 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

( Mc 5,21-43 )

Il Vangelo di questa domenica è molto lungo e ci parla di due miracoli dai quali abbiamo molto da imparare. Infatti, sono opere di Gesù, ma anche della fede che li provoca. La fede del padre della bambina agonizzante che, al veder passare Gesù, gli si avvicinò e, nonostante fosse il capo della sinagoga, si gettò ai suoi piedi, pregandolo con insistenza di andare a casa sua per guarirla. Non ha nessun dubbio, gli basta che Gesù imponga le mani sopra sua figlia, perché guarisca e viva. In questo caso, non essendo la bambina a chiedere il miracolo, è sottolineata l’importanza della preghiera degli altri e per gli altri, sebbene la richiesta di quel padre sia spontanea e interessata. In effetti, però, neppure il solo interesse basterebbe, ma quell’uomo, per il modo con cui supplica Gesù, dimostra allo stesso tempo totale fiducia in Lui.

Anche la donna che soffriva di perdite di sangue era interessata alla sua guarigione, perché non solo aveva sofferto nel suo corpo, ma anche nel suo spirito, oltretutto, spendendo inutilmente tutto il suo capitale. Ora, tuttavia, sentendo parlare di Gesù, non si trattiene e, sicura che le basterebbe toccargli il mantello, si mette tra la gente e lo tocca, provocando lei stessa, il miracolo. Infatti, non solo ella sentì immediatamente cessare il flusso delle sue emorragie e che il suo corpo era guarito, ma lo stesso Gesù si rese conto che in quel momento, una forza speciale era uscita da Lui. Per questo, nonostante ci fosse molta gente che gli si accalcava attorno, voleva sapere ad ogni costo chi avesse toccato il suo mantello.

Gesù non aveva sentito nulla quando la gente lo pressava e spintonava. Al contrario, aveva distinto questo tocco del suo mantello, delicato e deciso insieme! Non solo questo, ma si era anche reso conto che, senza saperlo, aveva guarito qualcuno. Continuava a guardare attorno, per indovinare chi avesse provocato questa forza sanatrice. E fu per questo che, alla donna tremante infine scoperta, disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.

 E giungiamo così all’altro miracolo.

Stava ancora parlando con quella donna, quando giunsero da casa del capo della sinagoga per dirgli che non importunasse più il maestro perché sua figlia era ormai morta. Tuttavia, udito ciò, Gesù, disse al capo della sinagoga di non temere e di continuare ad avere fede. “Non temere”, gli disse, sottolineando la forza miracolosa della perseveranza nella fede, “soltanto abbi fede”.

 Prendendo con sé Pietro, Giacomo e Giovanni (gli stessi tre testimoni della sua trasfigurazione sul Tabor e dell’agonia nell’orto degli ulivi), passando nel trambusto di quelli che piangono e si lamentano ad alta voce, Gesù entra deciso nella casa. Suscitando le risa di tutti, dice che la bambina non è morta, ma addormentata.

 Nel dire questo, Gesù non vuole affermare che non è morta, tutto il contrario. Nella Bibbia, il sonno è anche la metafora della morte, come si può vedere nel libro di Daniele, dove i morti sono definiti come “coloro che dormono nella polvere della terra” (Dan 12,2). La stessa cosa che, peraltro, Gesù dice ai suoi discepoli quando giunge loro la notizia che Lazzaro è morto: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo” (Gv 11,11). Ugualmente qui. Gesù vuole assicurare che va a svegliare la bambina non solo dalla sua morte fisica, ma da una situazione di morte più profonda.

 Con i genitori della bambina e i suoi accompagnatori, le si avvicinò e la prese per la mano e, in aramaico (la lingua che si parlava allora in Israele), le disse: Talithá qum, che tradotto nel greco del Vangelo (to korasion, soi lego, égeire), significa: “Fanciulla, parlo con te, alzati”. La fanciulla “subito si alzò (anéstê) e camminava; aveva infatti dodici anni”, aggiunge l’evangelista Marco.

 I due verbi dell’alzarsi (égeire e anéstê), nel Nuovo Testamento hanno, oltre il significato del semplice alzarsi, anche quello del risorgere riferito alla risurrezione di Cristo. Forse per questo, l’evangelista scrive che i genitori della bambina e i tre discepoli, non solo furono pieni di gioia, ma che “furono presi da grande stupore”, quasi fossero entrati in uno stato di estasi. Infatti, questo secondo senso può essere compreso solo tenendo presente la risurrezione di Gesù.

 Risulta un po' più difficile capire perché l’evangelista abbia voluto informare il lettore che quella bambina “aveva dodici anni”. Potrebbe sembrare un dettaglio di nessuna importanza, ma, guardandolo bene, ci rendiamo conto che non si tratta di una semplice informazione sui dati personali, ma, di un altro modo di introdurre la stessa allusione alla risurrezione.

 Sebbene gli altri due Sinottici (Matteo e Luca) – tralasciando l’età della bambina – non abbiano questo dato specifico, il significato bisogna cercarlo nel parallelo tra i dodici anni della fanciulla e i dodici anni da quando la donna guarita da Gesù dalle sue emorragie, che nel Vangelo di Marco è molto evidente. Un parallelo tanto esplicito (dodici anni / dodici anni) che esige di trovarne il senso.

 Oggi è per noi inaccettabile, ma a quel tempo, a dodici anni una ragazza, sul pungo di divenire donna, stava per abbandonare la dipendenza dai suoi ed entrare in una esistenza propria. La stessa autonomia attesa dalla donna adulta, limitata a causa della sua malattia che la rendeva impura, infeconda e incapace di relazioni sociali.

 In questi miracoli, quindi, come in tutti gli altri compiuti da Gesù, c'è molto di più di semplici guarigioni. Anche attraverso questo numero simbolico (i dodici anni), l’evangelista vuole sottolineare che Gesù, oltre ad assicurarci la risurrezione dopo la morte, è Colui che è venuto a svegliare tutti per una vita autentica e libera, come la sua, quella da figli di Dio. In questo senso, la bambina “camminava”, non semplicemente sul pavimento di casa, ma per una nuova via.

 Per capire questo però occorre la fede nella risurrezione di Gesù, nostro fratello maggiore. Per questo, come quasi sempre dopo un miracolo, Gesù raccomandò “che nessuno lo venisse a sapere” e, preoccupandosi della cosa più ovvia, disse ai genitori della bambina, “di darle da mangiare”. Un “dar da mangiare” che, tuttavia, per i lettori credenti, può avere anch’esso un significato spirituale. Come Elia nel lungo cammino verso il monte del Signore, l’Oreb (cf. 1Re 19), anche la fanciulla ha, infatti, bisogno di nutrirsi nel suo cammino verso la vita nuova in Cristo.