Meditiamo il Vangelo della Domenica delle Palme con p. Andrea L'Afflitto ocd
La liturgia di questa domenica dà
inizio alla Settimana Santa della passione, morte e risurrezione del Signore,
che nella tradizione orientale è denominata la Grande Settimana.
Potremmo
definire la giornata odierna, giorno di grandi contrasti: da un’esultanza per
l’ingresso in Gerusalemme del “Figlio di Davide”, si passa all’acclamazione per
mettere a morte Gesù, attenzione e premura delle donne al tradimento e fuga
degli apostoli.
S’inizia con la commemorazione
dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, tra la folla esultante che inneggia a
Colui che viene nel nome del Signore, ma subito dopo dal clima festoso si passa
alla contemplazione del mistero della passione e morte del Signore nel suo
significato salvifico: la pasqua di Cristo inaugura la nuova alleanza, la vita
nuova della Risurrezione che passa sempre attraverso la sofferenza e la morte.
La Pasqua è il paradigma della vita cristiana. Nelle letture ascoltiamo il
terzo canto del Servo sofferente del Signore, in Isaia 50, mentre il Salmo
responsoriale ci fa pregare il grido di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio,
perché mi ha abbandonato?”. La seconda lettura riporta l’Inno cristologico su
Cristo umiliato nella morte e glorificato nella risurrezione, che Paolo
inserisce nella sua lettera ai Filippesi. Da questi testi si è così introdotti
alla lettura della Passione del Signore, che quest’anno è quella secondo Marco.
Al centro della narrazione di
ogni sezione c’è Gesù che continua risoluto nella missione che il Padre gli ha
affidato, mentre l’evangelista ci tiene a sottolineare l’identità divino-umana
di Gesù. E’ il Figlio, fatto uomo che si consegna alla morte e la sua divinità
si manifesta nella debolezza estrema della croce. Qui la teologia di Marco è
molto simile all’insegnamento di Paolo, per cui la croce è la manifestazione
della potenza e della sapienza di Dio (1Cor 1, 21-25).
Nel racconto possiamo trovare
anche un ritratto della Chiesa, infatti, l’evangelista dedica particolare
attenzione ai discepoli: sottolinea le loro qualità positive ma anche la loro
incapacità a comprendere il mistero ed anche i loro peccati. Di fronte alla
croce i discepoli fuggono, uno lo tradisce, un altro lo rinnega. Essere
discepoli autentici è un percorso che inizia con la chiamata divina, ma che ha
bisogno di un cammino di conversione e di purificazione nei tempi lunghi.
Ci sono poi dei personaggi
esterni alla cerchia dei discepoli che compiono gesti coraggiosi e positivi: la
donna di Betania che comprende il senso della morte di Gesù e lo avvolge di
profumo; Simone di Cirene, che, anche se non di sua iniziativa, si sottopone
alla croce di Gesù; Giuseppe d’Arimatea che mette a disposizione il suo
sepolcro per la sepoltura; infine, quasi come il personaggio chiave, il
centurione romano, un pagano, che al momento della morte di Gesù, esprime
l’atto di fede più maturo e più solenne.
Questo contrasto tra gli intimi
di Gesù e gli estranei serve a Marco per ricordare alla Chiesa, cioè a noi, di
rimanere vigilanti, di non chiudersi nei privilegi o nel sentirsi migliore
degli altri, ma di avere coscienza dei propri limiti ed essere accoglienti e
aperti verso tutti, perché i pubblicani e i peccatori ci precederanno nel Regno
di Dio.
Nel Vangelo di Marco c’è anche
una sottolineatura a riguardo del tempio di Gerusalemme. Al tempo di Gesù, la
città s’identificava con il tempio, salire a Gerusalemme significava salire al
Tempio per il culto, per le feste annuali. E, nei capitoli precedenti il
racconto della passione, Marco sottolinea il ruolo del tempio durante la
permanenza di Gesù a Gerusalemme. Dopo l’ingresso solenne nella città santa,
Gesù è quasi sempre nel tempio. La prima volta si guarda tutto intorno con uno
sguardo circolare, il giorno dopo caccia i venditori, poi maledice il fico e
infine dà un insegnamento sulla preghiera. Un intreccio di temi che esprimono
la tristezza di Gesù per la sterilità del tempio: il fico, come immagine del
tempio, produce solo foglie, solo mercato ma non autentica preghiera. Inoltre
in tutto il racconto della passione il silenzio di Gesù è impressionante!
Tutto il racconto della Passione
potremmo leggerlo come un processo di spogliazione:
- · spogliazione dalla solidarietà con gli uomini (Mc 15,25-32)
- · spogliazione dalla solidarietà ci la creazione (Mc 15,33)
- · spogliazione dalla solidarietà con il Padre (Mc 15,34-37)
Ci si ritrova dinanzi ad un Gesù
nudo, abbandonato a se stesso, in una profonda solitudine e silenzio.
Ma
proprio quella spogliazione, quell’abbandono, contrariamente alle aspettative
umane, manifesterà la vera identità di Gesù e soltanto coloro che continueranno
a fissare il volto del Crocifisso potranno vedere e credere.
Accogliamo l’invito della S.
Madre Teresa per vivere con attenzione interiore questi giorni santi:
“Non vi chiedo di fissare il vostro pensiero su di Lui, né di fare molti ragionamenti o alte e sapienti considerazioni. Ciò che vi domando, è portare lo sguardo della vostra anima su di Lui. Chi può impedirvi di elevarvi, anche solo per un istante verso il Signore?”(Cammino di Perfezione 28).
Anche noi dinanzi al mistero di
Cristo siamo chiamati a prendere posizione, l’evangelista Marco attraverso la
sua narrazione ci porta proprio a questo: manifestare la nostra fede
riconoscendo nel Cristo crocifisso il Figlio di Dio.