sabato 26 novembre 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 Queste parole del misterioso e difficile “discorso escatologico”, Gesù non le pronuncia per spaventarci, ma perché noi, suoi discepoli, prendiamo sul serio la salvezza che Egli è venuto a portare sulla terra.

 Ci parla così per esortarci a considerare il bene che può venire a noi stessi rendendoci consapevoli dell’importanza della sua venuta in questo nostro mondo. Con la sua incarnazione, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione, Egli ci ha salvati, ma se non lasciamo entrare questa salvezza nelle nostre vite, continueremo a celebrare il Natale costruendo e visitando presepi, senza che questo ci ravvivi il cuore. Al contrario, il Figlio di Dio che ci piace contemplare bambino, aspetta che capiamo l’amore che lo ha mosso a nascere nelle condizioni dei più miserabili come i pastori di Betlemme.

 Non basta dire che a Natale bisogna comportarsi meglio, così come non è sufficiente andare alla messa di mezzanotte. Per questo, Gesù parla così duramente: “Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata”.

Non si può negare che parole come queste inquietino, ma Gesù le usa solo per risvegliarci alla realtà della nostra responsabilità come suoi discepoli. La sua misericordia rimane assicurata, dalla croce, ha perdonato tutti e la speranza che sia sempre disposto ad accoglierci in qualsiasi momento, sino all’ultima ora come il “buon” ladrone, è fondata su questo. Da parte nostra suoi discepoli, tuttavia, Egli attende molto più di questa sola speranza. Da noi, inviati a tenere accesa la sua luce nel mondo, si aspetta che stiamo svegli, con una speranza che sia veramente anche un’attesa. “Tenetevi pronti”, ci dice, “perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo”.

Bisogna domandarsi, allora, cosa significhi essere pronti perché, la venuta del Figlio dell’Uomo, non ci sorprenda, così come è importante capire di quale Sua venuta stia parlando Gesù.

 Il Maestro sta sicuramente parlando del suo ritorno glorioso alla fine della Storia, ma, se i primi credenti, sbagliandosi, poterono pensare che questa sarebbe accaduta a breve, noi abbiamo imparato che non sarà domani e che è meglio non continuare a spostare l’ora della fine del mondo, come i Testimoni di Jehovah. Infatti, Gesù stesso, quando lo interrogarono su quell’ora, disse che non era possibile saperla, e che neppure Lui la conosceva. Solo il Padre potrebbe dire quando, aggiunse, ma – neppure per mezzo del suo Figlio – lo ha voluto rivelare. “Quanto a quel giorno e a quell'ora”, disse, “nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre” (Mt 24,36).

 Tenersi pronti, allora, vuol dire rendersi conto sempre di più di ciò che è accaduto una volta per sempre nella prima venuta del figlio di Dio, nella pienezza dei tempi. Attesa dai profeti, è già avvenuta da duemila anni e noi, i credenti, abbiamo la gioia di saperlo e la missione di tenere vivo e attuale, con il nostro modo di essere e di vivere, il significato antropologico ed escatologico di questo grande mistero di salvezza. In tutto il mondo si celebra il Natale, ma per molti, compresa la maggior parte dei cristiani, si identifica, almeno in pratica, con i regali di Babbo Natale e le luci dei negozi e delle strade.

Come ai tempi di Noè?

Nei giorni che precedettero il diluvio”, ci dice Gesù nel Vangelo di oggi, “mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo”. La maggior parte non si rendeva conto del pericolo delle acque che stavano crescendo, come anche molti di noi che continuiamo a celebrare il Natale senza considerare la grande opportunità della vera pace che potrebbe portare nella nostra vita, nella vita delle nostre famiglie e nel mondo dove continuano, invece, la povertà e le guerre!

Stare svegli attendendo la venuta del Signore, vuol dire tenere le nostre porte aperte perché possa entrare a cenare con noi e con i fratelli che avremo fatto entrare con Lui. Infatti, così come il Signore è nato un giorno dalla Vergine Maria a Betlemme, così vuole nascere nei nostri cuori. Noi dobbiamo solo invitarlo come nostro Fratello maggiore e salvatore.