PENSIERI DEL PASSERO SOLITARIO
a cura dell'Ordine Secolare Carmelitano Teresiano della Provincia Lombarda
La cosa incredibile incominciò quando Giacomo aveva sei
anni.
La sua mamma era morta quando lui aveva solo due anni ed era
stato affidato alle cure di una bambinaia un po’ distratta. Suo padre era un
avvocato molto serio e importante, sempre preso da mille affari, che si
occupava poco o niente del bambino.
Così Giacomo
aveva preso l’abitudine di girovagare nei dintorni della casa. Un giorno di
aprile trotterellava per una via sconosciuta. Sulla destra la strada era
fiancheggiata da un lungo muro bianchissimo.
C’erano foglie
di edera sul marciapiede: grandi foglie gialle e verdi. Giacomo aveva una palla
da tennis in mano e la strisciava contro il muro camminando. Improvvisamente,
al centro dei muro, vide che c’era una porta verde, con una maniglia dorata. La
porta aveva un’aria invitante.
Sembrava
dicesse: "Aprimi, entra!". Giacomo esitò un istante. Tirò diritto
fischiettando ancora un po’ fino alla fine dei muro. Là in fondo la via
riprendeva con negozi e case, che avevano l’aspetto normale di tutti i giorni.
Travolto da un desiderio intenso, il bambino tornò indietro all’improvviso.
Spalancò la
porta ed entrò. Si trovò di colpo nel giardino più incantevole che avesse mai
immaginato. Anche l’aria era cambiata di colpo. Non era più quella triste e
pesànte della città. Aleggiava in essa un profumo esaltante, che dava una
sensazione di leggerezza, di felicità e di benessere. E nei colori c’era
qualcosa di magico che li rendeva incredibilmente vivi, perfetti, luminosi.
Giacomo sentiva
di respirare felicità. Vide due pantere enormi dal manto di velluto. Non provò
paura. I due animali giocavano a palla in mezzo a un viale tutto bordato di
fiori. Una di esse gli venne vicino e si lasciò accarezzare dalla manina di
Giacomo, facendo le fusa come un grosso morbido gattone. Il bambino era affascinato
dalle meraviglie che vedeva. Quello era un altro mondo.
Una ragazza alta
e bionda, con un sorriso dolcissimo, comparve sul viale e gli venne incontro.
Lo baciò e lo prese tra le braccia con tenerezza infinita. Giacomo non si era
mai sentito così bene. La ragazza lo prese per mano e lo portò a visitare il
giardino. Gli fece visitare un palazzo stupendo, pieno di belle fontane, di
cose splendide, di tutto ciò che si può desiderare e sognare. Giacomo trovò
anche dei meravigliosi compagni di giochi, che gli volevano bene.
Poi,
all’improvviso, arrivò una donna vestita di scuro che mostrò a Giacomo un
grande libro. Lo prese a sfogliare, indicando al bambino le pagine. Sbalordito,
Giacomo vide nel libro la sua storia: tutto ciò che gli era successo da quando
era nato. Vide la morte della mamma, il papà, la sua stanza. Finché si trovò
sotto gli occhi se stesso esitante davanti alla porta verde nel lungo muro
bianco.
Giacomo fece
per voltare pagina, ma la donna glielo impedì. Sentì affievolirsi le voci dei
compagni di gioco che gridavano: "Torna da noi! Torna presto da
noi!", e si ritrovò nella lunga strada grigia, nell’ora fredda del
pomeriggio, prima che si accendessero i lampioni. Nel muro, malinconico e
screpolato, non c’era più nessuna porta.
Il bambino
tornò a casa. Raccontò alla zia e al papà quello che gli era successo, ma fu
punito... Perché, dicevano, non doveva raccontare bugie. Giacomo mormorava la
sua storia solo al cuscino. E ogni sera, dopo le preghiere ufficiali,
aggiungeva sempre un’accorata preghiera personale: "Mio Dio, ti prego,
fammi sognare quel giardino! Riportami al mio giardino! La prossima volta
entrerò!".
Dieci anni dopo,
Giacomo era diventato uno studente modello, diligente e impegnato. Una mattina,
mentre si affrettava verso la scuola, si trovò davanti all’improvviso il lungo
muro bianco e la porta verde che dava sul giardino incantato. L’aveva tanto
cercata... Ma non pensò neppure per un istante ad entrare. Era preoccupato solo
di non arrivare a scuola in ritardo. "Tornerò nel pomeriggio", pensò.
Ma aveva già
molti impegni extra scolastici nel pomeriggio e così rimandò la visita al
giardino dei sogni. Tornò il giorno dopo, ma non trovò più neanche il muro
bianco. Chiese informazioni a qualche passante, ma nessuno aveva mai sentito
parlare di un muro bianco e di una porta verde, da quelle parti. Non rivide più
la porta verde fino a 22 anni. Proprio il giorno in cui doveva sostenere
l’esame più importante dell’Università. Guidava la sua piccola automobile con
molto nervosismo, sbirciando spesso l’orologio. Ad un certo punto, dopo aver
svoltato un angolo, se la trovò improvvisamente davanti. La porta verde, con la
sua dolce sensazione di qualcosa di indimenticabile e ancora raggiungibile.
