In questo
passaggio del Vangelo di Matteo ci sono due parti che, anche se sembra che non
abbiano relazione tra loro, a ben vedere ce l’hanno. La prima
("Ti rendo lode, Padre, Signore…)
si trova anche nel Vangelo di Luca introdotta, però, diversamente: “In
quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: Ti rendo
lode, o Padre…” (10,21). Aggiungendo che il Maestro parlava nella gioia
dello Spirito Santo, Luca vuole sottolineare ancor di più l’importanza delle
parole che escono dalla bocca di Gesù: “Ti rendo lode,
o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai
sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
L’espressione “Signore del cielo e della terra” si trova solo tre volte nel NT, qui, nel testo parallelo di Luca e in Atti 17,24, e rimanda all’azione creatrice di Dio di Gen 1,1 (In principio Dio creò il cielo e la terra). Da parte sua Gesù loda il Padre, perché ha nascosto queste cose [la venuta di suo Figlio tra noi] ai sapienti e ai dotti, e le ha rivelate ai piccoli, pur non riferendosi direttamente a chi gli sta attorno, ma ai possibili tali del futuro. Nessuno, infatti, apostoli compresi, aveva riconosciuto chi era veramente Gesù.
Ciò che Gesù aggiunge dopo (“Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”), sembra complicato, ma - se ci pensiamo bene - sta dicendo la stessa cosa con altre parole. Se accolgono Gesù come l’inviato del Padre, i piccoli di cuore apprendono tutto ciò che è necessario apprendere, perché Dio si è manifestato in Lui. È un modo diverso di dire ciò che scrive il quarto evangelista nel Prologo del suo Vangelo: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). Un mistero che, per capirlo, bisogna essere piccoli, ossia, umili.
Nel dolce invito che segue (Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero) quelli che sono stanchi e oppressi sono gli stessi piccoli di cui sta parlando Gesù. Sono quelli che si sentono così (piccoli, stanchi e oppressi) davanti a tutti i numerosi precetti dei farisei e degli ecclesiastici di sempre, perché incapaci di armonizzarli con la vita reale.
Non è che Gesù sia meno
esigente dei farisei! Lo è ancora di più, non però per la via della Legge ma
dell’Amore. Gesù è mite e umile di cuore, perché vuole accogliere
tutti, sia peccatori che giusti, ammesso che questi ultimi esistano, ed è in
questa stessa via che vuole invitarci a camminare. “L’anima innamorata è
un’anima dolce, mite, umile e paziente”, insegna San Giovanni della Croce
in uno dei suoi “Detti di Luce e d’amore”, il 28, anche se in verità, per noi,
essere miti, non è per niente facile.
Sappiamo,
o buon Gesù,
che
Tu vuoi che impariamo da Te,
l’amore
che può innamorare le nostre anime,
rendendole
dolci, miti, umili e pazienti,
ma,
addolciscile Tu,
perché
non perseveriamo nella nostra naturale durezza.