sabato 12 novembre 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 


Quando gli evangelisti compongono i loro Vangeli, la distruzione del tempio e della stessa città di Gerusalemme è giù avvenuta ad opera dei romani. Non c'è dubbio, tuttavia che il linguaggio sembri di genere apocalittico. Un aggettivo e un nome (Apocalipsis) che nel nostro immaginario ha assunto un senso completamente negativo, come risulta per esempio dal titolo del famoso film del 1979 di Francis Ford Coppola (Apocalypse now), sulla terribile guerra del Vietnam, simbolo della tragica inevitabilità del male.
Il linguaggio del racconto degli evangelisti in questi termini apocalittici, non deve, tuttavia, ingannare. Lo dice Gesù stesso proprio là dove sembrerebbe essere Lui ad annunciare quei disastri come minaccia. Le parole sulle quali dobbiamo porre la nostra attenzione per non cadere in questo equivoco sono, in effetti, queste: “Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate” (v. 9).
Apocalisse è il titolo tradizionale dell’ultimo libro della Bibbia che, però, dovrebbe essere tradotto assai meglio con “Rivelazione”, che, anche se non sembra, non ha nulla a che fare con minacce catastrofiche. Lo scopo di questo libro non è quello di spaventare, ma quello di rassicurare i credenti che non sono i disastri, le guerre e le catastrofi, ad avere l’ultima parola, ma la presenza del Signore e la forza dell’amore che supera tutte le cose. I disastri e l’odio sono sempre esistiti e, disgraziatamente, ci saranno sempre, ma non bisogna scoraggiarsi. Non indicano la fine del mondo, molte volte profetizzato dai falsi profeti di sempre.
In realtà, come è successo per primo con il Figlio di Dio, ci saranno sempre odio e persecuzioni, accuse e ostilità anche contro i suoi discepoli, ma anche in quei casi terribili, non bisogna perdere la speranza. Sarà Lui a suggerire le parole giuste. Gesù parla solo per preparare e dare conforto ai suoi perché non si scoraggino neppure allora. E non si tratta solo di belle parole, dato che chi le sta pronunciando, non è un maestro tra tanti, ma il Figlio di Dio che è passato egli stesso per la tragedia della passione e della morte. Una sconfitta che, tuttavia, per chi crede in Lui, è l’unica vera vittoria. L’unico modo per portare la vera pace in questo mondo.
Dal punto di vista umano, la sua profezia (nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto), così come non si è compiuta per Lui, non si compirà neppure per i suoi discepoli. A cominciare da Stefano, infatti, la fila dei martiri è senza numero e mai conclusa. Alla luce della croce, tuttavia, i discepoli non devono perdere la speranza, ma piuttosto, essere consapevoli, anche se costerà loro moltissimo, del fatto che quello è il momento di essere testimoni (avrete allora occasione di dare testimonianza).
Come abbiamo appena detto, le parole che devono risaltare e che ci riguardano da vicino in questo discorso misterioso di Gesù, sono soprattutto queste: “Badate di non lasciarvi ingannare […]. Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine […]. Avrete allora occasione di dare testimonianza […]. Io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere […]. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.
Alle domande dei discepoli su quando tutto questo dovrà accadere, Gesù, né risponde, né fa predizioni, ma avverte i discepoli sulla necessità di prepararsi. La preparazione deve essere il discernimento, quell’esercizio attraverso il quale si può giungere a distinguere ciò che è bene e ciò che è male e trovare le ragioni per scegliere ciò che realmente vale. Tutto questo, con la certezza che nulla può separare dall’amore di Cristo, né la tribolazione, né l’angoscia, né la persecuzione, né la fame, né la nudità, né i pericoli, né la spada, come afferma san Paolo nella lettera ai Romani 8,35.