Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3, 15-16; 21-22)
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti,
riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo,
Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che
è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi
battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il
battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo
Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo:
«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
…
Il contesto del battesimo di Gesù secondo il vangelo di
Luca è quello dell'incarcerazione di Giovanni Battista da parte di Erode. Si
legge in questo vangelo che il tetrarca Erode veniva rimproverato da Giovanni
Battista a causa di Erodiade, moglie di suo fratello, ma solo Luca ci dà
un'indicazione preziosa: anche per tutte le malvagità che aveva commesso.
Sappiamo da altre fonti extra-bibliche - come Giuseppe Flavio - che Giovanni Battista
esortava alla pratica della giustizia del popolo e aveva un grande seguito.
Ecco perché Erode, che vive nell’ingiustizia, fece incarcerare questa voce
profetica. È la stupidità del potere. La persecuzione in realtà fa fiorire la
vita, non la estingue e, spenta una voce, ne sorge una più potente. È dunque in
questo contesto che avviene il battesimo di Gesù.
Ed
ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato.
Giovanni Battista aveva annunziato un battesimo di conversione, cioè segno di
cambiamento, per il perdono dei peccati. E' una sfida tremenda quella che
Giovanni Battista fa, perché il perdono dei peccati si otteneva al tempio di
Gerusalemme portando delle offerte al Signore. Ebbene qui il popolo comprende che
il perdono dei peccati non avviene attraverso un rito nel tempio, ma attraverso
un cambio radicale di vita, un cambio del proprio comportamento e che non c'è
più da offrire a Dio per le proprie colpe, ma accogliere un Dio che si offre
con il suo Spirito, per poter vivere in pienezza questa vita.
E
Gesù, ricevuto anche lui il battesimo … Perché Gesù si battezza? Il
battesimo è un segno di morte. Per il popolo, per la gente era segno di morte
al proprio passato, il passato di ingiustizia. Per Gesù era accettazione della
morte nel futuro. Lui stesso parlerà del battesimo come simbolo della sua morte
quando dirà: «C’è un battesimo che devo ricevere» (Lc 12, 50). Quindi, mentre
per il popolo il battesimo significa morire al proprio passato, per Gesù si
tratta di accettare, per fedeltà al disegno del Padre, di morire nel suo
futuro.
Stava
in preghiera, quindi in stretta relazione con Dio, e il
cielo si aprì. Si credeva a quel tempo che, a causa dei peccati, delle colpe
del popolo, il cielo fosse chiuso e non ci fosse più comunicazione tra Dio e
gli uomini. Attraverso l’impegno di Gesù la comunicazione tra Dio e l’umanità è
ripristinata e sarà continua. Alla disposizione espressa da Gesù, il dono
totale della sua vita, adesso corrisponde da parte di Dio il dono totale del
suo Spirito.
Quindi il cielo si
aprì, fu la comunicazione definitiva e permanente di Dio con l'uomo, e discese sopra di lui lo Spirito Santo.
L'articolo determinativo indica la totalità. Lo spirito è la forza di Dio,
l'amore di Dio. Su Gesù scende tutta la stessa capacità d'amore di Dio.
In
forma corporea, come una colomba. Perché questo richiamo alla
colomba? L'evangelista già all'annunciazione ha visto in Gesù una nuova
creazione e ritorna a questo tema a lui caro. Il libro del Genesi si apre con
l'immagine dello spirito di Dio che aleggia sulle acque e poi la colomba appare
di nuovo come liberata da Noè dopo il diluvio. Cosa vuole indicare l'evangelista?
Che in Gesù c'è la nuova creazione, quella successiva al diluvio, in cui Dio
non castigherà più il popolo, ma a tutti quanti perdonerà le proprie colpe.
E
venne una voce dal cielo, cioè da Dio. Il quale dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato».
“Figlio” in quella cultura non significa soltanto colui che è generato dal
padre, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Ricevendo lo spirito di
Dio, cioè la sua stessa capacità d’amare, Gesù, l’amato, manifesta pienamente
Dio. A Dio va bene così: questi è il Figlio, non un altro. E in questa immagine
Dio da un’altra immagine di se stesso, al di là delle tante che ci eravamo
fatti di Lui.
In Gesù Dio “ha posto
il suo compiacimento”. Perché ha fatto esattamente il contrario di quello
che ha fatto Adamo. Adamo voleva innalzarsi, mentre Lui si abbassa. Adamo vuole
diventare padrone, mentre Lui si fa servo. Adamo rapisce la vita e la uccide, mentre
Lui la dona. Dio è così; così è essere immagine e somiglianza di Dio. Se noi
d’istinto facciamo altre scelte, Gesù ci dice che non dev’essere più per noi un
cercare Dio, semmai accoglierLo, riconoscenti.
Ciascuno «s’immagini di trovarsi innanzi a Gesù Cristo,
conversi spesso con Lui e cerchi d'innamorarsi della sua umanità tenendola sempre presente. Gli chieda aiuto nel
bisogno, pianga con Lui nel dolore, si rallegri con Lui nella gioia, si guardi
dal dimenticarlo nella prosperità, e questo non con preghiere studiate, ma con
parole semplici, intonate ai suoi desideri e alle sue necessità». Così si ama «veramente
il Signore a cui tanto dobbiamo» (Vita 12, 2). Innanzitutto l’averci mostrato
che siamo noi la sua umanità, tutti
noi, nella verità. Con Lui, e come Lui, perciò, lavoriamo per renderla sempre
più vera.
P. Giorgio Rossi ocd