domenica 11 aprile 2021

Meditazioni sul Vangelo della Domenica

" Abbiamo visto il Signore"

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». 24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». 26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». 30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.  (Gv 20, 19-31).

Il Quarto Vangelo terminava con queste parole (vv. 30-31) molto simili a quelle del capitolo 21 aggiunto dopo da un discepolo di Giovanni: “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Gv 21, 25). In questa prima conclusione che spiega perché i Vangeli sono stati scritti, c'è un’espressione della quale abbiamo due versioni. Nella versione ufficiale si legge che “sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. In un piccolo numero di antichi manoscritti, invece, si legge “perché continuiate a credere”.
Anche se il testo ufficiale (perché crediate) è quello che compare nella maggioranza dei manoscritti ed è, quindi, il più autorevole, l’altro aggiunge una sfumatura (perché continuiate a credere) preziosa per noi che siamo già (abbastanza) credenti. Ci ricorda che, se cessiamo di ricorrere ai Vangeli, soprattutto in forma di attento ascolto, sarà come se smettessimo di pregare. La nostra fede si affievolirebbe e persino potrebbe morire. Sì, perché, affinché continuiamo a credere, dobbiamo pregare e ascoltare ciò che il Signore vuole dirci per mezzo dei Vangeli.
Con questo proposito torniamo all’incontro di Gesù risuscitato, prima con gli Apostoli alla sera di quel giorno, il primo della settimana, quando Tommaso non c’era e, dopo, all’ottavo giorno successivo, quando anch’egli era con loro.
Ciò che accade nel primo incontro include tutto il mistero pasquale, compresa l’Ascensione e la Pentecoste che Luca narra come momenti giustamente distinti. Infatti, se Gesù soffia sui discepoli dicendo “ricevete lo Spirito Santo”, è perché già è salito al Padre, anche se poi continuerà ad apparire e, dopo un po' di tempo (i simbolici quaranta giorni), non si lascerà più vedere (il giorno dell’Ascensione narrato da Luca in At 1, 6-9, seguito dal giorno di Pentecoste, descritto in At 2, 1-13). Lo aveva detto molto chiaramente lo stesso Gesù: “È bene per voi che io me ne vada [al Padre], perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore” (Gv 16, 7).
Quanto accade all’ottavo giorno nel secondo incontro, parla di Tommaso che non crede e poi, dopo aver messo il dito e la mano nelle ferite di Gesù, professa la sua fede in un modo perfino eccedente la propria capacità del momento (mio Signore e mio Dio!”, dice a Gesù). In realtà, però, parlando di Tommaso, l’evangelista si sta riferendo soprattutto a noi. Anzi, è lo stesso Signore che ci parla e ci definisce beati per la fede che abbiamo in Lui. A Tommaso riconosce il merito di aver creduto, perché nelle ferite del suo corpo risorto ha saputo riconoscere la sua divinità (ha visto e ha creduto), ma la beatitudine è per noi che non abbiamo avuto l’opportunità di un incontro tanto personale.
“Beati”, dice Gesù, pensando a noi, “coloro che credono senza aver visto”. Infatti, la nostra fede – oltre ad essere un dono sempre immeritato – si fonda, attraverso il Vangelo, sulla parola di coloro che videro allora, e sulla fede dei santi come Francesco d’Assisi e Teresa di Gesù, che, pregando, continuarono a credere e a confermare che Gesù è presente, al nostro fianco “sempre sino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).
 
P. Bruno Moriconi, ocd