domenica 10 gennaio 2016

Il cristiano accoglie Dio con riconoscenza

MEDITIAMO CON P. GIORGIO ROSSI
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3, 15-16; 21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». 

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

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Il contesto del battesimo di Gesù secondo il vangelo di Luca è quello dell'incarcerazione di Giovanni Battista da parte di Erode. Si legge in questo vangelo che il tetrarca Erode veniva rimproverato da Giovanni Battista a causa di Erodiade, moglie di suo fratello, ma solo Luca ci dà un'indicazione preziosa: anche per tutte le malvagità che aveva commesso. Sappiamo da altre fonti extra-bibliche -  come Giuseppe Flavio - che Giovanni Battista esortava alla pratica della giustizia del popolo e aveva un grande seguito. Ecco perché Erode, che vive nell’ingiustizia, fece incarcerare questa voce profetica. È la stupidità del potere. La persecuzione in realtà fa fiorire la vita, non la estingue e, spenta una voce, ne sorge una più potente. È dunque in questo contesto che avviene il battesimo di Gesù.

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato. Giovanni Battista aveva annunziato un battesimo di conversione, cioè segno di cambiamento, per il perdono dei peccati. E' una sfida tremenda quella che Giovanni Battista fa, perché il perdono dei peccati si otteneva al tempio di Gerusalemme portando delle offerte al Signore. Ebbene qui il popolo comprende che il perdono dei peccati non avviene attraverso un rito nel tempio, ma attraverso un cambio radicale di vita, un cambio del proprio comportamento e che non c'è più da offrire a Dio per le proprie colpe, ma accogliere un Dio che si offre con il suo Spirito, per poter vivere in pienezza questa vita.

E Gesù, ricevuto anche lui il battesimo … Perché Gesù si battezza? Il battesimo è un segno di morte. Per il popolo, per la gente era segno di morte al proprio passato, il passato di ingiustizia. Per Gesù era accettazione della morte nel futuro. Lui stesso parlerà del battesimo come simbolo della sua morte quando dirà: «C’è un battesimo che devo ricevere» (Lc 12, 50). Quindi, mentre per il popolo il battesimo significa morire al proprio passato, per Gesù si tratta di accettare, per fedeltà al disegno del Padre, di morire nel suo futuro.
Stava in preghiera, quindi in stretta relazione con Dio, e il cielo si aprì. Si credeva a quel tempo che, a causa dei peccati, delle colpe del popolo, il cielo fosse chiuso e non ci fosse più comunicazione tra Dio e gli uomini. Attraverso l’impegno di Gesù la comunicazione tra Dio e l’umanità è ripristinata e sarà continua. Alla disposizione espressa da Gesù, il dono totale della sua vita, adesso corrisponde da parte di Dio il dono totale del suo Spirito.
Quindi il cielo si aprì, fu la comunicazione definitiva e permanente di Dio con l'uomo, e discese sopra di lui lo Spirito Santo. L'articolo determinativo indica la totalità. Lo spirito è la forza di Dio, l'amore di Dio. Su Gesù scende tutta la stessa capacità d'amore di Dio.

In forma corporea, come una colomba. Perché questo richiamo alla colomba? L'evangelista già all'annunciazione ha visto in Gesù una nuova creazione e ritorna a questo tema a lui caro. Il libro del Genesi si apre con l'immagine dello spirito di Dio che aleggia sulle acque e poi la colomba appare di nuovo come liberata da Noè dopo il diluvio. Cosa vuole indicare l'evangelista? Che in Gesù c'è la nuova creazione, quella successiva al diluvio, in cui Dio non castigherà più il popolo, ma a tutti quanti perdonerà le proprie colpe.

E venne una voce dal cielo, cioè da Dio. Il quale dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato». “Figlio” in quella cultura non significa soltanto colui che è generato dal padre, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Ricevendo lo spirito di Dio, cioè la sua stessa capacità d’amare, Gesù, l’amato, manifesta pienamente Dio. A Dio va bene così: questi è il Figlio, non un altro. E in questa immagine Dio da un’altra immagine di se stesso, al di là delle tante che ci eravamo fatti di Lui.
In Gesù Dio “ha posto il suo compiacimento”. Perché ha fatto esattamente il contrario di quello che ha fatto Adamo. Adamo voleva innalzarsi, mentre Lui si abbassa. Adamo vuole diventare padrone, mentre Lui si fa servo. Adamo rapisce la vita e la uccide, mentre Lui la dona. Dio è così; così è essere immagine e somiglianza di Dio. Se noi d’istinto facciamo altre scelte, Gesù ci dice che non dev’essere più per noi un cercare Dio, semmai accoglierLo, riconoscenti.

Ciascuno «s’immagini di trovarsi innanzi a Gesù Cristo, conversi spesso con Lui e cerchi d'innamorarsi della sua umanità tenendola sempre presente. Gli chieda aiuto nel bisogno, pianga con Lui nel dolore, si rallegri con Lui nella gioia, si guardi dal dimenticarlo nella prosperità, e questo non con preghiere studiate, ma con parole semplici, intonate ai suoi desideri e alle sue necessità». Così si ama «veramente il Signore a cui tanto dobbiamo» (Vita 12, 2). Innanzitutto l’averci mostrato che siamo noi la sua umanità, tutti noi, nella verità. Con Lui, e come Lui, perciò, lavoriamo per renderla sempre più vera.

P. Giorgio Rossi ocd