MEDITIAMO CON P. GIORGIO ROSSI
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13, 1-9)
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
In
quel tempo. Siamo di fronte ad un episodio riportato solo
dall’evangelista Luca. Gesù aveva detto alla folla: “Perché non giudicate da
voi stessi ciò che è giusto?” (Lc 12, 57). Lo aveva detto nel tentativo di emancipare
il popolo dall’influsso e dalla dottrina di scribi e farisei che determinavano
autoritativamente quel che si doveva credere, come crederlo e cosa si doveva
praticare nella vita.
Gesù invita le persone a crescere, a verificare la verità
delle affermazioni. Questo è sempre stato ritenuto inammissibile dal potere,
anche religioso, che si regge invece sul principio di autorità e mantiene il
popolo sottomesso. L’autorità di Dio che si rivela viene invece dalla verifica
di quanto Egli dice: «così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza
aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata»
(Is 55, 11). Solo Dio può avere una tale sicurezza.
Si
presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei. Dire
“Galileo”, al tempo di Gesù, non indicava soltanto la provenienza da una
determinata regione, ma significava “rivoluzionario” e indicava gli zeloti, i
terroristi dell’epoca. Pensiamo alla grande rivolta di Giuda il Galileo riportata
nel libro degli Atti. Il fatto di ricordare a Gesù – Gesù è galileo – quei
Galilei il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere (letteralmente mescolato)
insieme a quello dei loro sacrifici, proprio mentre lui sta tentando di
liberare il popolo dall’influsso delle autorità religiose, suona come una minaccia,
un chiaro avvertimento. A dire: “Attento Galileo che qui da noi i Galilei fanno
una gran brutta fine”. Ebbene Gesù non solo non si lascia intimorire, ma passa
al contrattacco, reagisce. E prendendo la parola, si esprime così:
Credete
che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale
sorte? Smentisce così il nesso che vede il castigo come un’azione
da parte di Dio per punire i peccati degli uomini. E se l’esempio dei suoi
avversari era stato per i galilei, ora Gesù porta un esempio che riguarda
proprio loro, gli abitanti di Gerusalemme: “quelle diciotto persone, sulle quali
crollò la torre di Sìloe…”. Siloe è un quartiere di Gerusalemme, e ancora oggi
si vede il basamento di questa torre che crollò, “… credete che fossero più
colpevoli (letteralmente più debitori) di tutti gli abitanti di Gerusalemme?”
No, io
vi dico, ma se non vi convertite… Dobbiamo escludere in maniera
tassativa il castigo divino e prestare attenzione al fatto che Gesù invita ben
due volte alla conversione. Per spiegarcene il senso prende le distanze da
Giovanni il Battista, l’ultimo erede di quella tradizione che vedeva Dio come
colui che puniva i peccatori, e invitandoci con una parabola a un cambio di
mentalità. Il Battista afferma che “ogni albero che non porta buon frutto sarà
tagliato e buttato nel fuoco”. Non contempla altra azione da parte di Dio. Diversamente
dal Dio che Luca ci presenta: il Dio di Gesù Cristo. Lui interviene nelle
vicende umane, nelle vicende personali di ciascuno di noi. Nulla Gli è impossibile,
anche in questo senso. Pensiamo al momento dell’annunciazione: “questo è il
sesto mese per lei, parlando di Elisabetta, la parente di Maria, che tutti dicevano
sterile” (Lc 1, 36). Ecco così anche un albero che sembra sterile, per l’azione
di Dio e per la collaborazione dell’uomo, può portare frutto. Lo si taglierà
dunque soltanto dopo che si sarà vista inutile l’azione di Dio.
Gesù ci mostra il volto di un Dio che non è venuto a
distruggere, ma a portare vita. La cui azione di fronte ai peccatori, di fronte
alle persone sterili, di fronte a coloro che non portano frutto, non è un’azione
punitiva, ma vivificante, che offre la possibilità di un Suo intervento
diretto, il solo capace di curare le ferite della natura che ci rendono sterili.
E continua: Vedremo
se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai. Si è detto che
l’azione di Dio è efficace, che la sua Parola è efficace. Ed anche che l’azione
di Dio con i peccatori non è punitiva, distruttiva, ma vivificante. Si vedrà
inutile, allora, se non sarà mai stata accolta.
C’è ancora un “oggi” dove non indurire il cuore, lasciare l’orgoglio
e cogliere di nuovo il senso del peccato, abbandonandoci all’opera del
“vignaiolo”, pronto ancora a “zappare attorno” alla nostra vita e “metterci il
concime”. L’azione di Dio certamente “porterà frutti per l’avvenire”. Un
avvenire ci sarà se metteremo il bene
dell’altro (a partire da noi stessi) come principale valore dell’esistenza.
Questo si esprime nella fiducia totale a Dio. Lui solo: è questa è la
conversione, come ben ci ricorda Teresa di Gesù: «avevo il torto di non porre
in Lui ogni mia fiducia e di non diffidare abbastanza delle mie forze. Cercavo
rimedi, usavo ogni diligenza, ma non riuscivo a persuadermi che ben poco si fa
se non deponiamo ogni fiducia di noi stessi per riporla tutta nel Signore» (V
8, 12). Altrimenti…