Ritiro della Comunità OCDS di
Monselice
Sabato 21 dicembre la nostra Comunità ha
vissuto il consueto ritiro natalizio
presso la bella “Casa Sacro Cuore” di Torreglia nel suggestivo paesaggio dei
Colli Euganei. La Casa, gestita dalle Suore di San Francesco di Sales, è sempre
molto accogliente e ben si presta a vivere una giornata di meditazione e di
preghiera, in un clima di amicizia e fraternità. Ha guidato la riflessione sull’Avvento
il nostro Padre Assistente, Padre Faustino Macchiella del Convento degli Scalzi
di Venezia.
Il
Padre, dopo la recita delle Lodi, ci ha aiutato ad approfondire il significato
dell’ Avvento, considerandolo in una prospettiva che non si limita a
considerare questo periodo liturgico solo come preparazione del S. Natale. La
nascita di Gesù, infatti, si è verificata una volta sola nella storia e noi ogni anno ne facciamo memoria, celebriamo
il ricordo della Sua Incarnazione. Ma quello che noi effettivamente stiamo
aspettando è la venuta del Signore alla fine dei tempi, quando verrà come
Risorto, come Colui che ha vinto la morte, come il compimento definitivo della
rivelazione di Dio all’umanità. “Vieni Signore Gesù” è l’invocazione che
risuona nella liturgia in questo periodo di Avvento, proprio come attesa dell’incontro
con Gesù Risorto. Ogni
domenica nelle chiese si ripetono queste parole: “Annunciamo la tua morte,
Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta”
L’ascensione
al cielo del Signore Risorto è stato segnato da una promessa : «Io, quando sarò
elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Gesù ci ha lasciati
qui sulla terra, ma per portarci un giorno tutti al Padre e quel giorno verrà
alla fine dei tempi quando Dio sarà “tutto
in tutti” (1Cor
15,28). La sua promessa è
garanzia di salvezza, ma attende il definitivo compimento nella parusia finale.
Mentre la nascita di Gesù è avvenuta 2000 anni fa e non accade più, la
Resurrezione è ancora in atto e si compirà nell’ultimo Avvento di Cristo quando
anche per noi ci sarà la risurrezione del nostro corpo mortale.
L’attesa
si carica allora di un significato più vero e più profondo, ma anche più
impegnativo per ciascuno di noi. Il Signore verrà come giudice a cui dovremo
rendere conto delle tante opportunità donate, del bene compiuto, dei tanti momenti
di grazia che Lui ci ha offerto per aprirci alla sua venuta nella nostra vita,
dei tanti talenti che ci ha donato da far fruttificare in attesa del suo
ritorno. Li abbiamo investiti bene per restituirglieli moltilplicati?
Tutto
parla della sua venuta a chi è vigile, a chi la attende con trepidazione, a chi
tende le sue braccia oranti verso l’alto, verso questo futuro che viene a noi,
a chi è in grado di vedere anche di notte “La
notte è chiara come il giorno” (Salmo 138).
La
preghiera è invocazione della sua venuta “Maranà tha”, “Vieni, Signore
Gesù”, è desiderio dell’anima di
affrettare l’incontro con il suo Signore. La preghiera è anzitutto ascolto di
quello che il Signore sta dicendo al nostro cuore, è risposta alla sua Parola,
risposta che diventa vita “Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”. (Lc 11,28). Osservare la Parola di Dio
è metterla in pratica, è diventare segno dell’amore di Dio verso i fratelli, è
fare ogni cosa per la Sua gloria “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra
cosa, fate tutto alla gloria di Dio”(1 Cor 10,31). La preghiera ci rende
responsabili nei confronti dei fratelli e richiede che essa si trasformi in
opere concrete di bene. Allora veramente la preghiera diventa vita e la vita
preghiera.
L’orazione è il nostro modo (cristiano e carmelitano) per vivere l’attesa del Signore che verrà, un’attesa che deve diventare uno stato permanente del credente.
Il Padre ha terminato con una citazione del Priore
della Comunità di Bose, Fr. Enzo Bianchi, che nel vivere in modo autentico
l’attesa vede anche la capacità del cristiano di relazionarsi con i fratelli
diventando testimone di speranza.
“Rinunciando alla dimensione dell’attesa, non
solo ridurremmo la portata della fede ma priveremmo anche il mondo della
testimonianza della speranza a cui ha diritto. Attendere il Signore impone al
cristiano di saper pazientare. L’attesa è l’arte di vivere l’incompiuto e la
frammentazione, senza disperare. È la capacità non solo di reggere il tempo, di
perseverare ma anche di sostenere gli altri, di “sopportare”, cioè di assumerli
con i loro limiti e di portarli. L’attesa apre gli uomini e le donne
all’incontro e alla relazione, chiama alla gratuità e alla possibilità di
ricominciare sempre. L’attesa non è segno di debolezza, ma di forza, stabilità,
convinzione. È responsabilità. Animata dall’amore, l’attesa diviene desiderio,
desiderio colmo di amore, di incontrare il Signore. Ti invita alla condivisione
e alla comunione, ti spinge a dilatare il cuore alle dimensioni della creazione
intera che aspira alla trasfigurazione e attende cieli nuovi e terra nuova. Per
tutti questi motivi, il tempo di avvento non è tempo di preparazione ma, molto
di più, di attesa con e per gli altri”.
(E.Bianchi)
Al momento della meditazione è seguita
l’adorazione eucaristica e quindi la S. Messa. Dalle due letture tratte dal
libro del profeta Sofonia (Sof 3,14-17) e dal Vangelo di Luca (Lc 1, 39-45)
Padre Faustino ha sottolineato tre aspetti .
-
La gioia. L’incontro con il Signore deve suscitare
nel nostro spirito esultanza e gioia come è avvenuto per il bambino che
Elisabetta portava nel suo grembo. La gioia che deriva dalla certezza della sua
venuta in mezzo a noi, la gioia di saperci infinitamente amati.
Il dono dello Spirito Santo. Maria, icona della
Chiesa, suscita lo Spirito Santo nella cugina Elisabetta e il bimbo riconosce
il Signore che è in Lei. Come Maria anche noi dobbiamo portare Gesù nelle
strade del mondo e chi ci incontra deve riconoscere il tesoro che racchiudiamo
nella nostra anima.
-
“Beata colei
che ha creduto…” Beato chi crede nell’amore del Signore anche e soprattutto nei
momenti della prova. La nostra fede diventi luce e speranza per il mondo in cui
viviamo dove spesso regnano oscurità e disperazione.
Il pranzo comunitario ha concluso
allegramente e fraternamente la mattinata. Nel primo pomeriggio il Padre ha
svolto una lezione sulle “Esclamazioni dell’anima a Dio” di S. Teresa, in
continuazione dell’itinerario programmatico indicato per l’anno in corso.
La recita dei Vespri è stato il nostro
sentito ringraziamento al Signore per questa serena e ricca giornata
trascorsa insieme a LUI e fra di noi.
Linda
Levi