Non sarebbe male abituarsi a sentire l’incontro
domenicale con Gesù come ripresa e continuazione con quelli precedenti.
Troveremo sempre, nella liturgia del giorno corrente, qualche richiamo al “…
dove eravamo rimasti? Ah, sì!...” e riprendere, e continuare il nostro
rapporto, del resto mai totalmente interrotto. La liturgia di oggi ne è un
esempio chiarissimo. Già nella colletta troviamo questo saldo aggancio con
l’impensabile accaduto (Natale-Epifania-Battesimo-Nozze di Cana: grazia su
grazia) e la nuova proposta del Signore (Vi
farò pescatori di uomini!); infatti all’inizio così preghiamo: “Poiché unico fondamento della nostra
speranza è la grazia che viene da Te, aiutaci sempre con la tua protezione”.
Il passo in avanti che il Signore intende farci fare oggi
è appunto questo: che la vera speranza non è tenuta alta dalle nostre capacità o
frenata dai nostri limiti, ma è ancorata saldamente alla grazia che viene da
Lui: come vuole Lui e quando vuole Lui. A noi chiede di starci sempre, anche
quando ci pare inutile e assurdo. (S.Teresa, madre e maestra, lo richiama e lo
ribadisce come primo atteggiamento per chi inizia a frequentare il Signore per
mezzo dell’orazione. Il primo modo di innaffiare un giardino è quello di andare
con un secchio ad attingere acqua dal pozzo. E fin qui va bene. Ma se nel pozzo
acqua non ce n’è, cosa si deve fare? Risponde Teresa: Continua ad andarci,
perché questo è il tuo compito. Riempire il pozzo di acqua, è un problema del
Signore. Ed Egli è contento che tu faccia quello che ti è chiesto. Cfr Vita,11,10).
Il concetto era già abbastanza chiaro anche per l’A.T.
(Isaia 6,1…). Se la santità di Dio, come è logico, mette a disagio la nostra
opacità (Ohimè! Io sono perduto, perché
un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure
io abito), la sua Misericordia ci purifica e ci rende capaci di offrirci
generosamente al suo disegno («Ecco, è scomparsa
la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che
diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!»);
e lo sarà naturalmente ancora di più per S. Paolo (1Cor 15): sì, siamo ingrati
e inadempienti più di quanto non immaginiamo, ma per grazia siamo quello che siamo (cioè, figli); e quindi possiamo
cantare con gioia al Signore (Salmo).
Noi oggi, però, siamo invitati a sederci con Gesù sulla
barca di Pietro per imparare dalle sue reazioni a capire e a vivere
possibilmente meglio la nostra speranza qui e ora, in questo nostro mondo, dove
sembra che sia diventata merce rara o addirittura introvabile. Infatti Gesù
parte proprio da una situazione fallimentare, alla quale sarebbe meglio
concedere il tempo di stemperarsi.
Pietro e compagni, pescatori di sicura esperienza,
passano una notte nella vana speranza di scorgere almeno qualche pesce. Proprio niente! Sono tornati a
riva e stanno tornando a casa delusi e affaticati. Lo sappiamo bene anche noi
che a volte il niente logora più di un pesante lavoro! Gesù invece non è di
questo parere: lo sa che non hanno preso niente; lo sa che sono delusi e stanchi;
lo sa che vorrebbero solo andarsene a casa. E sa anche che potrebbe chiedere il
favore a qualche altro. Invece, come se niente fosse, sale sulla barca di
Pietro e gli chiede di scostarsi un po’ dalla riva per poter parlare più
tranquillamente alla folla.
San Luca non ci suggerisce alcuna reazione di Pietro, ma
noi possiamo immaginarle, pensando alle nostre e a come rinfaccerà poi a Gesù
di aver faticato tutta la notte. Possiamo quindi dirci che Gesù sa e accetta
che noi a volte ci lasciamo infagottare dalle nostre piccole o apparentemente
grandi delusioni; ma vuole senz’altro che ci ricordiamo di essere su una barca
in cui c’è anche Lui; e quindi secondo l’audacia di S. Teresa di G.B. lo
lasciamo fare quello che vuole; accettando magari di andare a fondo con Lui,
piuttosto che buttargli in faccia la nostra poca fede.
Finito di parlare alla gente e congedata la folla,
innocentemente Gesù guarda Pietro e gli dice di prendere il largo e gettare la
rete per la pesca. Anche Pietro guarda Gesù e forse avrebbe voluto rispondere:
“Non è possibile! Come si permette di dirci una cosa simile? Ma chi crede di
essere? Noi sappiamo che non si può andare a pescare, se non per sport, di
giorno!”; ma invece si accontenta di dirgli tristemente: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte senza prendere nulla; ma sulla
tua parola getterò la rete!”. E certamente pensava che non avrebbero preso
niente; e credeva di avere ragione lui; e si riservava di dirglielo alla fine:
“Visto? Che ti dicevo?”.
È bello pensare che anche Gesù stava valutando la portata
di quel sì detto a denti stretti; e gli bastava che Pietro non si fosse
rifiutato; accettava la fatica e la povertà di quella obbedienza; e vedeva
l’abbondanza di quella pesca fatta solo per scommessa. Era un sì strappato
quasi a forza, per convenienza, per non mancare di rispetto, ma pur sempre un
passare dalla propria alla sua Parola. Gesù sa la fatica e la titubanza del
nostro credere, non al mistero della SS. Trinità, a quello ci crediamo, ci
vorrebbe altro, ma la paura di fidarci pienamente di Lui nelle piccole cose di
ogni giorno, di consegnarci, di metterci nelle sue mani, di dirgli che ci può
usare come vuole.
Pietro era sicuro della sua esperienza, sicuro che non
avrebbe preso proprio niente: lo si capisce chiaramente dalla sceneggiata che
farà poi gettandosi ai piedi di Gesù («Signore,
allontànati da me, perché sono un peccatore»). Ma, nonostante tutto, obbedisce
alla Parola di Gesù: sulla Tua Parola.
Gesù lo sa che non ci crede, ma vede che obbedisce; e
quindi gli regala lo stupore di quella meravigliosa pesca in pieno giorno,
perché la Sua Parola è portatrice di ciò che annuncia, compie sempre ciò che
dice.
Se chiedessimo a Pietro cosa è successo dopo quella
strabigliante pesca, ci direbbe con tanta umiltà che ci sono volute molte altre
prodigiose pesche (vai dietro a me
satana; questa stessa notte prima che il gallo canti mi avrai rinnegato tre
volte; tu lo sai, Signore, che ti amo) per arrivare a credere
incondizionatamente, come Maria, alla Sua Parola; ma nel frattempo è
assolutamente bene che facciamo tutto quello che la Sua Parola e le varie
derivazioni (Regola, Costituzioni, Statuto OCDS) ci chiedono.
La nostra Santa Madre Teresa l’ha vissuto in pieno e ce
lo ripete con frequenza nei suoi scritti: l’Obbedienza
è molto più sicura di tanti nostri voli mistici! (F. Prologo,1).
P. Faustino Macchiella – Venezia)