sabato 16 gennaio 2021

Meditazione sul vangelo della Domenica

 "Venite e vedete"

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbi - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro. (Gv 1, 35-42).


MEDITAZIONE

Una pagina meravigliosa, nella quale si incrociano gli sguardi e le persone si incontrano e trovano quello che, talvolta senza saperlo, andavano cercando. Quelli che cercano in questa prima pagina del quarto Vangelo, sono due dei discepoli del Battista il quale, fissando lo sguardo su Gesù che gli passava accanto, l’aveva indicato come l’Agnello di Dio, ossia il Messia profetizzato da Isaia nella figura del “Servo di Yhwh”. Giovanni lo aveva detto per loro e, come buon maestro, non solo non soffre nell’essere abbandonato da due dei suoi, ma è felice che ora seguano Gesù.
Uno di questi due che ascoltarono Giovanni e andarono dietro a Gesù per poterlo conoscere da vicino, si chiamava Andrea. Dell’altro non si sa il nome, però sembra essere quello che in seguito verrà chiamato “il discepolo amato”. I due seguono Gesù con molto interesse, però sono timorosi e si fermano a una certa distanza. Tuttavia, Gesù si accorge che lo stanno seguendo e, voltandosi verso di loro con una domanda diretta, facilita l’incontro. “Che cosa cercate?”, dice loro, ed essi, allora, gli rispondono che desiderano (solo) sapere dove vive. Da parte sua, Gesù li invita a continuare il cammino perché lo vedano con i propri occhi. Ambedue seguono il consiglio, giungono dove vive e, quel giorno si fermano con Lui.
Questo ciò che accadde quel giorno. I due rimasero con il nuovo Maestro, dal quale, più che parole si deve imparare il modo di vivere, come si deduce anche dal modo di esprimersi dell’evangelista. Di fatto, se si volesse tradurre alla lettera questo passaggio relativo all’incontro, il bisogno di questo rapporto personale con Gesù, risulterebbe ancora più chiaro. Sì, perché il verbo tradotto con abitare (dove abiti?) è, di fatto, lo stesso che si traduce, poi, con rimanere (rimasero con lui). Tentando, dunque, una traduzione letterale, anche solo per capirne meglio il significato profondo, il testo potrebbe anche suonare così: “Rabbi ¿dove stai? (méneis)”. I due andarono, videro dove stava (ménei) e, quel giorno, stettero (émeinan) con Lui. “Erano circa le quattro del pomeriggio (l’ora decima)”, aggiunge l’evangelista, probabilmente per dire che, essendo prossima la notte (nel paese, alle sei del pomeriggio fa già scuro), rimasero quella sera e il giorno dopo.
All’Evangelista non interessa precisare il luogo (l’abitazione) dove i due rimasero a vivere quel giorno, ma che stettero con Gesù, iniziando a essere discepoli suoi, perché solo sperimentando la convivenza con Lui, bisogna ribadirlo, è possibile divenire veramente suoi discepoli. Infatti, nel Vangelo di Marco, parlando dell’elezione dei dodici Apostoli, si dice che Gesù li scelse “perché stessero con lui e per inviarli a predicare” (Mc 3, 14). Per noi che non viviamo nei tempi di Gesù questo “stare” coincide con la fede nella sua presenza accanto a noi e con la preghiera che, come insegna santa Teresa di Gesù, “non è altro, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente trattenimento personale con Colui da cui sappiamo d’essere amati” (Vita 8, 5).
È soltanto grazie a questo contatto personale con il nuovo Maestro, che Andrea è ormai capace di attirare anche suo fratello Simone. Contento d’aver incontrato Gesù, desidera che anche suo fratello possa goderne. “Abbiamo trovato il Messia”, gli dice. E lo conduce a Gesù che, da parte sua, fissa il nuovo arrivato e gli dice: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa, che significa Pietro”. Per il momento è solo questione di alcune ore, le prime con Gesù, però il suo invito al futuro (venite e vedrete) implica molto d’altro, inclusa la passione e la croce, che i discepoli dovranno vedere, stando con Lui.
Detto questo, torniamo di nuovo indietro per considerare un altro particolare, ossia, lo scambio di sguardi. Effettivamente, tra i personaggi c'è un gioco visivo. Il Battista “fissa lo sguardo in Gesù che passa”, Gesù si volge e guarda i due che timidamente hanno cominciato a seguirlo e li invita ad andare a vedere, ed essi vedono dove dimora. Infine, quando giunge Simone, condotto da suo fratello Andrea, Gesù, prima di cambiargli il nome in Cefa, lo fissa, come Giovanni Battista aveva prima fissato Lui. Ed è così che, con questi sguardi, fugaci ma profondi, nasce la reciproca conoscenza e la maturazione di ciascuno.
E questo, perché non bisogna aspettare tutto da Gesù, ma è necessario coltivare anche il desiderio di conoscerlo. Gesù, infatti, si volse, perché vide che i due discepoli lo stavano cercando, e si fermò a guardare Pietro perché, accolto l’invito di suo fratello, era venuto anch’egli con il desiderio di conoscerlo. Un insegnamento prezioso!
P. Bruno Moriconi, OCD