sabato 11 giugno 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 














Che bello questo modo di esprimersi di Gesù! “Molte cose ho ancora da dirvi”, dice ai suoi discepoli, “ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Egli sa molto bene che non si tratta solo di capire le sue parole, ma ciò che dovrà soffrire di lì a poco nella sua passione. Non era scritto da nessuna parte, neppure nei profeti di Israele, che – come scriverà Paolo ai Galati – al giungere della “pienezza del tempo”, Dio avrebbe mandato “il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).
E per di più a Nazaret!
Aveva ragione Natanaele che, sentendo Andrea e Filippo dirgli di aver riconosciuto il Messia in Gesù di Nazaret, aveva risposto: “Da Nazaret può uscire qualcosa di buono?”. Si stava sbagliando, ma, allo stesso tempo, dal punto di vista della sapienza religiosa di allora, aveva piena ragione. Non per nulla, Gesù stesso, nel vederlo avvicinare, disse di lui agli altri: “Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità” (Gv 1,46-47). E disse questo, non ironicamente, ma per sottolineare che si era espresso secondo la Legge.
Infatti, domandandogli Natanaele come potesse dire questo di lui senza conoscerlo (“Come mi conosci?”), Gesù gli rispose così: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”. Stare sotto il fico significa stare sotto la Legge, cioè, essere un buon israelita o “davvero un israelita”, come Gesù definisce Natanaele. Il fico, così come la vigna della quale parla Isaia (Is 5), sono figure che la Bibbia utilizza per designare Israele e la Legge che il Signore gli ha dato perché tutti i popoli si rendano conto di ciò che Egli si aspetta da tutta l’umanità. Purtroppo, ciò che Dio si aspettava non è avvenuto. La sola Legge, anche se la migliore che, per mezzo di Mosè, Dio avesse potuto dare al suo popolo, non era stata sufficiente.
Per questo i profeti Geremia e Ezechiele, avevano annunciato che qualcosa doveva succedere, dal momento che il Signore non voleva abbandonare il suo piano di salvezza. “Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore” (Ger 31,33), aveva promesso per mezzo di Geremia. “Porrò il mio spirito dentro di voi”, aveva ribadito per mezzo di Ezechiele, “e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme” (Ez 36,27). Queste promesse erano state pronunciate, ma sino ad allora nessuno le aveva viste realizzate, e tanto meno pensavano ad esse i discepoli ai quali Gesù stava parlando quella sera dell’ultima cena.
Tornando ora al simbolo del fico, i discepoli non avevano capito perché, ad esempio, qualche giorno prima, Gesù aveva preteso di mangiare il frutto da una di quelle piante benché fuori stagione. Provando fame e vedendo da lontano un fico, gli si era avvicinato per vedere se trovava qualcosa e, non trovando altro che foglie, lo aveva persino maledetto con queste dure parole: “Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti”. Apparentemente un gesto insensato, dato che non era stagione di fichi, ma l’evangelista (Mc 11,12-14) lo racconta ora che, alla luce della passione e risurrezione di Cristo, è stato ormai compreso come segno profetico. Un gesto per indicare che Israele, la sua Legge e il suo Tempio, stavano per finire il loro tempo e, per questo, come un fico fuori stagione, erano incapace di produrre frutti.
Quel giorno, i discepoli non capirono, né avrebbero potuto, proprio perché non si era ancora compiuta questa profezia del cuore nuovo. Non avevano capito quasi nulla prima della venuta dello Spirito e, soprattutto, stavano per perdere ogni speranza davanti alla passione e morte del Maestro. Per questo, prima che tutto questo avvenga, Gesù dice loro: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. “Quando [tuttavia] verrà lui”, aggiunge subito, “lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”.
“Vi guiderà”, dice Gesù dello Spirito, perché sarà lui la Guida del nuovo popolo, così come Mosè lo era stato del vecchio. Di questo Spirito, Gesù dice che “non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito” e che “prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”. Infatti, la funzione dello Spirito è quella di guidare che, in greco, vuol dire “portare per la via” (hodegein), cioè sulla la via (hodos) che è Gesù.
Riguardo alle parole che paiono inviare al futuro (“vi annuncerà le cose future”) non si devono riferire a nuove rivelazioni, ma all’infinita novità delle cose compiute una volta per sempre da Gesù. In Lui il Padre ha detto tutto, ma, con l’aiuto dello Spirito, la comunità ecclesiale e i singoli cristiani ne prendono ogni giorno coscienza in modo nuovo e più profondo. Penetrando sempre più profondamente, cioè, nel mistero dell’Amore con il quale, insieme, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (la Santissima Trinità), abbracciano tutta l’umanità.