Domenica IV avvento
L’annunciazione di Giuseppe
La Parola
di Dio di questa quarta domenica di avvento ci presenta innanzitutto il testo
di Isaia sulla vergine che concepirà e
partorirà un figlio (Is 7,14); si tratta certamente del testo più famoso che la
tradizione cristiana ha sempre interpretato in proiezione messianica con
riferimento alla concezione e parto verginale della vergine Maria. Nel Vangelo
della Messa, l’angelo rivela a Giuseppe come questa profezia si sta verificando
in Maria, la sua sposa.
L’annunciazione
che l’angelo aveva fatta a Maria viene ora ripetuta al suo sposo Giuseppe il
quale, potremmo dire, aveva tutti i
diritti di avere una qualche spiegazione.
Non sappiamo come Giuseppe abbia vissuto il
periodo della sua vita che va dal momento in cui ha preso atto della maternità
di Maria fino a quando l’angelo lo rassicura annunciandogli l’intervento di Dio.
Il tormento di questo uomo traspare chiaramente dal racconto evangelico e
altrettanto chiaramente la prontezza della sua obbedienza; non sappiamo, però,
il cammino interiore che ha dovuto compiere per arrivare ad accettare una
situazione non solo inspiegabile ma umanamente inconcepibile che contraddiceva tutto
ciò che egli sapeva della trasmissione della vita e lo coinvolgeva a tal punto
da sconvolgergli totalmente l’intera l’esistenza. Possiamo con certezza
affermare che egli con ci abbia capito niente, ma ha creduto, e ha accolto con
pronta obbedienza l’annuncio sorprendente e sconvolgente dell’angelo: ecco la
sua grandezza. Possiamo forse aggiungere che ha accolto con sollievo la
comunicazione dell’angelo perché lo liberava da ciò che certamente lo
tormentava di più: il dubbio sulla innocenza di Maria, un dubbio che egli
voleva con tutte le forze eliminare perché tutto di sé gridava l’innocenza
della sposa, eppure non riusciva a trovare una ragione che potesse confermare
quello che il cuore gli diceva, e che la realtà chiaramente smentiva.
Il brano
evangelico ci pone davanti i due principali protagonisti della storia salvifica
che raggiunge il suo culmine, e lo divengono attraverso questo atto supremo di
fede. Di fronte all’intervento dell’angelo il sì di Maria e il sì di Giuseppe
costituiscono il momento supremo in cui la fede e l’abbandono in Dio raggiungono
la pienezza della fecondità e determinano la salvezza del mondo. E’ anche il
momento nel quale si mostra all’evidenza che è Dio che fa tutto, basta fidarsi
di Lui, basta lasciarlo fare.
Come Maria,
anche Giuseppe è definito dalla sua piena disponibilità. Ascolta, accetta,
mette in pratica.
Iddio gli
affida i suoi più grandi tesori: il Figlio e sua Madre. Un dono immenso quello che
riceve, che comporta, allo stesso tempo, un compito immane che lo assorbe tutto
e gli sequestra ormai ogni attimo della vita. S. Giuseppe assolve questo incarico nel totale
nascondimento e nel silenzio più assoluto. Il vangelo non ci riferisce nessuna
sua parola, nemmeno per chiedere spiegazioni; ci dice solo che obbedì. Quanto
al resto del nuovo testamento esso lo ignora totalmente.
Eppure il
compito affidato a Giuseppe è stato il più impegnativo e arduo che si possa
immaginare. Certamente, dopo quella di Maria, nessuna vocazione fu più carica
di responsabilità e più assorbente della sua. E nessuno ha compiuto la missione
con più piena dedizione e assoluta fedeltà al piano di Dio.
Una lezione
incomparabile per noi che siamo abituati a giudicare da quello che si dice, si
vede e si sente. E valutiamo l’importanza delle cose a partire dal
riconoscimento degli altri e dai risultati constatabili.
p. Arnando Pigna