sabato 13 maggio 2023

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 


Non c'è dubbio che l’affermazione più importante di questo frammento di Vangelo, sia la seconda, in cui Gesù, ai suoi discepoli, preoccupati per la sua misteriosa partenza, dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre”.

Parole non di semplice consolazione, ma pronunciate per assicurarli che non li lascerà soli. Gesù parla di un “altro” Paraclito, senza aver fatto alcuna allusione a chi sia il primo, ma è evidente che il primo è Lui. “Figlioli miei”, scriverà, infatti, Giovanni nella sua prima lettera, “vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto (1Gv 2,1).

Paraclito è una parola greca e può significare, allo steso tempo, avvocato, difensore, testimone e consolatore in quanto, “Chiamato vicino” [para (vicino) – kletos (chiamato)].

Qui, nelle parole di Gesù ai suoi discepoli, il significato più appropriato per lo Spirito di verità promesso, sembra sia quello di testimone della presenza spirituale di Gesù con noi e, allo stesso tempo, quello di consolatore nella sua assenza tangibile, una volta tornato al Padre. Senza escludere il significato di difensore, perché lo Spirito è anche l’avvocato “che – come scriveva alcuni anni fa padre Jesús Castellano – parla per noi, interpreta i nostri silenzi, supplisce alla nostra debolezza, e dà forza per resistere al male”. Quando vi consegneranno”, aveva assicurato, da parte sua, Gesù, parlando proprio dello Spirito, “non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire” (Mt 10,19).

Avvocato e difensore in momenti difficili, la presenza dello Spirito risulta importante per tutti i giorni. “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito”, promette infatti Gesù, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità”. Come potremmo dimostrare il nostro amore osservando i comandamenti del Signore, senza lo Spirito che supplisca alla nostra debolezza, e che ci dia la forza per resistere al male? È evidente che a noi piacerebbe amarlo con tutto il cuore, ma il nostro amore è poca cosa, è fragile e si sbriciola facilmente in tanti altri amori. Se non fosse per la presenza dello Spirito che, nei nostri cuori, ci sprona e sostiene nella ricerca della Verità, cioè, di Cristo stesso, questa fedeltà non sarebbe possibile.

Nel momento in cui Gesù sta parlando, neppure i discepoli capiscono quello che sta dicendo, ma Egli li assicura: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”. Una certezza che – per noi – si rinnova in ogni Eucaristia, dove si attua il Memoriale della morte e della risurrezione del Signore che si rendono presenti ogni volta. Lì sull’altare in modo speciale e sacramentale, ma anche in ogni momento della vita, se ascoltiamo lo Spirito Santo che ci è stato dato per comprendere e approfondire il mistero grande della nostra salvezza, il “Mistero della fede”.

Infatti, anche se non sappiamo pregare come dovremmo – ci insegna san Paolo nel capitolo 8 della sua lettera ai Romani – lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, e intercede per noi con gemiti che non si possono esprimere, tanto sono profondi e audaci. Non abbiamo ricevuto, infatti, uno spirito da schiavi, per ricadere nella paura, ma lo Spirito dei figli che permette di chiamare Dio abba (papà), con la familiarità di ogni figlio con suo padre.