meditiamo con p. Roberto ocd
Le letture di questa X
domenica del Tempo Ordinario ci richiamano al mistero del nostro peccato, della caduta dei primi uomini, ma
anche al mistero ancora più grande della nostra redenzione. Questo ci rivela
come il cammino dell’uomo è stato, fin dall’inizio, segnato dalla lotta tra il
bene e il male. L’uomo è stato spesso affascinato dalle tentazioni del Maligno,
dalle sue seduzioni e dai suoi inganni. Ma il Signore è stato sempre accanto a
lui e gli ha donato subito un messaggio di speranza.
Al peccato si è contrapposta così l’offerta di Dio di una rinascita spirituale,
di una vita nuova. Perché Dio non abbandona l’uomo, ma lo risolleva, lo rialza,
lo invita a camminare ancora con fiducia.
Già nella prima lettura,
tratta dal libro della Genesi, si parla della speranza che nasce dalla
misericordia di Dio. Il peccato porta nel cuore di Adamo ed Eva amarezza e
vergogna. L’uomo, fatto ad immagine e somiglianza del suo Creatore, sente
subito dentro di sé di aver compiuto qualcosa che l’ha allontanato da Dio. L’uomo
sente per questo rompersi la gioia nel suo cuore. Ma il Signore non lo umilia, non
lo disprezza, non lo allontana da Lui. Lo ama sempre, lo sostiene e gli fa
sentire la sua vicinanza. Per questo fa udire ancora la sua voce: “Dove sei?”. E’ una voce che esprime
attenzione, premura. E’ una voce però che
interroga: “Che hai fatto?”. La
domanda del Signore ci pone sempre di fronte alle nostre responsabilità, ai
nostri doveri, alla nostra coscienza. Questa voce del Signore è una voce che ridona
fiducia perché promette già, in quello che viene chiamato il Protovangelo, una
donna e una stirpe, che schiacceranno la testa al Maligno e ridoneranno la
salvezza all’uomo. Non c’è peccato da cui il Signore non possa risollevarci. “Anche il peggiore dei crimini – diceva
S. Teresa di Gesù Bambino – (di fronte a Dio) non è che una goccia d’acqua in un braciere ardente d’amore”. La
misericordia di Dio è infinitamente più grande di qualsiasi peccato dell’uomo.
San Paolo, nella seconda lettura, ci invita proprio
a non scoraggiarci. “Il Signore – dice
infatti l’Apostolo – risusciterà anche
noi con Gesù”, nonostante le nostre mancanze. E in questo pellegrinaggio
terreno S. Paolo ci sprona a distaccarci dalle cose vuote di questo mondo,
frutto di vanità e invidia, e a rivolgere tutto il nostro cuore alle cose
eterne, che rinnovano il nostro uomo interiore: “Anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore
si rinnova ogni giorno”. Per questo “fissiamo
lo sguardo non sulle cose visibili ma su quelle invisibili”. San Paolo ci
ricorda che il nostro corpo terreno è un’abitazione passeggera, ma Dio ci
donerà un’abitazione eterna. Se viviamo nella speranza e nell’amore di Dio, anche
questo nostro corpo mortale potrà diventare, già da adesso, Cielo su questa
terra.
Il Vangelo di oggi ci ricorda che lo Spirito Santo
vive dentro di noi, e ci invita a coltivare la Sua presenza. Noi siamo suo
tempio, sua dimora, e così non possiamo dividere la casa dello Spirito con
ospiti non graditi al Signore. Gesù ci rassicura che “tutti i peccati saranno perdonati”. Ciò che non potrà essere
perdonato è solo il peccato contro lo Spirito Santo, che vuol dire non solo rifiutare il perdono di
Dio e la sua misericordia, ma anche disperare nella salvezza, non avere fiducia
che il Signore possa veramente salvarci. Questa è la bestemmia contro lo
Spirito Santo. Lo Spirito infatti continua a rendere testimonianza che Gesù è
il Signore, il Figlio di Dio, venuto a cancellare i peccati del mondo con la
sua morte e risurrezione. Il credente non deve, quindi, disperare e vivere
nella paura di non essere salvato. Ciò costituisce un affronto alla bontà di
Dio, che è Padre di infinita misericordia. Non dobbiamo neppure dar credito
alle tentazioni o agli scrupoli che possono tormentarci, e che ci fanno
dubitare di essere salvati. Nulla ti turbi ci ripete la sapienza di tanti
santi. Dio offre a tutti la salvezza e i mezzi per raggiungerla. Chi si dispera
rischia di rompere il rapporto di fiducia verso Dio, fornace ardente d’amore e
di misericordia.
Permettiamo
allora a Gesù di perdonarci e di inondarci del suo amore. Dio è un vero Padre. Se
ci rivolgiamo a Lui, Egli verrà incontro a noi e ci renderà uomini nuovi. Il
messaggio di oggi è allora quello della speranza: di fronte al peccato, non
dobbiamo mai pensare di essere perduti, ma dobbiamo essere sempre testimoni di una
nuova nascita nella grazia. Le letture di oggi ci ricordano che di fronte a Dio
anche il peggior peccatore, anche colui che dovesse avere l’anima in uno stato
di grande miseria spirituale, il Signore gli potrà ridonare la forza di rialzarsi.
Se il peccatore ricorre a Dio con tutto il cuore, troverà sempre un Padre
pronto ad accoglierlo.
Scoraggiarsi
e non avere speranza è purtroppo un atteggiamento oggi molto diffuso. Davanti
ai molti e gravi peccati che si vedono intorno a noi e si sentono in
televisione, sembra che la speranza debba essere svanita. Si trovano infatti tanti
cristiani sconsolati. La violenza che si vede tra i giovani, quella presente a
livello familiare, tra moglie e marito, tra i genitori e i figli, nella
società, e poi le guerre, il continuo commercio delle armi e la corruzione, sembrano
quasi far presagire che il male debba prevalere sul bene. Ma il cristiano è
chiamato ad essere sempre testimone di una speranza che non muore, anche se
naviga in acque tempestose e in mezzo a tante prove. E questa speranza nasce
dal sapere che Dio è un Dio fedele.
Papa
Francesco, nella sua Esortazione Apostolica Gaudete
et exsultate, ci dà questo suggerimento: non restate soli! “E’ tale il bombardamento che ci seduce che,
se siamo soli, troppo soli, facilmente perdiamo il senso della realtà, la
chiarezza interiore” (n. 140). “La
santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due”. (n. 141). “Condividere la Parola, e celebrare insieme
l’Eucaristia, ci rende più fratelli e ci trasforma, via via, in comunità santa
e missionaria” (n. 142). Qualche esegeta ha fatto notare come Eva venne
ingannata dal demonio proprio quando era sola. Dice ancora Papa Francesco: “Dio volle santificare e salvare gli uomini
non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire un
popolo. Non esiste piena identità senza appartenenza a un popolo. Perciò
nessuno si salva da solo” (6). “Contro la tendenza all’individualismo, che
finisce per isolarci nella ricerca del benessere appartato dagli altri, il
nostro cammino di santificazione non può cessare di identificarsi con quel
desiderio di Gesù, che «tutti siano
una cosa sola; come tu, Padre sei in me e io in te» (Gv 17,21)” (n. 146).