Sebbene il contenuto del racconto dell’Annunciazione sia anzitutto cristologico [l’annuncio della nascita del Figlio di Dio], il ruolo di Maria è insostituibile, poiché, se tale annuncio si è tradotto effettivamente nell’incarnazione, è perché trovò eco nella disponibilità di quella giovane di Nazaret, promessa a un uomo di nome Giuseppe (v. 27).
Detto questo, se è giusto sottolineare la docilità di Maria,
preparata in anticipo per quell’incontro con Dio, non bisogna dimenticare che
la notizia portatale dall’angelo Gabriele fu sorprendente
anche per lei, sebbene la sua nascita senza peccato [la sua immacolata
concezione] abbia potuto favorire, alla fine, la sua totale disponibilità. L’angelo
Gabriele viene a visitare questa giovane in un villaggio sperduto dal quale
nessuno si aspetta qualcosa di buono (Gv 1,46), poiché è proprio lì che il
Figlio di Dio ha deciso di essere concepito come Figlio di donna.
Ogni anno l’otto dicembre, celebriamo Maria come Immacolata,
ma non è questo gran privilegio, concesso a lei in quanto destinata ad essere
Madre del Figlio di Dio, ciò che siamo invitati a guardare. Attraverso questo
racconto del Vangelo di Luca, è solo la sua docilità nel porsi a servizio, del
Signore e di tutta l’umanità, ciò che siamo chiamati a guardare e imitare. La ammiriamo
per apprendere anche noi a disporci per mezzo della fede e della preghiera.
Donna di preghiera docile come nessuno, neppure Maria
rinuncia a domandarsi come possa accadere in lei ciò che l’angelo le va
chiedendo in nome di Dio. È tuttavia il Fiat (la disponibilità) alla
volontà di Dio (v. 38) ciò che la qualifica, alla fine di tutto l’incontro con
il messaggero celeste. Ciò che avviene nella sua casa di Nazaret quel giorno,
anche se meno drammatico, non è diverso dalla lotta di Giacobbe con Dio al
bordo del torrente Yabboq (Gen 32) e a quella di tutti gli uomini
“sedotti” da Dio, come Abramo, e coinvolti nella sua opera.
Anche Maria lotta, non perché non sappia che “nulla è
impossibile a Dio” (v. 37), come le assicura l’angelo Gabriele, ma perché
le risulta difficile vederlo realizzato in concreto nella sua povera e umile
condizione. Lo dirà a Elisabetta quando si sentirà lodare per la sua fede. “Io
dico che grande è il Signore”, le dirà, “perché ha guardato alla mia pochezza (tapeinôsin)”.
Rassicurata dall’Angelo, la sua risposta è quella che
conosciamo e che ci illumina da sempre: “Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola”.
Dinanzi al sorprendente annuncio dell’Angelo, Maria si turba molto
profondamente (dietarachthê),
annota l’evangelista (v. 29). Il saluto le è suonato
strano e sproporzionato e lei ha avuto bisogno di una spiegazione. Proprio
quella che le dà l’Angelo e che vale anche per noi. Un invito a non guardare alla
propria pochezza, ma ad appoggiarsi a Dio che vuole avvicinarsi a Lei come a
ciascuno di noi.
Il saluto dell’angelo («Rallegrati,
piena di grazia: il Signore è con te”)
non è, infatti, una lode per Maria, ma l’annuncio di ciò che Dio vuole fare in
lei ricolmata di grazia, proprio per questo. “Lo Spirito Santo scenderà su
di te”, aggiungerà, infatti, “e la potenza dell'Altissimo ti
coprirà con la sua ombra” (v. 35a).
È lo Spirito vivificante di Dio, la potenza efficace dell’Altissimo, che genererà il Messia nel seno di Maria. “Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (v. 35b). Dipende da Dio, ma allo stesso tempo, dalla disponibilità di Maria, che, dicendo “Fiat”, ci insegna come lasciarsi guardare e amare dallo stesso Dio che ha voluto donarci suo Figlio come fratello.
“E l'angelo si allontanò da
lei” (v. 38), conclude l’evangelista.