Giacomo
arrestò l’auto, combattuto tra due opposte volontà: entrare nel giardino o
affrettarsi per dare il suo esame. Tentennò un attimo, poi scrollò le spalle e
ripartì verso l’Università. Si laureò e cominciò una brillante carriera di
avvocato. "Quei cari amici e quella luminosa atmosfera", raccontò in
seguito Giacomo, "mi sembravano molto belli, molto dolci, ma lontani. Il
mio interesse si stava concentrando sul mondo. Ne vedevo un’altra, di porta
aperta... La porta della mia carriera!".
Giacomo
rivide altre tre volte la porta verde e il muro bianco. La prima volta stava
correndo all’appuntamento con la ragazza che sarebbe diventata sua moglie. La
seconda volta, dopo altri anni ancora, la porta gli si presentò livida sotto la
luce dei fari dell’automobile. Giacomo sentì come un dolore acuto al petto. Era
come se il mondo avesse improvvisamente perso ogni attrattiva. Desiderava più
che mai rivedere il giardino della felicità. Ma proprio quella sera aveva un
incontro importantissimo con un noto personaggio politico che gli aveva
promesso un posto sicuro nel suo partito. E non si fermò.
La terza
volta (era ormai diventato un famoso deputato), Giacomo vide la porta con la
coda dell’occhio. Stava passeggiando con il ministro di un paese estero.
"Abbiamo superato la porta continuando a chiacchierare. lo l’ho quasi
sfiorata la porta. Era a meno di mezzo metro di distanza!", ricordava
Giacomo. "Non potevo certo sparire in quel momento. Mi avrebbero preso per
matto. E poi figuratevi i giornali!".
Passarono
altri anni. La nostalgia del giardino incantato si faceva sempre più forte.
Giacomo rimpiangeva le volte che non aveva avuto il coraggio di fermarsi ed
entrare nella porta verde. "La prossima volta entrerò di sicuro... La
prossiva volta, qualunque cosa accada, mi fermerò..." continuava a
ripetere. Voleva a tutti i costi risentire l’aria pura, la dolcezza, la
tenerezza del giardino e dei suoi abitanti. Girava e rigirava per la città.
Ogni volta che intravvedeva un muro bianco, il suo cuore raddoppiava i battiti.
Ormai viveva soltanto per ritrovare quella porta verde.
Ma non la ritrovò mai più.
Giacomo, il
protagonista del racconto, aveva scoperto la porta della felicità. Ebbe diverse
occasioni di ritrovarla in seguito. Ma non l’aprì più. Soprattutto perché gli
si aprivano davanti altre porte: quella della carriera, quella del successo,
quella dell’amore.
Ogni volta, queste
porte gli parevano più importanti della "porta verde", che pure lo
aveva portato nel giardino della felicità totale. Solo alla fine si accorse che
erano in gran parte illusorie, che la vera felicità era quella della porta
verde.
Ma era troppo tardi. Aveva bruciato tutte le sue possibilità. Avrebbe dovuto decidersi prima.
Qualcosa di simile avviene per la scelta cristiana. Troppo
spesso la decisione di essere cristiani finisce sepolta sotto il peso delle
preoccupazioni e delle ambizioni quotidiane. Viene rimandata e trascurata,
quasi fosse una scelta secondaria, inutile.
Eppure è la decisione più importante: l’unica che può dare
senso e completezza alla persona umana. Ma è una decisione che deve essere
presa o gli affanni quotidiani la faranno passare in secondo ordine…
E' l'invito di Gesù ai suoi discepoli.
"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta
e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi
entrano. Quanto stretta invece è la porta ed angusta la via che conduce alla
vita e quanto pochi sono quelli che la trovano!"
(Vangelo di Matteo 7,13-14).
"Tutto, al di fuori di Dio, tutto è vanità"
S.Teresa di Lisieux
Da" VOGLIO
VEDERE DIO" di P. Maria Eugenio di Gesù Bambino, OCD
LE AMICIZIE
SPIRITUALI terza parte
L'amore spirituale è uno dei frutti
delle vette; è dunque molto raro. L'amore spirituale-sensibile è assai più
frequente. E' quello che nutre abitualmente le amicizie tra persone spirituali.
Santa Teresa ci rassicura sulla moralità delle amicizie spirituali-sensibili
paragonando l'amore che le anima a quello che nutriamo per i nostri genitori.
Esse non solo sono lecite, ma possono diventare benefiche.
Il problema del discernimento delle amicizie buone aveva
investito anche santa Teresa del Bambin Gesù. Gliene aveva dato la soluzione s.
Giovanni della Croce. Dietro un'immagine, che conservava nel suo breviario,
ella aveva copiato questo passo della Notte Oscura: “Se l'amicizia è puramente
spirituale, crescendo, essa fa crescere anche l'amore per Dio, anzi quanto più
l'anima si ricorda di tale amicizia, tanto più si ricorda di quella con Dio e
si porta ardentemente verso di Lui. Crescendo nell'una cresce anche
nell'altra...”(I Notte, c. IV, 7)
La Santa ha per le sue figlie un'ideale più alto, quello
dell'amore spirituale. L'amore spirituale di cui s. Teresa parla nei capitoli
sesto e settimo del Cammino di Perfezione, è un amore molto elevato; esso è
illuminato da una grande luce su Dio e sulla creatura...la persona ama
diversamente da coloro che non sono giunti a questo stato. Questo amore
spirituale, rivolgendosi al prossimo “può provare senza dubbio un primo moto di
sensibilità naturale...però è un amore che somiglia sempre più a quello
portatoci da Cristo, amore infinito.” (Cammino di Perfezione, c. VII, 3-4)
Questo amore spirituale possiede tutte le ricchezze divine e
le delicatezze umane