sabato 22 aprile 2023

Meditazione sul vangelo della Domenica

 


Ci troviamo davanti a una delle pagine più belle del Vangelo. Ancor più di quella dell'apostolo Tommaso che ci ha accompagnato domenica scorsa. In questa pagina chi ci rappresenta, nello scoraggiamento che può travolgerci e nella fede di cui abbiamo bisogno per riprendere il cammino e andare avanti, sono i due che sono passati alla storia come “I discepoli di Emmaus”.

 "In quello stesso giorno", scrive Luca, "due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto". Il testo dice "due di loro", cioè dei discepoli, non degli apostoli (gli undici che, per paura, stavano ancora rinchiusi). Sono due senza una missione particolare, anche se uno di loro, quello che non ha nome, potrebbe essere Filippo, uno dei sette diaconi scelti più tardi (At 6,5) e, l'altro che si chiama Cleope, potrebbe essere il marito di quella Maria che, secondo Gv 19,25, stava presso la croce di Gesù con Sua madre e Maria di Magdala.

                 "Si recavano in un villaggio chiamato Emmaus, a circa undici chilometri da Gerusalemme, e discutevano [tristemente] di tutto ciò che era accaduto”. Hanno perso la speranza e, come cercano di spiegare a Gesù che non hanno ancora riconosciuto, ne hanno tutte le ragioni. Non riescono a immaginare che quello che hanno detto alcune donne del loro gruppo abbia un significato. Quelle hanno detto che sono apparsi loro degli angeli dicendo che il Maestro era vivo ma, sebbene la tomba fosse vuota, nessuno aveva visto Lui ...

 Quei due discepoli che tornavano a Emmaus in quel momento, non sono da biasimare, ma ora che - nel Vangelo - ci rappresentano, il fatto che andassero in un villaggio a undici chilometri di distanza da Gerusalemme, potrebbe significare (simbolicamente per ciò che potrebbe capitare anche a noi!) che stavano lasciando la strada tracciata da Gesù per tornare alle loro abitudini. Nel testo leggiamo, infatti, che gli occhi dei due discepoli erano velati, come, a volte, i nostri occhi, quando ci abbandoniamo allo scoraggiamento.

Sebbene "mentre conversavano e discutevano insieme”, Gesù in persona si fosse avvicinato e camminasse con loro, “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo". Non lo riconobbero neppure dopo aver spiegato loro che ciò che era accaduto era stato predetto. "Stolti e lenti di cuore”, dice loro, “a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”.

 Li dice stolti, ma, più che per quei due poveri discepoli, il rimprovero è per noi che da sempre siamo consapevoli della morte e della risurrezione di Gesù, ma ce ne dimentichiamo spesso e, dubitando della sua presenza accanto a noi, andiamo per la nostra strada senza speranza come fossimo non credenti.

  Il rimedio?

Invocarlo di nuovo ed esprimergli il desiderio che stia con noi. I due discepoli sulla strada verso casa erano ancora convinti che Gesù fosse morto definitivamente, ma a quello sconosciuto dissero di non andarsene e di restare con loro. "Resta con noi”, gli dissero premurosi, “perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto". Quel giorno si stava davvero facendo sera, ma per noi il tramonto può avvicinarsi in qualsiasi momento della nostra vita. Quello che i due chiedono al nostro posto, ormai non è più un semplice invito dettato da cuori ospitali, ma la preghiera da ripetere sempre: "Resta con noi, Signore, perché senza la tua presenza si farà presto buio". 

E, ogni volta, Gesù entra.

Sta sempre alla nostra porta, ma rispetta la nostra volontà e aspetta che siamo noi ad aprirgliela. Accetta l'invito ed entra, come nella casa dei due discepoli di Emmaus. Entrò e, "quando fu a tavola con loro", conclude l'evangelista, "prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi si aprirono e lo riconobbero, ma egli sparì dalla loro vista". Due cose sono ugualmente importanti in queste meravigliose parole.

 La prima (si aprirono i loro occhi e lo riconobbero) si riferisce alla forza che scaturisce anche per noi dall'Eucaristia, memoriale della passione, morte e risurrezione di Gesù. La seconda (ma egli scomparve da loro) è quella che si riferisce alla vita ordinaria, dove il Risorto non è più visibile come lo era Gesù per i discepoli che l’avevano seguito in Palestina e la fede non risolve le cose che dipendono da noi. Le illumina, però, e possiamo continuare a camminare con la gioia con cui i due discepoli di Emmaus intrapresero il viaggio di ritorno, anche se era già notte e gli undici chilometri che li separavano da Gerusalemme dovevano essere percorsi di nuovo.

 I due discepoli si alzarono subito e tornarono a Gerusalemme, perché dovevano raccontare cosa era successo loro durante il cammino, quando non avevano riconosciuto il Maestro, e come lo avevano, invece, riconosciuto ("nello spezzare il pane").