Omelia della Domenica XIV del tempo ordinario
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Un riduttivo di leggere questa parola di Gesù ponendo l’accento sugli operai che sono pochi. La constatazione qui riguarda la messe abbondante. Quindi la parola di Dio di questa domenica ci presenta l’abbondanza della grazia di Dio ossia la bontà infinita di Dio nonostante la nostra pochezza. Il vangelo chiede a noi di avere una visione di fede del mondo e della storia come grande campo dove la messe cresce prima al di là di noi. È questo il nostro Dio. Non ama a metà. La nostra preoccupazione sarà piuttosto quella che non vada perduta, perché nessuno la miete, cioè l’accoglie e la valorizza.
La messe cresce perché non dipende da noi ma è un dono abbondante di Dio come lo vediamo nella prima lettura. Il volto di Dio è simile a una madre che coccola un figlio. «Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati». A rendere più significativo l’annuncio di pace e di consolazione di coloro che si lasciano amare dal Signore e si lasciano salvare dalla sua misericordia, vengono evocate due realtà simboliche: il latte che sgorga dal petto della madre e l’acqua che scorre a irrorare il deserto. Si tratta di una esperienza che riempie tenerezza per dirlo con la parola di Papa Francesco e ridona fiducia.
La certezza di questa grazia viene affermata dalla seconda lettura. San Paolo sente di doversi vantare della sua propria debolezza nella quale si manifesta la forza di Cristo. Il suo unico vanto è la croce di Cristo. Da questo mistero dell’amore del Padre che diventiamo creature nuove. La messe abbondante che abbiamo detto all’inizio è frutto di questo evento meraviglioso: la croce di Cristo, la vita offerta da Cristo attraverso la sua croce.
La messe è abbondante. Ce ne sono in abbondanza i frutti di bene generati dalla morte e risurrezione di Cristo. Per cui c’è questa urgenza di sentirsi chiamati a lavorare per il vangelo. Il Signore ci chiede di pregare. Pregare il padrone affinché sia lui a mandare operai per il vangelo. Ciò vuol dire accettare che l’impresa sia condotta con i suoi criteri non con i nostri. Come può chiedere a Dio una chiesa autosufficiente e ricca, piena di sé e poco disposta ad affidarsi alla provvidenza divina. Agli operai viene chiesto l’abnegatio. Sono mandati dal Signore a portare un messaggio che non è nostro e dobbiamo noi per primo accoglierlo. E quindi gli operai sono portatori di quei doni abbondanti che Dio ha promesso di dare a chi lo accoglie come abbiamo visto nella prima lettura.
Infine il vangelo dice l’operaio è degno della sua mercede. La degna mercede dell’operaio è il regno di Dio. Perché come dicevo all’operaio viene chiesto di rinunciare a se stesso. A questo proposito Santa Teresina dice «le plus grand honneur que Dieu puisse faire è une âme ce n’est pas de lui donner beaucoup mais de lui demander beacoup».(Lettre 172). Al vero operaio Dio non da di più ma chiede di più. La nostra sequela sia nutrita dal desiderio di servire il Signore per la crescita del suo regno e per saziarci tutti dell’abbondanza della sua bontà.
P. . Willison Hérvé ocd