Era guidato dallo Spirito nel deserto, tentato dal diavolo
1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane". 4Gesù gli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo". 5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: "Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo". 8Gesù gli rispose: "Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto". 9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; 10sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; 11e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra". 12Gesù gli rispose: "È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo". 13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. (Lc 4, 1-13)
Le vere tentazioni che Gesù dovette affrontare furono quelle della vita, dei primi trenta anni nascosti dei quali molto poco è stato tramandato, e quelle del suo ministero pubblico del quale, al contrario, parlano molto gli evangelisti. Anche per Lui, dovette trattarsi della tentazione della tristezza e dello scoraggiamento, di fronte, non solo al rifiuto da parte di quelli che avrebbero dovuto accoglierlo prima degli altri, poiché a conoscenza delle profezie (gli scribi, i farisei e i sacerdoti), ma anche all’incomprensione dei suoi stessi discepoli che non intendevano mai le sue parole e i suoi gesti d’amore. Per non parlare della grande tentazione dei Getsemani (Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice), e della Croce (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?).
Queste tre tentazioni di cui parlano gli evangelisti sinottici (trasformare le pietre in pane, adorare Satana per appropriarsi di ciò che lui promette, gettarsi dal punto più alto del tempio), eccetto, forse, per la fame che Gesù dovette avere dopo un così lungo digiuno, risultano, dunque, istigazioni di poco conto, soprattutto pensando a che tempra di uomo è Gesù. Non sono da prendere letteralmente e guardare, invece, al loro significato generale. Prima di tutto, sono lì, per dimostrare come Gesù, a differenza di Israele nel deserto, non cede a nessun idolo, ma solo a Dio. Non alla spettacolarità dei miracoli, come trarre il pane dalle pietre (Gesù, di fatto, non farà mai un solo miracolo a proprio vantaggio), non all’ambizione (vendersi per acquistare potere), non alla vanagloria (lanciarsi ostentatamente dal punto più alto del tempio).
Ciò a cui bisogna fare attenzione sono, semmai, questi tre elementi: i quaranta giorni che, insieme al deserto, ricordano la lunga peregrinazione del popolo di Israele prima di entrare nella Terra Promessa e, terzo, lo Spirito, che Gesù ha appena ricevuto nel Giordano. È questo (lo Spirito), infatti, che, tenendolo stretto al Padre, gli dà la lucidità necessaria per percepire subito l’inganno delle tentazioni, il nulla del piacere, del potere e della vanità che possono danneggiare nel corso della vita.
Sostenuto dallo Spirito, fino ai momenti tragici del Getsemani e della Croce, quando lo stesso Figlio di Dio prova il massimo smarrimento, Gesù prosegue avanti fino al punto di perdonare a tutti. È su questo Spirito, che sarà diffuso anche sui credenti, che dobbiamo soffermarci. È lo Spirito, a condurre (Mt 4,1 e Lc 4,1), persino a spingere (Mc 1,12) Gesù nel deserto, cioè, nella vita reale, dove bisogna sempre essere pronti a scegliere tra il bene e il male.
Un’indicazione in più per non prendere troppo letteralmente le tre tentazioni di cui parlano Matteo e Luca, ci giunge da Marco, il quale si limita a dire che lo Spirito spinse Gesù nel deserto dove rimase quaranta giorni tentato dal Diavolo, servito dagli angeli e circondato dalle fiere (Mc 1,12-13). Gesù, infatti, benché Figlio di Dio e nostro Salvatore, è anche nostro fratello maggiore, il nuovo Adamo che, senza ricondurci nell’utopistico giardino (l’Eden), ci accompagna in un mondo dove, con la forza dello stesso Spirito che conduceva Lui, è possibile affrontare persino le bestie feroci.
Più che le tentazioni di Satana (trasformare le pietre in pane, adorare Satana e gettarsi dalla torre del tempio), rimangono infallibili le tre risposte di Gesù, tutte tratte dal libro del Deuteronomio: “l’uomo non vive soltanto di pane, ma l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3); “Non tenterete il Signore, vostro Dio” (Dt 6,16); “Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome” (Dt 6,13).
Un’altra preziosa indicazione a sostegno di questa interpretazione più adatta al racconto sinottico delle tentazioni, viene dal fatto che Luca, sposta al terzo posto la tentazione (quella di gettarsi dall’alto del tempio) che in Matteo si trova al secondo. Lo ha fatto, infatti, perché, essendo Gerusalemme il luogo del Tempio, la resistenza di Gesù al tentatore (il rifiuto di tentare Dio), anticipa, in qualche modo, la sua accettazione della Passione.
Luca, infatti, termina così il racconto delle tentazioni: “Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato” (Lc 4,13). Un’annotazione che vuole preparare il lettore alle tentazioni massime della Passione, quando Gesù, ai sommi sacerdoti e agli ufficiali del tempio che lo hanno già preso, dirà: “questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre” (Lc 22,53). È l’ora in cui il Diavolo, non si limita a tentare, ma va all’attacco, anche se inutilmente.
Da parte sua, infatti, Gesù respingendo la via dell’ostentazione e il ricorso alla politica, vince a modo suo. Il suo cammino divino per soccorrere i suoi fratelli è diverso da quello del mondo: è il cammino dell’amore, dove perdere, significa vincere.