mercoledì 4 marzo 2015

LA PREGHIERA CONTEMPLATIVA NELLA CHIESA E NEL CARMELO

                                                

Nel corso dei secoli l’Ordine Carmelitano ha sempre rappresentato, in seno alla Chiesa, un costante richiamo alla vita di preghiera, essendo l’ORAZIONE il carisma caratterizzante e specifico di tale famiglia religiosa. Oggi sentiamo spesso parlare di preghiera, quasi fosse un’usanza tornata di moda e, specialmente i gruppi di recente formazione, si sentono innovatori in tale campo ed offrono i loro bravi suggerimenti. Si autodefiniscono “Maestri di Preghiera”, stampano programmazioni, schemi dettagliati, piste da seguire, ma nell’impatto con la realtà, risultano davvero pochi  coloro che intendono seriamente perseverare e trasformarsi in “preghiera vivente”: è molto più facile, infatti, discutere e parlare di preghiera, che vivere quotidianamente di preghiera. Dobbiamo prendere coscienza che la disponibilità alla preghiera, nasce da una chiamata percepita nell’angolo più profondo del nostro spirito, che ci svela tutta la verità di quanto afferma l’Apostolo Paolo e cioè che DIO, in Cristo Gesù, “ci ha scelti prima della creazione del mondo, per trovarci, al suo cospetto, santi e immacolati nell’amore” (Ef 1, 4).    
Una tale scelta da parte di Dio, ci aiuta a comprendere quanto elevata sia la predestinazione riservata ad  ogni uomo che, solo in tale ottica, può riuscire a realizzare pienamente se stesso. Il Concilio Vaticano II ha messo più volte in risalto l’universale chiamata alla santità ed al n° 19 della “Gaudium et Spes”, evidenzia chiaramente che: “L’aspetto più sublime della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio”. La Chiesa infatti, sin dalle origini, ha recepito tutto questo e, seguendo le indicazioni dei suoi più autorevoli Padri, alla “necessaria Catechesi” per i catecumeni, faceva seguire per gli iniziati, cioè per i cristiani maturi e già illuminati, una “Catechesi Mistagogica”, che consentisse ai fedeli di accostarsi degnamente al santificante, vivificante e trasformante MISTERO DIVINO, reso accessibile agli uomini per Grazia, tramite l’Incarnazione del Verbo Gesù Cristo nostro Signore il quale, per amore,” si è fatto quello che noi siamo, al fine di innalzare noi a quello che Egli è” (Sant’Ireneo). Nell’epoca attuale la “catechesi mistagogica”, intesa come iniziazione ai misteri della fede che favorisca la comunione con Dio, è stata abbandonata, cosicché, a poco a poco, il senso del sacro si è attenuato nelle coscienze e l’uomo moderno va costruendosi sempre più un Dio a sua immagine e somiglianza, che poco o nulla ha in comune con il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, con il Dio che parlò a Mosè sul Sinai, ai Profeti, ad Elia sull’Oreb. I Padri della Chiesa, avevano molto a cuore l’approccio al Divino e si accostavano con tremore al Signore, percependo la sua infinità e l’indicibile sua potenza e bellezza, come ci viene, così, testimoniato da queste parole di San Gregorio il Teologo: “Un brivido mi prende la lingua, lo spirito e la mente, quando io parlo con Dio e mi auguro che voi sperimentiate questa medesima lodevole e beata impressione” (Oratio 39).  Oggi più che mai è importante tornare ad una spiritualità di “mistagogia”, cioè di formazione mistica che accosti al mistero di Dio, per poter acquisire la capacità di lasciarsi prendere da Lui e disporsi ad accogliere in dono quell’intelligenza penetrante, quella vera sapienza necessaria per giungere al ”disvelamento” della sua divina PRESENZA.  Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, ha evidenziato la necessità di curare l’iniziazione mistagogica nell’esperienza formativa e lamenta che ”Molti manuali e molte pianificazioni non si sono ancora lasciati interpellare dalla necessità di un rinnovamento mistagogico”(EG  166). Aprirsi al mistero di Dio suscita nell’uomo un atteggiamento di adorante preghiera, che fa insorgere nel suo animo il desiderio di instaurare una vera e propria relazione con Lui.  Presupposto indispensabile per disporsi seriamente a seguire un itinerario di autentica preghiera contemplativa, è innanzi tutto la CONVERSIONE, il cui indispensabile avamposto è la purificazione del cuore. La verginità del cuore si consegue attraverso un ritorno fedele a Cristo, che ci invita a convertirci ed a credere  al VANGELO, cioè a Lui, come rivelatore dell’amore del Padre. E’ in Lui, Alfa ed Omega della divina Rivelazione, che ci viene consentito di stabilire un contatto personale con Dio e di sperimentare, così, la sublimità di un rapporto, scaturito da un’efficace sintonia tra il naturale ed il soprannaturale.            
 I Santi Carmelitani, discendenti del Profeta Elia, difensore del primato di  Dio, si sono sempre nutriti di orazione contemplativa e, “chiamati a vivere nell’ossequio di Gesù Cristo e a Lui servire fedelmente con cuore puro e buona coscienza”  (Regola di S. Alberto), abitualmente si esponevano ai raggi della Luce divina, traendone uno splendore permanente. 
 S. Teresa di Gesù e S. Giovanni della Croce, entrambi Dottori della Chiesa e Maestri di vita spirituale, vengono considerati dei grandi “mistici” proprio a motivo delle loro esaltanti esperienze interiori. Essi meritano l’appellativo di “mistagoghi”, perché hanno saputo trasmettere nella loro vita e nei loro scritti, ciò che hanno vissuto nella loro perseverante ”orazione contemplativa”, indicando agli altri la via da seguire per giungere, con serenità, all’intimità divina . Sul loro esempio tanti Santi Carmelitani, come Teresa di Gesù Bambino, Elisabetta della Trinità, Edith Stein, contemplando il Signore nella preghiera, hanno scoperto la bellezza, la gioia e la  poesia dell’esistenza, nell’ineffabilità del loro incontro con Dio.  
Maria Teresa Cristofori ocds