lunedì 11 aprile 2022

Piccole storie per l'anima - 46

 PENSIERI DEL PASSERO SOLITARIO
a cura dell'Ordine Secolare Carmelitano Teresiano della Provincia Lombarda

La cosa incredibile incominciò quando Giacomo aveva sei anni.

La sua mamma era morta quando lui aveva solo due anni ed era stato affidato alle cure di una bambinaia un po’ distratta. Suo padre era un avvocato molto serio e importante, sempre preso da mille affari, che si occupava poco o niente del bambino.

         Così Giacomo aveva preso l’abitudine di girovagare nei dintorni della casa. Un giorno di aprile trotterellava per una via sconosciuta. Sulla destra la strada era fiancheggiata da un lungo muro bianchissimo.

       C’erano foglie di edera sul marciapiede: grandi foglie gialle e verdi. Giacomo aveva una palla da tennis in mano e la strisciava contro il muro camminando. Improvvisamente, al centro dei muro, vide che c’era una porta verde, con una maniglia dorata. La porta aveva un’aria invitante.

       Sembrava dicesse: "Aprimi, entra!". Giacomo esitò un istante. Tirò diritto fischiettando ancora un po’ fino alla fine dei muro. Là in fondo la via riprendeva con negozi e case, che avevano l’aspetto normale di tutti i giorni. Travolto da un desiderio intenso, il bambino tornò indietro all’improvviso.

        Spalancò la porta ed entrò. Si trovò di colpo nel giardino più incantevole che avesse mai immaginato. Anche l’aria era cambiata di colpo. Non era più quella triste e pesànte della città. Aleggiava in essa un profumo esaltante, che dava una sensazione di leggerezza, di felicità e di benessere. E nei colori c’era qualcosa di magico che li rendeva incredibilmente vivi, perfetti, luminosi.

       Giacomo sentiva di respirare felicità. Vide due pantere enormi dal manto di velluto. Non provò paura. I due animali giocavano a palla in mezzo a un viale tutto bordato di fiori. Una di esse gli venne vicino e si lasciò accarezzare dalla manina di Giacomo, facendo le fusa come un grosso morbido gattone. Il bambino era affascinato dalle meraviglie che vedeva. Quello era un altro mondo.

       Una ragazza alta e bionda, con un sorriso dolcissimo, comparve sul viale e gli venne incontro. Lo baciò e lo prese tra le braccia con tenerezza infinita. Giacomo non si era mai sentito così bene. La ragazza lo prese per mano e lo portò a visitare il giardino. Gli fece visitare un palazzo stupendo, pieno di belle fontane, di cose splendide, di tutto ciò che si può desiderare e sognare. Giacomo trovò anche dei meravigliosi compagni di giochi, che gli volevano bene.

        Poi, all’improvviso, arrivò una donna vestita di scuro che mostrò a Giacomo un grande libro. Lo prese a sfogliare, indicando al bambino le pagine. Sbalordito, Giacomo vide nel libro la sua storia: tutto ciò che gli era successo da quando era nato. Vide la morte della mamma, il papà, la sua stanza. Finché si trovò sotto gli occhi se stesso esitante davanti alla porta verde nel lungo muro bianco.

        Giacomo fece per voltare pagina, ma la donna glielo impedì. Sentì affievolirsi le voci dei compagni di gioco che gridavano: "Torna da noi! Torna presto da noi!", e si ritrovò nella lunga strada grigia, nell’ora fredda del pomeriggio, prima che si accendessero i lampioni. Nel muro, malinconico e screpolato, non c’era più nessuna porta.

        Il bambino tornò a casa. Raccontò alla zia e al papà quello che gli era successo, ma fu punito... Perché, dicevano, non doveva raccontare bugie. Giacomo mormorava la sua storia solo al cuscino. E ogni sera, dopo le preghiere ufficiali, aggiungeva sempre un’accorata preghiera personale: "Mio Dio, ti prego, fammi sognare quel giardino! Riportami al mio giardino! La prossima volta entrerò!".

       Dieci anni dopo, Giacomo era diventato uno studente modello, diligente e impegnato. Una mattina, mentre si affrettava verso la scuola, si trovò davanti all’improvviso il lungo muro bianco e la porta verde che dava sul giardino incantato. L’aveva tanto cercata... Ma non pensò neppure per un istante ad entrare. Era preoccupato solo di non arrivare a scuola in ritardo. "Tornerò nel pomeriggio", pensò.

       Ma aveva già molti impegni extra scolastici nel pomeriggio e così rimandò la visita al giardino dei sogni. Tornò il giorno dopo, ma non trovò più neanche il muro bianco. Chiese informazioni a qualche passante, ma nessuno aveva mai sentito parlare di un muro bianco e di una porta verde, da quelle parti. Non rivide più la porta verde fino a 22 anni. Proprio il giorno in cui doveva sostenere l’esame più importante dell’Università. Guidava la sua piccola automobile con molto nervosismo, sbirciando spesso l’orologio. Ad un certo punto, dopo aver svoltato un angolo, se la trovò improvvisamente davanti. La porta verde, con la sua dolce sensazione di qualcosa di indimenticabile e ancora raggiungibile.

