domenica 21 agosto 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica


 

Soffermiamoci sulla domanda su quanti (pochi?) potranno salvarsi, rivolta a Gesù da uno di quelli che lo seguivano, mentre Lui proseguiva il cammino verso Gerusalemme, consapevole di ciò che là lo attendeva. Anche se per il momento, non lo capiscono, andava ripetendo, ai suoi discepoli, che Lui doveva salire a Gerusalemme “soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9,22).
Ci interessa la domanda su quanti potranno salvarsi, ma, ancora di più, la risposta di Gesù sulla necessità di lottare per entrare da una porta che, come Lui dice, risulta essere molto stretta. “Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” (vv. 23-24). È importante questa risposta di Gesù, ma, per capirla meglio, bisogna notare che, nella domanda che gli hanno rivolto, non gli si è chiesto quanti siano quelli che “si salvano”, ma quanti siano i “salvati”, come indica il participio presente passivo (sôzómenoi), del verbo salvar del testo originale greco.
Che infatti, per l’uomo, sia impossibile salvarsi da solo, lo aveva detto Gesù stesso ai suoi discepoli il giorno dell’incontro con l’uomo ricco che, nonostante fosse molto religioso e bene intenzionato, se ne era tornato a casa sua, perché non aveva gradito la richiesta di Gesù di lasciare tutto e di seguire soltanto Lui. Quando vide che si era rattristato e se ne era andato, ai discepoli, Gesù disse che era molto difficile, per chi possiede ricchezze entrare nel regno di Dio.
Disse questo, riferendosi direttamente al ricco, ma i discepoli avevano capito che Gesù parlava di ogni tipo di attaccamento, e si erano spaventati. “E chi può essere salvato?”, gli avevano domandato. E Gesù, confermando l’impossibilità umana, ma indicando la giusta via, aveva risposto loro: “Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio” (Lc 18,27). Ma, allora, perché Gesù parla di una porta stretta, se tutto è possibile a Dio e, inoltre, come si legge nella prima lettera a Timoteo, il Signore “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (Tim 2,4)?

Non solo!
Gesù aggiunge che è necessario lottare per entrare per questa porta perché c'è il rischio di rimanerne fuori. “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”, dice, “perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” (v. 24).
Dice così, perché le due cose [la grazia di Dio e la nostra perseveranza] vanno insieme. Bisogna lottare perché, se è vero che la salvezza è una pura grazia della misericordia divina, deve essere accolta e interiorizzata fino a divenire nostra. Bisogna desiderarla e volerla veramente, lasciandola entrare in noi che, istintivamente, non ci fidiamo con la spontaneità di un bambino che si abbandona tra le braccia di sua madre o di suo padre.
La lotta è per fare nostra e per partecipare a quella salvezza di cui Dio vuole renderci partecipi. La porta, dunque, è allo stesso tempo l’entrata in noi stessi che, nonostante il Signore continui a bussare (Ap 3,20), noi continuiamo a lasciarlo fuori.
La lotta è questa! Una lotta spirituale contro le nostre “ricchezze” e in favore dello Spirito Santo che ci spinge verso la verità intera. Gesù parla così duramente, perché Lui stesso sta lottando, lungo il cammino verso Gerusalemme, dove vuole portare a termine la sua missione d’amore. Nel Getsemani pregherà, piangerà, suderà sino al sangue, prima di accettare quella ingiusta condanna, ma, l’accetterà con tutto il suo cuore, perché è l’unico modo di far capire, a tutta l’umanità, il suo amore e quello del Padre.
È il Signore che ci salva, ma bisogna voler essere salvati. Non basta dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze” (v. 26). Così come non basta dire che siamo andati a messa la domenica e che abbiamo recitato tutte le preghiere, perché Egli dichiarerà: “Non so di dove siete” (v. 27).
Continuerà a dire che non ci conosce, finché non gli diremo che siamo contenti e che vogliamo vivere di Lui e con Lui. Perché il Signore vuole salvarci, ma non come automi o fantocci. Come bambini che si fidano, pur con occhi di cristiani maturi.