Il
testo nel quale troviamo uniti i nomi delle Tre Persone divine della Trinità è
quello che si riferisce al battesimo che gli apostoli devono impartire
pronunciando queste parole essenziali mentre versano l’acqua sul capo del
neofita: “Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt
28,19).
È in questo Mistero che viviamo e che ci accompagna
ogni giorno, fin dalla mattina quando, alzandoci, ci segniamo “nel nome del
Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo”. Se pensiamo all’importanza di
questo gesto e lo facciamo lentamente e consapevoli, possiamo renderci conto
che, nel dire questi nomi che ci santificano, è come abbracciarci e lasciandoci
abbracciare dai Tre. I nostri gesti rappresentano, infatti, l’abbraccio che
vuole darci Dio che desidera accompagnarci e proteggerci per tutto il giorno
che sta cominciando.
Come sappiamo, la Trinità non è composta da tre dèi, ma è il
solo Dio che, come leggiamo nella prima lettera di Giovanni, è Amore. “Chi non
ama – scrive Giovanni – non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1Gv 4,8).
Un amore che non è astratto, ma un amare che nella storia si è manifestato sino
al punto di consegnare il Figlio, da parte del Padre a tutta l’umanità. Proprio
ciò che Gesù dice a Nicodemo nel Vangelo di oggi: “Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”
(Gv 3,16).
Se Dio è Amore, è
perché il Suo essere è Comunione, cioè, relazione perfetta. Ed è
precisamente in questa Comunione che si muovono le tre Persone divine che
costituiscono lo stesso Dio che è, contemporaneamente, Padre, Figlio e Spirito.
Non ci sarebbe Padre senza il Figlio e non ci sarebbe consapevolezza reciproca
senza l’Amore (lo Spirito) che li fonde. Forse il testo più immediato per cominciare
a capire questo mistero, è Gen 1,26-27. Sembra che lì si parli soltanto della
coppia umana, ma, di fatto, si parla di Dio, anche se per rendercene conto
bisogna aspettare la pienezza della rivelazione trinitaria attraverso Gesù
Cristo.
Il sesto giorno della
creazione Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza […]
E – continua il testo - Dio creò
l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”.
In questo testo dobbiamo notare che, anche se non si dice nulla dell’immagine
di Dio in sé, si specifica molto bene ciò che vuol dire creare l’uomo secondo
questa immagine. Infatti, in solo due versetti, il termine immagine si
ripete tre volte.
La prima per esprimere
l’intenzione del Creatore (Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza),
la seconda per dire l’attuazione di questo piano (Dio creò l’uomo a sua
immagine) e, la terza, per spiegare in che senso realizzava questo progetto
(maschio e femmina li creò). L’uomo creato, a immagine di Dio, dunque,
non è né l’uomo né la donna, ma l’uomo e la donna che si incontrano. Per
questo, più avanti, nella seconda redazione della creazione, è come se Dio si
rendesse conto che non è bene che l’uomo rimanga solo e che ha bisogno di
riconoscersi nella donna, osso delle sue ossa. Si cercheranno e si
riconosceranno come uno stesso essere (una carne sola), nell’amore che li
attrae e li completa. Sebbene questo idillio sarà subito messo alla prova dal
peccato e prevarrà spesso la prevaricazione, l’ideale del Creatore è quello
espresso dalla sposa del Cantico dei Cantici: “Il mio amato è mio e io sono
sua” (2,16).
Così è Dio, l’immagine secondo
la quale siamo stati creati, Comunione di Amore tra il Padre e il Figlio nel
vento dello Spirito. Non lo avremmo mai saputo, se il Figlio fattosi nostro
fratello, non ci avesse parlato del Padre e dello Spirito che ci insegna a
chiamarlo Abbà, quando ci mettiamo in relazione con Lui da soli, e Padre
nostro, quando andiamo a Lui come comunità di fratelli e figli suoi.
Per questo ci rallegriamo
quando il sacerdote, iniziando l’Eucaristia, ci saluta con queste parole: “La
grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione
dello Spirito Santo siano con tutti voi”. È il saluto finale della seconda
lettera di Paolo ai Corinzi (2Cor 13,13) e il miglior testo sulla presenza della
Trinità nelle nostre esistenze. La grazia del Signore Gesù Cristo, ci
ricorda il dono della sua vita per la nostra salvezza. L’amore di Dio la
misericordia paterna che, dopo averci dato suo Figlio come fratello, ci aspetta
tutti come il padre della parabola del capitolo quindici di Luca. La comunione dello Spirito Santo, ci parla, infine,
dell’Amore, condiviso nella Trinità, ed effuso su di noi per farci capaci di condividerlo
tra noi.
La Trinità è questo Dio
Amore che sempre sta con tutti noi. Una presenza invisibile, ma certa come
la stessa vita che, altrettanto misteriosamente, ci mantiene vivi. “Ecco il mio
segreto”, disse la volpe congedandosi dal Piccolo Principe di Antoine de
Saint-Exupéry. “È molto semplice”, aggiunse, “si vede bene solo con il cuore.
L’essenziale è invisibile agli occhi”. “L’essenziale è invisibile agli occhi”,
ripeté il Piccolo Principe per non dimenticarlo.
L’essenziale, aggiungiamo
noi davanti al mistero della Santissima Trinità, è invisibile agli occhi, ma
con il cuore attento sentiamo la sua presenza e il suo abbraccio, l’abbraccio
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. È il nostro segreto, pochi lo
conosciamo, ma è per tutti.