           Giacomo arrestò l’auto, combattuto tra due opposte volontà: entrare nel giardino o affrettarsi per dare il suo esame. Tentennò un attimo, poi scrollò le spalle e ripartì verso l’Università. Si laureò e cominciò una brillante carriera di avvocato. "Quei cari amici e quella luminosa atmosfera", raccontò in seguito Giacomo, "mi sembravano molto belli, molto dolci, ma lontani. Il mio interesse si stava concentrando sul mondo. Ne vedevo un’altra, di porta aperta... La porta della mia carriera!".

          Giacomo rivide altre tre volte la porta verde e il muro bianco. La prima volta stava correndo all’appuntamento con la ragazza che sarebbe diventata sua moglie. La seconda volta, dopo altri anni ancora, la porta gli si presentò livida sotto la luce dei fari dell’automobile. Giacomo sentì come un dolore acuto al petto. Era come se il mondo avesse improvvisamente perso ogni attrattiva. Desiderava più che mai rivedere il giardino della felicità. Ma proprio quella sera aveva un incontro importantissimo con un noto personaggio politico che gli aveva promesso un posto sicuro nel suo partito. E non si fermò.

           La terza volta (era ormai diventato un famoso deputato), Giacomo vide la porta con la coda dell’occhio. Stava passeggiando con il ministro di un paese estero. "Abbiamo superato la porta continuando a chiacchierare. lo l’ho quasi sfiorata la porta. Era a meno di mezzo metro di distanza!", ricordava Giacomo. "Non potevo certo sparire in quel momento. Mi avrebbero preso per matto. E poi figuratevi i giornali!".

         Passarono altri anni. La nostalgia del giardino incantato si faceva sempre più forte. Giacomo rimpiangeva le volte che non aveva avuto il coraggio di fermarsi ed entrare nella porta verde. "La prossima volta entrerò di sicuro... La prossiva volta, qualunque cosa accada, mi fermerò..." continuava a ripetere. Voleva a tutti i costi risentire l’aria pura, la dolcezza, la tenerezza del giardino e dei suoi abitanti. Girava e rigirava per la città. Ogni volta che intravvedeva un muro bianco, il suo cuore raddoppiava i battiti. Ormai viveva soltanto per ritrovare quella porta verde.

Ma non la ritrovò mai più.

         Giacomo, il protagonista del racconto, aveva scoperto la porta della felicità. Ebbe diverse occasioni di ritrovarla in seguito. Ma non l’aprì più. Soprattutto perché gli si aprivano davanti altre porte: quella della carriera, quella del successo, quella dell’amore.

        Ogni volta, queste porte gli parevano più importanti della "porta verde", che pure lo aveva portato nel giardino della felicità totale. Solo alla fine si accorse che erano in gran parte illusorie, che la vera felicità era quella della porta verde.

Ma era troppo tardi. Aveva bruciato tutte le sue possibilità. Avrebbe dovuto decidersi prima.


 
Qualcosa di simile avviene per la scelta cristiana. Troppo spesso la decisione di essere cristiani finisce sepolta sotto il peso delle preoccupazioni e delle ambizioni quotidiane. Viene rimandata e trascurata, quasi fosse una scelta secondaria, inutile.

Eppure è la decisione più importante: l’unica che può dare senso e completezza alla persona umana. Ma è una decisione che deve essere presa o gli affanni quotidiani la faranno passare in secondo ordine…

 E' l'invito di Gesù ai suoi discepoli.

"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta invece è la porta ed angusta la via che conduce alla vita e quanto pochi sono quelli che la trovano!"

(Vangelo di Matteo 7,13-14).

 

"Tutto, al di fuori di Dio, tutto è vanità"

S.Teresa di Lisieux

 

Da" VOGLIO VEDERE DIO" di P. Maria Eugenio di Gesù Bambino, OCD

 LE AMICIZIE SPIRITUALI terza parte

          L'amore spirituale è uno dei frutti delle vette; è dunque molto raro. L'amore spirituale-sensibile è assai più frequente. E' quello che nutre abitualmente le amicizie tra persone spirituali. Santa Teresa ci rassicura sulla moralità delle amicizie spirituali-sensibili paragonando l'amore che le anima a quello che nutriamo per i nostri genitori. Esse non solo sono lecite, ma possono diventare benefiche.

Il problema del discernimento delle amicizie buone aveva investito anche santa Teresa del Bambin Gesù. Gliene aveva dato la soluzione s. Giovanni della Croce. Dietro un'immagine, che conservava nel suo breviario, ella aveva copiato questo passo della Notte Oscura: “Se l'amicizia è puramente spirituale, crescendo, essa fa crescere anche l'amore per Dio, anzi quanto più l'anima si ricorda di tale amicizia, tanto più si ricorda di quella con Dio e si porta ardentemente verso di Lui. Crescendo nell'una cresce anche nell'altra...”(I Notte, c. IV, 7)

La Santa ha per le sue figlie un'ideale più alto, quello dell'amore spirituale. L'amore spirituale di cui s. Teresa parla nei capitoli sesto e settimo del Cammino di Perfezione, è un amore molto elevato; esso è illuminato da una grande luce su Dio e sulla creatura...la persona ama diversamente da coloro che non sono giunti a questo stato. Questo amore spirituale, rivolgendosi al prossimo “può provare senza dubbio un primo moto di sensibilità naturale...però è un amore che somiglia sempre più a quello portatoci da Cristo, amore infinito.” (Cammino di Perfezione, c. VII, 3-4)

Questo amore spirituale possiede tutte le ricchezze divine e le delicatezze umane